lunedì 24 novembre 2025

sesso e consenso

 

Chiunque compie o fa compiere o subire atti sessuali ad un’altra persona senza il consenso libero e attuale di quest’ultima è punito con la reclusione da sei a dodici anni.

Questo dico il primo comma dell’articolo 609 del codice penale dopo la riforma approvata all’unanimità dalla camera.
A livello di valutazione di principio non c’è nulla da eccepire: è evidente, addirittura banale, che l’atto sessuale deve basarsi sul consenso libero e attuale delle parti. Il problema vero relativo alla nuova formulazione della legge riguarda non lo stupro, reato odioso da punire con la massima severità, ma il modo in cui questo può essere provato. Se c’è violenza, o ci sono minacce, o se un brutto abusa di una donna in stato di incoscienza perché sotto l’effetto di sostanze stupefacenti è evidente che il consenso manca e l’atto sessuale può ragionevolmente essere definito stupro, con tutte le conseguenze del caso. Ma… in altri casi? In che modo il mancato consenso può essere provato? Questo è il punto, importantissimo.

Proviamo a immaginare una situazione. Tizio e Tizia entrano in un albergo. Affittano una stanza, cenano insieme, poi si ritirano nel loro alloggio. La mattina dopo fanno colazione, sono puliti, ordinati e sorridenti, si scambiano dolci parole. Pagano il conto e si allontano mano nella mano. Una settimana dopo Tizia denuncia Tizio affermando di non aver dato il consenso all’atto sessuale consumato durante la notte. Nulla nel comportamento della coppia può far pensare a uno stupro, con tutta evidenza non c’è stata violenza alcuna, né minacce, non sono state consumate bevande alcooliche, Tizia non era drogata. Eppure, stando alla formulazione della legge tutto questo non conta, l’unica cosa che conta è il consenso che Tizia avrebbe negato. E’ possibile provare questo mancato consenso? Con tutta evidenza no, eppure la dichiarazione di Tizia può bastare per fare incriminare, forse addirittura condannare Tizio. Emerge qui un aspetto particolarmente pericoloso della nuova formulazione della legge: l’inversione dell’onere della prova. In tutti i paesi civili esiste la presunzione di innocenza: è l’accusa a dover provare la colpevolezza del sospettato, non lui la sua innocenza. La presunzione di innocenza è alla base della civiltà giuridica, è prevista dall’articolo 27 della costituzione e dall’articolo 48 della carta europea dei diritti.
La nuova formulazione della legge rischia di entrare in rotta di collisione con questo fondamentale principio: basta che Tizia affermi di non aver dato il consenso perché Tizio possa vedersi costretto a cercare le prove della sua innocenza. E’ un aspetto molto grave della nuova formulazione, stupisce che in molti sembrano non rendersene conto.

Qualcuno potrebbe dire che la nuova formulazione della legge consente di perseguire i casi di violenza psicologica. Questo in effetti è un buon argomento a favore della legge: la violenza psicologica a volte può essere altrettanto grave di quella fisica, ma anche in questo caso sorge una difficoltà, molto grave.
La legge penale sancisce, o dovrebbe sancire, i comportamenti chiaramente definibili, identificabili, capaci di essere verificati con testimonianze, prove materiali, documenti. La stessa violenza psicologica, per essere oggetto di sanzione penale dovrebbe tradursi in atti controllabili intersoggettivamente, in caso contrario tutto resta nel vago e può avere conseguenze aberranti. Se Tizio afferma che io voglio ucciderlo perché lo odio ma non è in grado di produrre alcuna prova materiale o testimonianza che confermi il mio odio e la mia intenzione omicida, posso essere non dico condannato ma anche solo seriamente indagato? Direi proprio di no. La nuova formulazione della legge sullo stupro lascia invece tutto nel vago. E’ estremamente vago lo stesso concetto di “consenso”. Cosa vuol dire in concreto dare il consenso all’atto amoroso? Il consenso all’atto amoroso è nella quasi totalità dei casi implicito, non esplicito, la legge però non dice nulla a questo riguardo. Tizio e Tizia passeggiano al chiaro di luna, a un tratto si fermano e si baciano. Esiste in questo caso il consenso? A parere di ogni persona normale si, ma se si segue alla lettera il testo della legge sembra che il consenso non ci sia. Qualcuno ha mai chiesto al o alla partner il permesso di baciare? E se dal bacio si passa a qualcosa di piu’ piacevole, occorre a ogni passo avanti chiedere il consenso? “Posso toccarti il seno, accarezzarti una gamba... Non vado oltre. Nessuno credo si è mai comportato in questo modo. La legge sembra pretenderlo, sia dai maschi che dalle femmine.

Più in generale mi sembra che dietro alla legge ci sia una concezione “filosofica”, per usare una parola grossa, assolutamente non condivisibile. Si tratta della pretesa, oggi abbastanza diffusa, di formalizzare ogni rapporto umano, di sottoporre tutto alla legge togliendo sempre più spazio ai comportamenti spontanei, non formalizzati.
Nessuno di noi chiede consensi e permessi per fare una serie enorme di atti, né si comporta in un certo modo perché questo gli viene imposto dalla legge. Non chiedo a Tizio che incontro per strada il permesso di salutarlo, non so quale sia né cosa dica con precisione l’articolo del codice che punisce il furto, posso addirittura ignorare che un articolo simile esista, ma quando vado in un super mercato NON rubo, so che non devo farlo e mi vergognerei da morire se qualcuno mi scoprisse a rubare anche solo una mela. Non occorre chiedere a una ragazza, o a un ragazzo, il permesso di fare l’amore, questo è implicito nella situazione che si sta vivendo. Esiste una differenza abissale fra un atto sessuale che si compie insieme, volontariamente, senza chiedere consenso alcuno, e uno imposto con la forza o anche solo con minacce o ricatti. Pretendere che tutto sia esplicito, formalizzato vuol dire distruggere l’umana spontaneità, trasformare gli esseri umani in ridicole caricature di loro stessi.

Mi permetto di concludere con una considerazione polemica. Alcuni di coloro che con più determinazione sostengono la nuova formulazione della legge sono gli stessi, e le stesse, che hanno spalancato le porte del paese all’immigrazione clandestina, quella che ha fatto entrare illegalmente in Italia moltissime persone che considerano più o meno una prostituta degna di essere stuprata qualsiasi donna che indossi una minigonna o un vestito anche solo vagamente sexy. Sembra incredibile ma ci sono esponenti della nostra classe politica che considerano il burka compatibile con la richiesta di espliciti consensi per ogni sorta di atto amoroso. Miracoli della sottocultura woke.