giovedì 26 settembre 2019

CONTRO IL MISTICISMO ECOLOGICO


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Una nuova ideologia

Insieme al mondialismo ed alla filosofia gender il misticismo ecologico è la grande ideologia del nostro tempo.
Onnipresente su tutti i media, al centro della pubblicità, il misticismo ecologico è l'oggetto privilegiato di una campagna martellante, continua, che copre un po' tutti gli aspetti della nostra vita.
E' bene chiarire subito una cosa: il misticismo ecologico ha poco o nulla a che vedere con la preoccupazione per l'ambiente, l'amore per la natura. E' piuttosto il risultato di una ideologizzazione della natura. Nessuno è tanto lontano dalla natura vera quanto il mistico dell'ecologia. La natura del mistico è una natura umanizzata, premurosa, armonica. Tutto ciò che è “naturale” è bello e dolce, unica eccezione in questo quadretto edificante: l'uomo. Spinto dalla sua perversa volontà di potenza l'uomo distrugge la natura e così facendo distrugge se stesso.
Non occorre un grande acume logico per scoprire le incongruenze di simili concezioni. L'uomo è il prodotto di una selezione naturale durata milioni di anni, è esso stesso un ente naturale. Non ha molto senso ridurre l'uomo a mera naturalità e poi lamentarsi perché l'uomo distruggerebbe la natura. Se la integrale naturalizzazione dell'uomo ha un senso l'uomo che distrugge la natura altro non è in fondo che la natura che distrugge se stessa.

Il misticismo ecologico è, insieme, una ideologia della catastrofe e della assoluta rigenerazione dell'umanità. Da un lato, se l'umana superbia non viene sconfitta, c'è la catastrofe. La terra diventerà una landa desolata, o una distesa di acque putride e prive di vita. Dall'altro, se vinceranno gli angeli dell'ecologia si aprirà un'era di profonda felicità. Tutti saremo rigenerati, vivremo in armonia con l'ambiente e tutte le specie viventi. Il nostro stile di vita sarà radicalmente rinnovato, non saremo più tormentati da desideri insani, non cercheremo di avere cose inutili e dannose. Saremo radicalmente “altri” rispetto a ciò che ora siamo. Come si vede il misticismo ecologico non si differenzia affatto da altre ideologie. Suo fine non è tanto la soddisfazione di bisogni, desideri, aspirazioni dell'uomo empirico, di colui che vive qui ed ora nel mondo, quanto la sua integrale rigenerazione. L'uomo nuovo, l'uomo ecologico è il suo fine, come ieri era fine dei comunisti l'uomo comunista in cui si realizza la piena integrazione di io e tu, individuo e genere. O come era fine dei nazisti il dominatore ariano, la bestia bionda che si lascia alle spalle mollezze e sentimentalismi per adempire al suo destino storico di predominio razziale. Obiettivi diversi, a volte addirittura opposti, ma tutti caratterizzati dalla alterità radicale, assoluta, nei confronti del mondo dato, della natura e dell'uomo reali.
Non a caso, si tratta di obiettivi ideologici e nulla quanto l'ideologia detesta il reale.

Non è mia intenzione fare un discorso compiuto che copra tutti i molteplici aspetti del misticismo ecologico. Mi limito ad analizzare alcune idee guida di questa ideologia, le principali mistificazioni che la sostengono.

La mistificazione antropomorfica. Il pianeta è una buona persona
 

“La terra è malata”, esclama la piccola Greta, leader mondiale del misticismo ecologico. “Dobbiamo salvare il pianeta” le fa eco papa Bergoglio, altro sostenitore senza riserve della stessa ideologia. E tutti i media non fanno che ripetere costantemente simili espressioni.
Il pianeta è “malato”, “sporco”, “inquinato”, “soffre”, “subisce offese ed abusi”, “potrebbe vendicarsi”. E' un coro che unisce tutti o quasi. Il pianeta è una super persona, un essere vivente, e, ovviamente, si tratta di un essere vivente
buono. Una madre affettuosa che si prende cura di tutti i suoi figli. 


Si tratta di scemenze.
Parole come sano o malato, sporco o pulito, limpido o inquinato hanno senso solo in una prospettiva umana. Su Marte pare sia esistita un tempo una qualche forma di vita. Ora Marte, per quel che se ne sa, è un deserto privo di vita. Questo ci autorizza a dire che un tempo Marte era “sano” ed ora si è “ammalato”? Per l'uomo l'acqua limpida è bella, ma lo è altrettanto per il “pianeta”? Petrolio e carbone sono “naturali” quanto il ghiaccio. E' l'uomo a definire “sporca” o “inquinata” una distesa di neve su cui sia stato versato del petrolio. Per il pianeta si tratta in ogni caso solo di petrolio e neve. Un pianeta senza atmosfera, o con una atmosfera velenosa (velenosa per
noi umani) è “naturale” come uno in cui l'aria sia salubre (sempre per noi umani) e tersa.
La terra non è una super persona. Per “lei” non esistono il bello ed il brutto, lo sporco ed il pulito, il limpido e l'inquinato. Si tratta solo di valori e concetti
umani, come è qualcosa di profondamente umano la preoccupazione non tanto di “salvare il pianeta” quanto di conservare sullo stesso condizioni di vita buone, o almeno accettabili. Mari e monti puliti, fiumi ricchi di acque, foreste e boschi rigogliosi.

Quanto alla presunta “bontà” di quella super persona che sarebbe la terra, e più in generale della natura tutta... c'è solo da sorridere.
La malattia è naturale come la salute, e nulla è tanto naturale come la
morte. Se diamo un'occhiata all'universo siamo costretti a concludere che è la vita ad essere una piccola eccezione, che la vita senziente è molto meno diffusa di quella non senziente e che la vita intelligente costituisce una eccezione nella natura, importantissima per noi, ma praticamente priva di importanza nella totalità dell'essere.
In pagine bellissime del “
mondo come volontà e rappresentazione” Shopenhauer descrive la natura come un enorme campo di battaglia in cui la vita si afferma costantemente tramite la morte. Esagera probabilmente. La sua concezione generale dell'essere lo porta ad accentuare gli aspetti tragici dell'esistenza, di ogni esistenza, ma la sua posizione è di certo molto più realistica della indigeribile melassa pseudo ecologica di moda ai nostri giorni. Però... pretendere che i mistici dell'ecologismo radicale conoscano Shopenhauer è davvero una esagerazione.
La terra non è una super persona, meno che mai una super persona giusta e buona. E noi non siamo i medici del pianeta. Non possiamo esserlo perché il pianeta non è mai, per definizione, sano o ammalato. I medici riguardano gli umani, al massimo quegli animali di cui gli umani si prendono cura, non i pianeti.

Qualcuno potrebbe dire che le espressioni di cui stiamo parlando sono solo metaforiche. Certo, sono metaforiche, ma solo in certi casi, ed hanno comunque un forte impatto su modi di pensare assai diffusi.
L'antico mito di Gaia, il pianeta vivente, è oggi tornato di moda e, malgrado sia in totale contrasto con la fede cristiana, c'è chi guarda ad esso con benevolenza anche negli ambienti cattolici.
Negli Stati uniti esiste un movimento per l'estinzione volontaria della specie umana. Sempre negli stati uniti è stato fondato nel 1992 il “movimento per la liberazione della terra”. I suoi militanti, gli “ecoguerrieri”, hanno stilato nientemeno che una “
dichiarazione dei diritti del pianeta” in cui i “diritti” di animali, piante, monti e fiumi vengono equiparati a quelli dell'uomo.
Ma, a parte quelli che possono essere definiti estremismi minoritari, anche se diffusi, è l'equiparazione dell'uomo a “cancro del pianeta” che sta quasi diventando un luogo comune . Città e strade, navi, treni ed aerei, allevamento ed agricoltura sono messi costantemente sotto processo, perché “attentano alla salute del pianeta”. Forse molte sciocchezze che i media diffondono in continuazione sono solo metafore. Ma si tratta di metafore molto, molto dannose.
 


La mistificazione dello stato finale ed ottimale.
 

La terra non è sempre stata come è adesso. Dove oggi si innalzano le vette dolomitiche un tempo c'era il mare. Più di una volta i ghiacci polari si sono estesi fin quasi all'equatore per poi ritirarsi. I continenti erano un tempo uniti fra loro. Monti e fiumi, mari e pianure si sono formati nel corso di un lunghissimo processo caratterizzato da eventi catastrofici. Ed innumerevoli specie viventi si sono estinte nel corso di questo processo.
Su queste cose sono d'accordo anche i fanatici del misticismo ecologico, loro però ritengono che, chissà perché, il processo di modifiche naturali del pianeta si sia ormai concluso. La terra ha attraversato un lungo periodo di modifiche, a volte catastrofiche, ma questo è ormai definitivamente alle nostre spalle.
Lo stato attuale del pianeta è quello finale, definitivo. Da ora in poi qualsiasi evento catastrofico, o brutto, o anche solo fastidioso che avverrà sul pianeta terra avrà un solo responsabile: l'uomo.
Cicloni ed uragani, alluvioni e siccità, terremoti, maremoti ed eruzioni vulcaniche un tempo erano fenomeni naturali, ora sono diventati risultati della insana “volontà di potenza” che caratterizza la specie umana. Anche quando il carattere naturale di certi fenomeni, come terremoti, maremoti ed eruzioni vulcaniche, è difficilmente contestabile ad essere sotto accusa è sempre l'uomo. Quando lo tzunami del 2004 ha fatto centinaia di migliaia di vittime ci sono stati giornali che hanno minimizzato il carattere naturale di una simile catastrofe. Non si sono limitati a criticare ritardi ed inefficienze dei preavvisi e dei soccorsi, no, hanno messo in discussione l'eccesso di popolazione in zone potenzialmente pericolose. Questo sarebbe stato la causa di tante vittime. Insomma, se l'Etna eruttasse e facesse migliaia di vittime a Catania la colpa sarebbe dei... catanesi. In effetti se nessuno nascesse nessuno potrebbe morire...
Per i mistici dell'ecologia la storia del pianeta, e forse dell'intero universo, si snoda quindi in linea retta. Parte da una condizione iniziale di disordine ed approda, dopo alcuni milioni di anni, ad una situazione di ordine ed equilibrio. Si tratta di concezioni che con la scienza non hanno nulla a che vedere, ovviamente. Quali che siano le ipotesi scientifiche sul futuro dell'universo nessuno scienziato degno di questo nome osa affermare che lo stato attuale del pianeta, non parliamo poi dell'intero cosmo, sia quello di un definitivo equilibrio. Un brutto giorno il sole collasserà ed allora per la terra e tutti i pianeti del sistema solare saranno guai leggermente più seri di quelli causati dall'effetto serra... altro che “equilibrio finale”!

Ma non solo di questo si tratta. Il pianeta non si muoverebbe solo verso uno stato di equilibrio finale: questo sarebbe anche
ottimale per l'uomo. Lo ripete di continuo papa Bergoglio: il buon Dio ci ha dato una casa accogliente in cui vivere, di questa casa noi siamo ospiti, non padroni. Se rinunceremo alle nostre insensate pretese vivremo felici in un mondo dolce ed accogliente.
In quest'ottica i tentativi dell'uomo per modificare il mondo, adattarlo alle sue esigenze, altro non sono che manifestazioni di perversa volontà di potenza. A ben vedere tutta la storia umana altro non sarebbe che una insana sfida agli equilibri del creato, sfida che avrebbe raggiunto livelli parossistici a partire dalla rivoluzione industriale.
Siamo come si vede in piena ideologia. Per avere case e vestiti, mezzi di trasporto e calore, carne e pesce, frutta e verdura, medicinali ed ospedali, libri, cinema e concerti occorre modificare in qualche modo il mondo, ristrutturare radicalmente la nostra “casa accogliente”. Provino, ma provino
sul serio, gli ecologisti mistici a vivere senza questi frutti della “umana superbia” e poi vedremo cosa hanno da dire.
Particolarmente ideologica appare poi la critica alla rivoluzione industriale ed alle sue conseguenze. Il lasso di tempo in cui si è alzata la vita media degli esseri umani, si sono sconfitte malattie che facevano vittime a milioni, si è ridotta considerevolmente l'area della miseria e della fame è visto come il più tragico nella storia dell'umanità. Eppure si tratta del periodo caratterizzato, oltre che dallo sviluppo economico, dalla affermazione delle idee liberali, democratiche, socialiste. Certo, non tutto in quel periodo è oro che luccica, al contrario. Basti pensare, oltre al sorgere dei problemi ambientali o allo sfruttamento minorile, ai grandi totalitarismi del '900.Tuttavia bollarlo come il trionfo di una insana e distruttiva superbia non è solo un errore, è francamente una grossa, colossale scemenza ideologica. 


La mistificazione catastrofista 

Gli ecologisti mistici non vanno tanto per il sottile. La rivoluzionaria polacca Rosa Luxembrug lanciò a suo tempo lo slogan “socialismo o barbarie”, i teorici dell'ecologia formato Greta contrappongono il paradiso ecologico alla fine del mondo. Non ci sono mezze misure, soluzioni intermedie, compromessi possibili. O l'uomo torna a vivere in amorosa armonia col “creato”, rinunciando alle diaboliche lusinghe del consumismo capitalista, o il mondo finirà. Ed anche molto presto. La piccola Greta non concede sconti: ci mancano, al massimo, una decina d'anni, forse meno. Poi sarà catastrofe.
Di fronte a simili previsioni occorre essere seri. Non serve a molto negare a priori tutto ciò che può non piacerci. Proprio chi non considera la natura una “madre benigna” ha meno ragioni di altri per cercare di non vedere la realtà. Il mondo finirà, fra un po' di milioni di anni; non potrebbe darsi che, senza aspettare tanto tempo, l'ambiente che ci circonda si riveli incompatibile con ogni tipo di sviluppo economico? L'alternativa sarebbe in questo caso non quella fra catastrofe e dolce integrazione di uomo e ambiente, ma l'altra, molto meno rassicurante, fra catastrofe climatica e catastrofe economica. Certo, i mistici continuerebbero ad avere torto, ma la cosa non consolerebbe nessuno, credo.
Ma stanno davvero così le cose? Ciò che risulta insopportabile, nella analisi dei mistici dell'ecologismo è la maniera superficiale, mistificante, in ultima analisi piattamente propagandistica con cui affrontano simili temi.

Il clima sulla terra è sempre mutato, seguendo grosso modo un andamento ciclico. A cicli di riscaldamento millenari sono seguito cicli di raffreddamento di durata simile. All'interno di questi cicli di enorme durata ci sono cicli di durata più breve, secolare o addirittura decennale. L'ultima grande glaciazione terminò 10.000 anni fa. Da allora il pianeta è entrato in una fase di graduale riscaldamento, inframezzata però da nuovi periodi di “piccola glaciazione”. L'ultima piccola glaciazione è terminata nel quindicesimo secolo, da allora si è avuto un aumento delle temperature inframezzato però da più brevi fasi di raffreddamento e successivo riscaldamento.
Insomma, cicli di riscaldamento - raffreddamento millenari, secolari e decennali si alternano da sempre. Questo dovrebbe far pensare tutti coloro che parlano ad ogni piè sospinto di “enorme accelerazione” del processo di riscaldamento. Quando si parla di “accelerazione” cosa si confronta? Un ciclo decennale con uno secolare o addirittura millenario? Non è affatto una domanda di poco conto.
Tempo fa ho sentito un TG, quindi una fonte assolutamente insospettabile, in cui si affermava che la temperatura media del pianeta negli ultimi 5 anni è più alta di
0,9 gradi rispetto a quella di 50 anni fa. Veramente ho letto che nell'ultimo secolo la temperatura media del pianeta è cresciuta di 0,8 gradi, ma... diamo pure per buona la cifra fornita dal TG. Un aumento di 0,9 gradi in mezzo secolo può essere un problema serio ma non tragico, visto che le escursioni termiche del pianeta sfiorano i 100 gradi e che, anche nelle stesse località, ci possono essere differenze di 40 o 50 gradi fra i periodi più freddi e quelli più caldi dell'anno.
Le mie sono banalità di una persona con scarse conoscenze specifiche? Può essere, però scienziati eminenti come Antonio Zichichi e Carlo Rubbia hanno più volte espresso i loro dubbi sul riscaldamento globale. Qualcuno ha obbiettato che il loro parere conta poco visto che si tratta di fisici e non di climatologi. Come se fenomeni fisici come le tempeste solari e i movimenti dell'asse terrestre non influenzassero il clima! E come se la fisica non fosse la “regina delle scienze” che influenza in profondità tutte le altre! Del resto, fa davvero ridere vedere che la autorevolezza scientifica di voci come quelle di Zichichi e Rubbia viene messa in dubbio da chi ha eletto a suo leader una “scienziata” del peso di Greta Thunberg!

Rubbia e Zichichi del resto non sono di certo i soli a non accodarsi al coro di urla allarmate contro la catastrofe climatica incombente. In occasione del recente vertice ONU sul clima, quello caratterizzato dallo show mondiale di Greta Thunberg, 500 eminenti scienziati di tutto il mondo hanno indirizzato al segretario delle Nazioni unite un appello contro l'allarmismo climatico. In tale appello, completamente ignorato dai media, si può leggere:
Non c’è emergenza climatica (…) I modelli di divulgazione generale sul clima su cui si basa attualmente la politica internazionale sono inadeguati. È pertanto crudele nonché imprudente sostenere la perdita di trilioni di dollari sulla base dei risultati di modelli così imperfetti. Le attuali politiche climatiche indeboliscono inutilmente il sistema economico, mettendo a rischio la vita nei paesi a cui è negato l’accesso all’elettricità permanente a basso costo. Vi invitiamo a seguire una politica climatica basata su solida scienza, realismo economico e reale attenzione a coloro che sono colpiti da costose e inutili politiche di mitigazione”.
Nessuna propaganda come si vede. Parole moderate che non negano l'importanza delle politiche climatiche ma invitano tutti ad uscire dai falsi allarmismi. Quasi nessuno però le ha ascoltate, l'attenzione di tutti era rivolta alle farneticazioni di una adolescente fanatica.

Lasciamo gli scienziati al loro importante lavoro ed occupiamoci di cose più frivole.
Siamo sull'orlo del baratro ripetono tutti. Lo ripetono da oltre 30, quasi 40, anni. Ebbene sia, diamolo pure per scontato, siamo sull'orlo del baratro, la catastrofe è alle porte, anzi, non siamo neppure sull'orlo del baratro, stiamo già precipitando. Le cose stanno proprio così, la piccola Greta ha ragione e fior di scienziati torto, torto marcio.
Ma... se le cose stanno così che senso ha agitarsi, strillare, chiedere misure straordinarie, invitare la gente a non prendere auto, treni ed aerei, invocare città fredde e buie? Se siamo sull'orlo del baratro non possiamo far altro che cascarci dentro, quali che siano le misure che possiamo prendere. Perché? Semplice, perché basteranno normali fenomeni naturali come le eruzioni vulcaniche a farci precipitare nell'abisso. Neppure la piccola Greta può bloccare l'attività vulcanica ed i vulcani immettono ogni anno nell'atmosfera centinaia di milioni di Co2 e di altri gas velenosi. Anche dando per scontato che l'uomo ne immetta molti di più, è fin troppo chiaro che se siamo ormai ad un passo, anzi, ad un centimetro dal baratro nulla ci può più salvare. Insomma, se Greta Thunberg ha ragione i suoi deliri sono solo lamentazioni inutili e leggermente fastidiose. Il fatto che, malgrado si sia “sull'orlo dell'abisso” da ormai quasi 40 anni, ci sia sempre gente che strilla costituisce invece un forte indizio che simili deliri non siano del tutto fondati. 



La mistificazione estrapolazionista 


Molto spesso i mistici dell'ecologia fanno ricorso, per difendere le loro tesi catastrofiste, a ragionamenti di tipo estrapolazionistico.
Cosa è l'estrapolazionismo? Chi è estrapolazionista?
Estrapolazionista, meglio, estrapolazionista
mistico, non è, ovviamente, chi fa estrapolazioni. Tutti facciamo estrapolazioni, continuamente. L'inferenza induttiva è in fondo una forma di estrapolazione, e l'importanza dell'inferenza induttiva, sia nella scienza che nella vita di tutti i giorni, è talmente grande che è praticamente impossibile sopravalutala. E' estrapolazionista (sottintendo il mistico, ma di questo si tratta) non chi fa estrapolazioni ma chi le proietta all'infinito, o per periodi di tempo indefiniti o comunque di lunghezza del tutto sproporzionata alla natura dei fenomeni esaminati. I fenomeni oggetto di estrapolazione non sono infatti leggi naturali  che si presume debbano avere durata infinita o comunque lunghissima, no, oggetto delle estrapolazioni sono tendenze legate a comportamenti umani o comunque fenomeni naturali variabili e transitori.
Gli estrapolazionisti mistici prendono una tendenza, non una legge di natura, una semplice tendenza, la isolano dalle altre, danno per scontato che prosegua immutata per un periodo indefinito di tempo e traggono da tutto questo delle conclusioni il più delle volte sconvolgenti. L'estrapolazionista “estrapola”, appunto, il futuro dal presente partendo dal presupposto che tutto ciò che avviene nel presente continuerà ad avvenire in futuro, senza variazioni sostanziali, rallentamenti o accelerazioni né limiti temporali. E' fin troppo chiaro come, così estrapolando, si possa arrivare a conclusioni catastrofiche. Se verso manciate di sabbia nel mare per un periodo infinito di tempo il mare alla fine si trasformerà in una immensa distesa di sabbia. Il pianeta sarà anche grande ma se continuiamo a lordarlo con sostanze inquinanti si trasformerà, prima o poi, in una palla di immondizia, le risorse saranno anche abbondanti, me se continuiamo ad usarle prima o poi finiranno e così via. Non sono argomenti nuovi, si tratta più o meno della riproposizione delle tesi del vecchio Malthus che i nuovi mistici hanno riesumato, probabilmente senza neppur rendersene conto.

Fermo restando che è assolutamente doveroso usare con oculatezza le risorse disponibili e fermare l'inquinamento ben prima che il pianeta assomigli ad una palla di immondizia, si tratta però di tesi teoricamente insostenibili, per vari motivi.
In primo luogo esistono in natura dei processi ciclici che impediscono a certi elementi di esaurirsi o di crescere indefinitamente. Il ciclo dell'acqua ad esempio fa si che la quantità di H2O presente sulla terra resti la stessa nel corso dei secoli; solo un cataclisma cosmico potrebbe distruggere l'acqua sulla terra. Ci sarà questo cataclisma, quando il sole collasserà, ma per fortuna si tratta di un evento che si colloca in un futuro abbastanza remoto. Considerazioni simili possono farsi per la tanto bistrattata CO2, che è invece essenziale alla vita e che viene emessa, ma anche riassorbita dagli oceani e dalla vegetazione. E non è detto che questo processo di emissione - assorbimento sia a somma zero, che cioè una parte della CO2 di origine antropica non possa venire riassorbita naturalmente.
A parte il discorso sui cicli, che andrebbe approfondito da chi ha conoscenze scientifiche ben superiori a quelle, modeste, in possesso di chi scrive, a parte questo, è fin troppo evidente che nessun processo di inquinamento può procedere indefinitamente o anche per periodi di tempo troppo lunghi.
Anche le sostanze inquinanti sono limitate. Se verso manciate di sabbia nel mare, per quanto a lungo proceda con questa azione insensata non riuscirò mai a trasformare il mare in una distesa di sabbia perché la sabbia a mia disposizione è limitata e la sua quantità è molto inferiore a quella dell'acqua marina. Per quanta CO2 possiamo introdurre nell'atmosfera non riusciremo mai ad elevare in maniera considerevole la percentuale di CO2 presente nell'aria che respiriamo e questo per il semplice motivo che le sostanze che bruciando producono CO2 non sono affatto illimitate. Questo NON vuol dire, val la pena di ripeterlo, che si possa inquinare allegramente il pianeta, vuol solo mostrare l'inconsistenza teorica e logica dell'estrapolazionismo. L'estrapolazionista ragiona come se certe sostanze fossero illimitate ed altre invece rigorosamente limitate. Questo però è solo un errore piuttosto stupido.

Si possono fare considerazioni simili riguardo all'uso delle risorse naturali.  L'estrapolazionista sembra convinto che l'uso di certe risorse debba continuare fino al loro esaurimento, a meno che non si rinunci a certi manufatti. Si usa legno per costruire navi? Alla fine, se non la piantiamo di costruire navi il legno finirà. O legno o navi, così, in estrema sintesi, ragiona l'estrapolazionista.
Ma le cose stanno ben diversamente. L'uomo abbatte oggi molto meno alberi che in passato (e ne pianta quasi altrettanti) ma continua a costruire navi. La tecnologia ha risolto il problema che ai malthusiani appariva insolubile. Non solo, sempre grazie alla tecnologia oggi si possono costruire navi più grandi, sicure, veloci e confortevoli usando una quantità globale di materie prime molto inferiore a quella occorrente ieri. Si risparmia sul legno e molti materiali con cui sono costruite navi, auto ed aerei sono fabbricati in laboratorio (si pensi alle plastiche o alle resine in fibrovetro) con impatto ambientale nettamente inferiore che in passato.
La tecnologia anticipa, non segue, l'esaurimento di determinate materie prime. L'età della pietra è finita ben prima che le pietre si esaurissero; grazie al nucleare l'uso di combustibili fossili può essere fortemente limitato ben prima che questi si esauriscano. Se la tecnologia cambiasse solo quando una certa risorsa si esaurisce saremmo ancora all'età della pietra.


Non sono casuali, in fondo,  gli errori e le mistificazioni dell'estrapolazionismo. Dietro a questi errori e a queste mistificazioni c'è qualcosa di profondo, quella che potremmo chiamare fame di infinito.  L'estrapolazionista parla come se dovessimo durare in eterno, e con noi dovesse durare in eterno il pianeta che ci ospita. Se continuiamo a fare X per dieci, cento, mille o più anni prima o poi si arriverà inevitabilmente ad Y, afferma. E non si chiede chi ci sarà fra 10 o cento anni, e chi ci sarà fra mille, e se qualcuno ci sarà fra più di mille anni. Il “prima o poi” dell'estrapolazionista non conosce limiti, così come non conoscono limiti le sue estrapolazioni. Proietta all'infinito le tendenze in atto perché, più o meno consciamente, rifiuta il dato della nostra finitezza.
Non solo gli individui ma l'umanità intera prima o poi cesserà di esistere e cesserà di esistere il pianeta su cui viviamo, ed il sistema di cui questo fa parte. E cesseranno, di conseguenza, i processi che l'estrapolazionista fa tendere all'infinito.
Forse l'universo è infinito, ma non lo siamo noi, e non lo è quella infinitesima parte dell'universo con cui abbiamo a che fare. Tutto questo sgomenta, sgomenta tutti. Ma l'estrapolazionista non si limita allo sgomento, passa da questo al rifiuto della finitezza. E contrappone al duro, faticoso lavoro di chi cerca di costruire società finite e decenti le sue proposte per edificare il paradiso in terra.
Ma, ormai dovremmo saperlo molto bene, chi cerca di costruire il paradiso in terra riesce solo ad edificare, sempre in terra, il peggiore degli inferni.

La mistificazione epistemologica 


Lo ha detto prima di altri Karl Raimund Popper, ma ormai si tratta di un principio metodologico universalmente accettato: una teoria scientifica non può essere vera qualsiasi cosa accada.
Una teoria scientifica deve
proibire certi fenomeni, nel senso che se certi fenomeni accadono la teoria viene ad essere falsificata, o deve essere rivista, o si devono cercare le cause di un simile scostamento fra teoria ed osservazione, cause da sottoporre, ovviamente, a nuovi stringenti controlli empirici. Una teoria che trovi sempre e solo conferme non è una teoria scientifica, si tratta nel migliore dei casi di metafisica, spesso di scadente qualità, nel peggiore di ideologia se non di volgare propaganda.
Le teorie che sono vere sempre e comunque possono essere definite tautologiche, ricordano la celebre tautologia di Wittgenstein: “piove o non piove”. Se dico “piove o non piove” ho sempre ragione, qualsiasi cosa accada, ma perché ho sempre ragione? Per il semplice fatto che non ho detto nulla di determinato. La mia proposizione fa riferimento a tutti i fenomeni empirici, quindi tutti la possono confermare.
La tautologia è sempre vera, proprio per questo non ha nulla di scientifico.

Ora, parlando di riscaldamento globale, il punto è proprio questo. Non so come le varie teorie su questo fenomeno siano formulate negli ambienti scientifici seri, ma è certo che a livello mediatico e politico tutti i discorsi su questo riscaldamento, vero o presunto che sia, sono fin troppo chiaramente di tipo tautologico.
Basta ascoltare i vari TG per scoprire una casa davvero strana:
qualsiasi evento climatico “conferma” la teoria del riscaldamento globale. Piova o non piova tiri vento o non ci sia un soffio d'aria la causa è sempre il riscaldamento globale. Se un fiume è in secca la causa è il riscaldamento globale, ed è sempre il riscaldamento globale la causa del gonfiarsi e dell'uscire dagli argini di quello stesso fiume. Il riscaldamento globale causa, ovviamente, il gran caldo, ma causa, paradossalmente, anche il freddo gelido e fuori dalla norma. Chi è scettico sul riscaldamento globale ha davvero un bel darsi da fare: non riuscirà mai a trovare un fenomeno che confuti le teorie che non lo convincono.
E' possibile che una teoria spieghi fenomeni anche contrastanti fra loro. Ad esempio, a qualcuno può sembrare assai strano che il riscaldamento globale causi un gran freddo. Ma un sostenitore del riscaldamento globale può dire che il gran caldo scioglie le calotte polari, questo provoca una deviazione delle correnti marine che in certe località può provocare un gran freddo. Però è proprio qui che la teoria del “global warming”, per lo meno per come viene presentata dai media, mostra le sue caratteristiche tautologiche e non scientifiche. Questi discorsi infatti non si traducono in
previsioni controllabili che li possono confermare o confutare. I ghiacci si stanno sciogliendo davvero? sciogliendosi provocano davvero una deviazione delle correnti marine? Di quali correnti si tratta? Quale sarà il loro nuovo corso? Dove provocheranno caldo e dove freddo? Quali forme di controllo vengono proposte per controllare la validità degli asserti di partenza? In assenza di domande e previsioni di questo tipo i tentativi di attribuire al riscaldamento globale tutto ed il contrario di tutto si rivelano solo come un facile espediente per immunizzare una teoria da qualsiasi forma di controllo empirico. L'esatto contrario della scienza.

E' da molto tempo del resto che le teorie del “global warming” sfuggono ad ogni controllo empirico o non tengono conto di quanto potrebbe falsificarle. Nel 1972 venne pubblicato il libro “
i limiti dello sviluppo”, una delle prime opere dedicate al riscaldamento globale. In questa si facevano previsioni abbastanza terrificanti: entro il 2000 si sarebbero esaurite tutte le risorse petrolifere e le principali materie prime del pianeta. Sappiamo tutti come sono andate le cose. E sappiamo anche che le smentite clamorose che simili previsioni hanno dovuto subire non hanno spinto nessuno ad alcuna riconsiderazione delle proprie posizioni, queste anzi si sono fatte sempre più estremiste e catastrofiste.
E oggi? Oggi, a quanto ne sanno i comuni mortali, nessuno dei sostenitori mediatici dei mutamenti climatici (non so gli scienziati seri) fa previsioni minimamente controllabili. Si stabilisce che fra 50 o 100 anni intere città saranno sommerse dalle acque, che Piazza Duomo a Milano sarà un lago di acqua salmastra ma non si dice che ne sarà, fra uno o due anni, di Piazza De Ferrari a Genova. Il motivo di tutto questo è facilmente intuibile: fra 50 o 100 anni nessuno controllerà le previsioni (meglio sarebbe dire le profezie) di oggi, fra uno o due anni qualcuno potrebbe farlo.

Il carattere tautologico di moltissime teorie sul riscaldamento climatico risulta anche dall'evoluzione dei termini.
Inizialmente si parlava di
effetto serra, un nome che fa venir caldo solo a pronunciarlo. Se dici “effetto serra” pensi subito al caldo, ad un caldo diffuso ovunque, senza refrigerio alcuno.
Poi l'effetto serra si è trasformato in “
riscaldamento globale”. Il richiamo al caldo c'è sempre, ma è più attenuato. Si tratta di un caldo che ammette eccezioni, globalmente il pianeta si riscalda ma qua e là il freddo permane. E in qualche modo lo si può giustificare senza intaccare la teoria.
Infine il “riscaldamento globale” si è trasformato nei “
mutamenti climatici”. Il caldo scompare, resta il mutamento del clima. In questo modo però si cade in piena tautologia. Il clima muta costantemente, quindi una teoria che affermi la mutevolezza del clima è, per definizione, sempre vera. Rifacendoci a Kant possiamo dire che la proposizione: “il clima muta” è analitica, non sintetica. Dire “il clima muta” è come dire: “gli scapoli non sono sposati”. Un asserto che esplicita il significato di un termine ma non dice nulla sul mondo.
Che ci viene costantemente ripetuto da tutti i media, tutti i giorni, ad ogni ora del giorno.
 

Misticismo ecologico contro ambientalismo
 

Correttamente inteso l'ambientalismo è del tutto accettabile. Si tratta della più che legittima attenzione per l'ambiente che ci circonda, attenzione che parte da presupposti che tutto sono tranne che ideologici.
Il franco riconoscimento della limitatezza dell'uomo in primo luogo, la consapevolezza della nostra dipendenza dall'ambiente circostante e, di conseguenza, del carattere sempre ambivalente dei risultati dell'agire umano. Tutte le nostre conquiste hanno, o possono avere, anche conseguenze negative, che si tratta di valutare e, se possibile, prevenire.
Inteso in questo senso l'ambientalismo costituisce un ottimo antidoto nei confronti delle ideologie produttivistiche, dominanti sino agli anni 70 dello scorso secolo. Si tratta di ideologie che vedono nella attività produttiva qualcosa che può risolvere tutti i problemi del genere umano.
Da molti punti di vista il marxismo è una di queste ideologie. Per Marx lo sviluppo delle forze produttive, liberato dalle pastoie dei rapporti di produzione borghesi, può regalarci una sorta di paradiso in terra. La società perfetta, priva di problemi, caratterizzata da una totale, assoluta armonia.
Non ci vuole molto per rendersi conto che il misticismo ecologico costituisce l'altra faccia della medaglia rispetto a questa ideologia. Entrambe mirano alla assoluta armonia, sognano una società perfetta, in cui tutti i problemi siano risolti, nessun problema nuovo possa sorgere ed in cui regni una generalizzata, totale felicità. Per il marxismo e, più ingenerale, per le ideologie produttivistiche, questa perfezione è resa possibile dal prodigioso sviluppo delle forze produttive sociali, per il misticismo ecologico dall'abbandono della insana volontà di potenza e dal ritorno dell'uomo al posto che gli compete nell'insieme degli ecosistemi. Per onestà occorre aggiungere che il marxismo si colloca ad un livello di profondità filosofica distante anni luce dalle idiozie dell'ecologismo mistico.
Tutte le filosofie politiche non ideologiche rifiutano comunque simili utopie. Non esiste la società perfetta in cui tutti i problemi siano definitivamente risolti perché è lo stesso vivere sociale degli esseri umani che crea, di continuo, problemi nuovi. Ogni conquista positiva ha, o può avere, anche conseguenze negative. Il progresso, quando c'è, non è mai privo di rischi. L'ambientalismo mette in risalto i rischi che derivano dall'impatto delle attività umane sull'ambiente in cui viviamo. In maniera del tutto non ideologica l'ambientalismo ci ricorda che il mondo che ci circonda
non è fatto a nostra misura, che abbiamo quindi la necessità di modificarlo, se vogliamo assicurarci un livello di vita decente, o anche solo sopravvivere. Ma ci ricorda anche che, proprio per lo stesso motivo, ogni modifica dell'ambiente comporta rischi, difficoltà, crea problemi che è compito della umana ragione cercare di risolvere. L'esatto opposto di ogni ideologia, a partire da quella oggi dominante: il misticismo ecologico.

Non a caso l'ambientalismo correttamente inteso rifiuta il catastrofismo insensato proprio del misticismo ecologico. Se davvero la catastrofe fosse alle porte ogni discorso sull'ambiente sarebbe inutile. Il solo fatto che si parli di ambiente e di tutela dell'ambiente dimostra invece che non stiamo precipitando nel baratro, che i problemi che sorgono di continuo possono trovare soluzioni, parziali e non definitive, ma efficaci, che è possibile non rinunciare ai vantaggi di millenni di civilizzazione senza esser costretti a vivere in un mondo trasformato in latrina.

Per gli stessi motivi l'ambientalismo non ideologico rifiuta le “soluzioni” demenziali che i mistici dell'ecologia avanzano per “risolvere" i problemi ambientali. Azzerare in dieci anni le emissioni di CO2 è una di queste. Una “soluzione finale” che porterebbe alla barbarie ed alla morte per fame di decine, forse centinaia, di milioni di esseri umani, qualcosa che ricorda sinistramente, altre “soluzioni finali”.
E' inutile dilungarsi ancora. Il senso del discorso dovrebbe essere fin troppo chiaro: l'ambientalismo non ideologico non ha nulla a che vedere col misticismo ecologico, esattamente come l'analisi economica scientifica non ha niente a che fare con il produttivismo ideologico.
La scelta in fondo è sempre la stessa: ideologia contro scienza, tendenza all'assoluto da realizzare nel mondo contro azione faticosa per cercare di creare società imperfette ma decenti. Lasciando l'assoluto all'altro mondo, se esiste.