
Tutto era cominciato sul finire del secondo decennio del nuovo secolo. Già da tempo l’occidente era in crisi. Gettate nel vortice della globalizzazione, costrette a subire la concorrenza di vigorosi paesi emergenti, le economie occidentali avevano dovuto attraversare periodiche situazioni di recessione. Praticamente assuefatti all’idea che il loro benessere non sarebbe mai stato messo seriamente in discussione gli occidentali, quasi d’improvviso, si erano trovati a dover fronteggiare l’incertezza del domani; convinti da decenni di politiche assistenziali che lo stato avrebbe comunque garantito a tutti decenti livelli di consumo, abituati ad indebitarsi per sostenere un tenore di vita spesso superiore ai loro mezzi, avevano reagito con un misto di rabbia ed incredulità a crisi economiche che rimettevano in discussione quanto pareva definitivamente acquisito.
Ma la crisi dell’occidente non era solo economica era anche, forse
soprattutto, una crisi sociale e culturale, una crisi di identità e
di valori. Dopo che per lungo tempo si erano orgogliosamente ritenuti
gli uni unici esseri umani veramente civili, gli occidentali erano
rimasti profondamente scioccati dalla scoperta che la loro storia
era, anch’essa, carica di violenze e di ingiustizie. L’occidente
era stato la patria delle idee di libertà e di tolleranza, la
scoperta che molto spesso le potenze occidentali avevano agito senza
tenere in alcuna considerazione tolleranza e libertà aveva
profondamente frustrato molti occidentali colti. L’orgoglio era
stato rapidamente sostituito dallo scetticismo e da una larvata
vergogna della propria storia. L’occidente aveva smesso di credere
in sé stesso; ad essere oggetto di critica non erano le politiche
che contraddicevano i principi di libertà, tolleranza e democrazia,
erano questi principi ad essere messi in discussione o quanto meno ad
essere fortemente relativizzati. Libertà e democrazia potevano andar
bene per l’occidente, ma criticare altre civiltà perché in esse
mancavano democrazia e libertà sarebbe stato una inaccettabile forma
di imperialismo culturale. Allo stesso modo, la constatazione che nel
mondo esistevano fame e miseria aveva spinto molti occidentali a
vergognarsi quasi del loro benessere (a cui tuttavia continuavano a
tenere moltissimo) e a ritenere che questo fosse la causa della
miseria che ancora affliggeva milioni di esseri umani. Né questi
erano sentimenti che riguardavano solo limitati settori di
intellettuali. Banalizzate, diffuse a dismisura dai media, le colpe,
vere o presunte, dell’occidente erano lentamente diventate oggetto
di una universale esecrazione. Non esisteva difetto dell’occidente
che non venisse sottoposto a pubblici e molto spesso faziosi
processi, d’altro canto la severità che gli occidentali mostravano
contro sé stessi si trasformava in ultra tolleranza nei confronti
dei crimini e delle brutture di tutte le altre civiltà. Severissimo
con sé stesso l’occidente era diventato tollerante oltre ogni
misura nei confronti degli altri.
L’occidente era responsabile di tutto. Era responsabile del degrado
ambientale, oggetto di continue denunce ed incessanti campagne
catastrofiste. Era responsabile del fatto che molti paesi non
riuscissero ad imboccare la strada dello sviluppo economico. Era in
qualche modo responsabile dello stesso sorgere e svilupparsi di
movimenti fondamentalisti e terroristi.
In breve, sul finire del secondo decennio del nuovo secolo
l’occidente sembrava forte ma era profondamente debole. Lo sviluppo
economico era stagnante, le società occidentali erano indebolite dal
corporativismo e sottoposte alla pressione crescente di ondate
migratorie sempre meno controllate e controllabili. Soprattutto,
mancavano in occidente valori davvero condivisi, mancava qualcosa
senza la quale nessuna civiltà può competere o dialogare con le
altre, né può alla lunga evitare il declino: l’orgoglio per
quanto di buono essa riesce ad esprimere, la consapevolezza della
propria identità e del suo valore.
Gli elementi di crisi che minavano la civiltà occidentale si erano
manifestati in tutta la loro gravità in occasione dell’attacco del
fondamentalismo islamico. Solo una minoranza degli occidentali aveva
capito la gravità di quanto stava avvenendo, gli altri avevano
reagito in modi diversi ma tutti inadeguati. Ci fu chi incolpò di
tutto la sua civiltà, altri invocarono il dialogo e la reciproca
comprensione, la maggioranza infine adottò la politica dello
struzzo: le cose non erano poi così gravi, bastava evitare reazioni
sconsiderate e tutto sarebbe finito, prima o poi.
Malgrado tutti i tentativi per contrastarlo il fondamentalismo
islamico si era molto rafforzato nei primi due decenni del nuovo
secolo ed era diventato particolarmente pericoloso quando alcuni
stati medio orientali governati da autentici fanatici erano riusciti
a dotarsi di un piccolo arsenale di armi nucleari. Quando i
terroristi fecero esplodere una bomba atomica tascabile su San
Francisco, causando oltre cinquantamila vittime, la situazione iniziò
a precipitare. In tutto l’occidente si diffuse un incontenibile
odio anti islamico. E non solo anti islamico. Tutti coloro che non
erano europei od americani furono considerati terroristi tout-court.
Per molto tempo i pacifisti occidentali avevano bollato con l’epiteto
di “razzisti” tutti coloro che invocavano una politica ferma
contro il terrorismo islamico, ora il razzismo, che da molto tempo
covava sotto la cenere, risorse davvero e in dimensioni spaventose.
Ci furono linciaggi di negri ed arabi, moltissime moschee vennero
devastate da folle inferocite, masse crescenti di popolazione
invocarono lo sterminio di tutti i mussulmani a suon di testate
nucleari. Non solo, ad essere messa sotto accusa fu la stessa
democrazia liberale che si era dimostrata debole ed arrendevole. Resi
incerti e timorosi dalle crescenti difficoltà economiche,
terrorizzati dalla nuova escalation del terrore, molti Europei ed
americani voltarono le spalle ai valori fondanti la loro civiltà. La
democrazia, i diritti umani, la tolleranza erano i responsabili di
tutto, avevano infiacchito il popolo, imbastardito la razza bianca,
causato o quanto meno aggravato i problemi economici. Ovunque, in
Europa e negli Stati Uniti sorsero partiti neonazisti decisi a farla
finita con la tradizione liberale e democratica. Le numerose
consultazioni elettorali che si tennero freneticamente in quegli anni
non portarono ad alcun governo stabile ed autorevole.
Alla radicalizzazione delle forze di estrema destra fece riscontro
una eguale radicalizzazione a sinistra.. Gli immigrati islamici si
organizzarono militarmente in poco tempo, molti di loro del resto
erano militarmente inquadrati già da anni. I gruppi della sinistra
radicale misero da parte il tanto decantato pacifismo per prepararsi
alla guerra contro la reazione. Gli scontri di piazza assunsero
dimensioni sempre più gravi. Senza che nessuno la dichiarasse, non
si sa bene quando né dove, scoppiò la guerra civile più feroce e
catastrofica che il genere umano avesse mai conosciuto L’esercito
dei vari paesi occidentali si divise fra alcuni reparti ribelli che
appoggiarono i neonazisti e la maggioranza delle forze armate che
continuò a sostenere i governi regolari; i paesi mussulmani
aiutarono le formazioni degli immigrati e, in misura molto minore,
quelle dell’estrema sinistra che riuscirono però a rifornirsi di
una gran quantità di armi sul mercato clandestino.
Fu guerra di tutti contro tutti, crudele, priva di obiettivi che non
fossero la distruzione dei nemici. Si sviluppò a macchia d’olio in
tutta Europa e negli Stati Uniti e coinvolse anche, sia pure in
misura minore, molti paesi asiatici e latino americani. A volte fra
le forze in campo si formavano temporanee alleanze, ad esempio fra
nazisti e governo contro gli islamici e la sinistra, o fra sinistra e
nazisti contro il governo, ma si trattava di episodi passeggeri.
Tutti odiavano tutti; anche fra estrema sinistra ed immigrati
islamici i rapporti non erano buoni. Se gli ex pacifisti cercavano
l’amicizia degli immigrati questi non scordavano neppure per un
momento che quelli erano infedeli, sostenitori della liberazione
della donna, insomma, occidentali corrotti anche loro, come tutti gli
altri.
E mentre in Europa divampava la guerra civile in medio oriente si
compiva un nuovo olocausto. Israele fu attaccato in maniera massiccia
da tutti i suoi vicini arabi e stavolta lo stato ebraico era solo.
Gli israeliani si difesero con rabbia e ferocia, furono tentati anche
di usare le armi atomiche ma rimandarono più volte l’attacco
nucleare per timore di rappresaglie. Ma questo non li salvò.
Esasperati dalla difesa accanita degli israeliani i loro nemici
fecero esplodere un’atomica su Tel Aviv. Ci furono oltre centomila
vittime e l’inevitabile rappresaglia israeliana provocò un numero
ancora più elevato di morti. Quella fra Israele e stati arabi non
era più una guerra, era uno spaventoso massacro reciproco che
terminò solo col totale annientamento degli ebrei in medio oriente.
Una ottantina d’anni dopo la morte di Adolf Hitler il problema
ebraico aveva finalmente trovato la sua soluzione finale.
Spaventati dalla virulenza del conflitto i pochi paesi coinvolti solo
marginalmente in esso, come la Cina e la Russia reagirono
chiudendosi in sé stessi ed accentuando al massimo il carattere
autoritario delle loro strutture politiche. Russia e Cina regredirono
rapidamente ai i tempi di Stalin e Mao, analoga regressione
autoritaria fu conosciuta da tutti i paesi non toccati, o solo
sfiorati, dal conflitto.
Il
partito dell’amore nacque in Italia nei primi anni della guerra
civile, si espanse fortemente nel corso di questa ed aprì sue
sezioni in tutta Europa e negli Stati Uniti. Suo fondatore fu Carlos
Vidal, un argentino emigrato molto giovane in Europa. Vidal aveva
studiato a Parigi dove si era laureato in filosofia con una tesi sul
giovane Marx, poi si era trasferito in Italia ed era vissuto a
Milano, Firenze e Roma. Carlos Vidal militava in uno dei tanti
partitini dell’estrema sinistra italiana quando la guerra civile
iniziò a divampare. La sinistra radicale a quei tempi era costituita
da una autentica ridda di ideologie diverse e a volte antitetiche.
L’estremismo femminista conviveva con la simpatia per l’Islam, i
sostenitori della centralità della classe operaia parlavano di
sviluppo economico ed occupazione con gli ecologisti radicali per i
quali nessuna ferita doveva essere inferta alla natura, i sostenitori
dell’onnipotenza dello stato marciavano fianco a fianco con gli
individualisti semi anarchici che rivendicavano droga gratis per
tutti. Di intelligenza non particolarmente acuta ma dotato di una
notevole capacità di sintesi, Carlos Vidal capì che occorreva
unificare in un quadro teorico d’insieme e in un programma politico
realistico le varie anime della sinistra radicale italiana e
internazionale e a modo suo ci riuscì.
Il principale bersaglio polemico della teoria politica di Vidal era
l’individuo, il singolo scisso dalla comunità, l’atomo egoista
in perenne lotta con gli altri. Questo individuo altri non è che il
borghese, lo sfruttatore, immagine e realizzazione nel contempo della
umana alienazione. La società basata sull’individualismo borghese
e quindi sull’economia di mercato e i cosiddetti diritti umani
andava distrutta, su questo nessuna dubbio era possibile, andava
distrutta ad opera di soggetti collettivi, di comunità che vengono
prima, plasmano e inglobano in se gli individui. Ma sarebbe stato un
grave errore ridurre ad uno questi soggetti comunitari. Marx aveva
sbagliato nel ritenere che fosse la classe operaia il più importante
o addirittura l’unico soggetto collettivo in grado di abbattere la
società borghese. La classe operaia era uno dei soggetti
rivoluzionari, altri ne esistevano: le civiltà che il corso della
storia aveva messo in rotta di collisione con l’occidente
capitalistico, quella islamica in primo luogo, le donne che volevano
rifondare il mondo a partire dai valori del femminile, gli ecologisti
che volevano ricostruire l’armonia fra uomo e natura, i giovani che
comunitariamente cercavano di costruire modelli di vita alternativi
alla alienazione borghese. Certo, non tutti questi soggetti
collettivi avevano valori ed interessi coincidenti ma erano possibili
fra loro la convivenza ed il dialogo, era possibile soprattutto la
lotta comune contro il comune nemico: l’individualismo borghese.
Battuta la borghesia sarebbe avvenuta la lenta integrazione dei vari
comunitarismi e sarebbe sorta una comunità del tutto nuova, basata
sulla armonia degli esseri umani fra loro e con la natura. Solo
allora si sarebbe realizzato il paradiso in terra.
La costruzione teorica di Vidal non era molto più che un maldestro
tentativo di sistematizzazione eclettica delle diverse ideologie
della sinistra radicale italiana ed internazionale, nel tradurre
questo corpus teorico in programma politico il rivoluzionario
argentino si dimostrò però davvero geniale.
La guerra in corso non poteva continuare ad essere lotta di tutti
contro tutti. Bisognava che alcune delle forze in campo si alleassero
fra loro o almeno riducessero le reciproche ostilità per concentrare
il fuoco contro il nemico comune. Ed il nemico comune non potevano
che essere i governi regolari e le forze liberali, democratiche e
socialdemocratiche, che li sostenevano.
Agli islamici il partito dell’amore fece una organica proposta di
alleanza. Nulla di serio divideva le forze di sinistra confluite in
quel partito dai combattenti islamici. Questi erano nemici giurati
del liberalismo, della democrazia occidentale in tutte le sue forme e
del capitalismo imperialista. Certo, esistevano differenze fra
sinistra radicale ed islam, ma si trattava di differenze che potevano
benissimo convivere nell’ambito di una società fondata sul
rispetto per i valori del diverso. Il partito dell’amore dichiarò
a chiare lettere nel suo programma che a guerra finita non sarebbe
stata opposta restrizione alcuna alla immigrazione islamica e che
tutto ciò che in qualsiasi modo avrebbe potuto offendere i
sentimenti religiosi dei mussulmani sarebbe stato vietato. Si impegnò
anche a risarcire adeguatamente gli islamici tutti per le vessazioni
secolari che questi avevano dovuto subire ad opera degli occidentali.
Ma
il partito dell’amore tendeva la mano anche a quello che avrebbe
dovuto essere il suo nemico mortale: il partito neonazista unificato
in cui erano confluite quasi tutte le organizzazioni di estrema
destra europee ed americane. L’odio dei neonazisti verso gli
islamici e i non bianchi in generale era senz’altro riprovevole, ma
l’idea nazista di una comunità basata sulla nazione o addirittura
sulla razza era da considerarsi positivamente. Nel suo programma per
la ricostruzione il partito dell’amore si impegnava a rispettare
tutte le tradizioni nazionali ma soprattutto si impegnava ad una
lotta a fondo contro il sionismo, in tutte le sue forme. L’ebreo
era, in quanto ebreo, il simbolo stesso del borghese. Estraneo alla
cultura delle comunità in cui aveva vissuto l’ebreo era sempre
stato un fattore di crisi e di divisione. Era l’ebreo a rompere
l’armonia della comunità in cui viveva, ad insinuare ovunque la
mala pianta dell’individualismo egoista, del gretto spirito
commerciale. E quando l’ebreo aveva costruito un suo stato, aveva
fatto di questo la punta di diamante della aggressione imperialista
contro tutte le comunità fondate su autentici valori di solidarietà
e di amore reciproco. L’ideologia sionista andava combattuta senza
pietà, lo spirito ebraico doveva essere sradicato dalla testa e dal
cuore degli esseri umani. I neonazisti erano abbastanza intelligenti
per capire che la lotta contro il sionismo e lo spirito ebraico che
il partito dell’amore proponeva loro altro non era che lotta contro
gli ebrei tout court. E questo a loro andava benissimo.
Le
proposte del partito dell’amore per il momento non dettero frutto
alcuno e per un anno almeno la guerra continuò come feroce lotta di
tutti contro tutti. I dirigenti dei governi regolari dal canto loro
diedero l’ennesima prova di cecità politica prevedendo il rapido
declino di quel partito. Il tentativo di unificare tutti i nemici del
liberalismo, della democrazia e del socialismo democratico sarebbe
fallito, sentenziarono. Cosa univa fra loro neonazisti e comunisti?
Estremisti islamici ed estremisti ecologici? Nulla se non l’odio
verso l’occidente liberale e democratico, prima o poi queste forze
si sarebbero distrutte a vicenda, non potevano esserci dubbi al
riguardo. Nella loro infinita e colpevole ingenuità i leader del
vecchio occidente non capirono che l’odio può unire quanto e più
dell’amore, che il nulla può diventare in certi momenti un
formidabile programma politico.
Quando divenne chiaro che nessuna delle forze in campo aveva da sola
la forza per vincere il conflitto iniziarono i contatti per cercare
di stabilire delle alleanze. Fra milizie islamiche e partito
dell’amore si giunse infine ad una intesa sulla base delle proposte
che il partito di Vidal aveva avanzato da tempo. I neonazisti dal
canto loro non giunsero ad una vera intesa col partito dell’amore,
ma gradualmente cominciarono ad indirizzare i loro colpi contro il
governo regolare, evitando gli scontri troppo cruenti con le milizie
islamiche e la sinistra di Carlos Vidal. Questi fatti da soli non
sarebbero però bastati a determinare il crollo dei governi regolari
e la vittoria del partito dell’amore. Decisivi furono altri due
eventi. In primo luogo l’opinione pubblica dei paesi straziati
dalla guerra iniziò a spostarsi sempre più a favore del partito
dell’amore. La gente era stanca per l’orrendo massacro che
sembrava non finire mai ed il programma di Vidal, con le sue parole
di pace, dialogo, convivenza e rispetto fra diversi aveva il potere
di affascinare uomini e donne che da anni convivevano con la morte e
neppure ricordavano più le cause scatenanti del conflitto. Inoltre
l’amore per la libertà era ormai morto nei cervelli e nel cuori di
moltissimi esseri umani che bramavano solo a riconquistare un minimo
di benessere e di sicurezza, ed il programma del partito dell’amore,
con le sue rivendicazioni di assistenzialismo statale e
programmazione centralizzata, sembrava fatto apposta per venire
incontro a tali esigenze.
Ma il fatto davvero decisivo fu un altro. Le potenze estranee al
conflitto, Russia e Cina soprattutto, avevano dapprima sperato di
trarre benefici dalla guerra in corso e si erano ben guardate dal
favorire questa o quella forza in campo. Col passare del tempo però
sorsero anche in quei paesi formazioni estremiste in grado di
influenzare settori consistenti di pubblica opinione. In Cina e
soprattutto in Russia erano abbastanza diffusi gruppi islamici
fondamentalisti che aspettavano solo la occasione buona per
scatenarsi. In entrambi i paesi stavano sorgendo inoltre movimenti
ultra nazionalisti che potevano diventare molto pericolosi per le
autocrazie al potere. La prosecuzione indefinita della guerra
rischiava di coinvolgere anche i paesi che erano riusciti a restarle
estranei e un intervento diretto avrebbe potuto significare lo
scoppio di una guerra civile anche in quelli. La guerra andava
fermata, occorreva che ci fosse un vincitore. Quale? Il partito
dell’amore apparve ai nuovi dittatori di Russia e Cina la carta
migliore su cui puntare. Il partito dell’amore non era animato dai
propositi espansionistici che caratterizzavano le formazioni
neonaziste ed islamiche ed il suo programma di dialogo e convivenza
fra diversi poteva riuscire a stabilizzare la situazione, almeno per
il tempo necessario alle nuove autocrazie di Mosca e Pechino per
stabilizzare il loro giovane potere.
La guerra durava da oltre cinque anni quando un autentico fiume di
aiuti militari iniziò a rinforzare le fila del partito dell’amore.
I governi regolari, che avevano iniziato le ostilità potendo
disporre di una buona superiorità militare, si trovarono ad essere
deboli ed isolati. La maggioranza della popolazione stava loro
voltando le spalle e le diserzioni dalle loro fila si erano
intensificate, i loro nemici avevano trovato il modo di non
massacrarsi a vicenda e il partito dell’amore era diventato la
forza militarmente preponderante. I governi avrebbero potuto ancora
vincere se avessero usato le armi atomiche in loro possesso, armi di
cui detenevano il quasi monopolio. Ma il conflitto in corso era una
autentica guerra senza fronte: non esistevano ampie zone dell’Europa
e degli Stati Uniti sotto il controllo esclusivo di una sola delle
forze in campo. L’uso massiccio di armi atomiche, oltre a provocare
un numero mostruoso di vittime civili, avrebbe colpito
inevitabilmente anche forze fedeli ai governi regolari accentuando
ulteriormente il loro isolamento. Inoltre i leader liberali e
democratici avevano troppi scrupoli umanitari per prendere una
decisone tanto grave. Vennero usate alcune atomiche tascabili per
colpire campi di addestramento e depositi di armi del partito
dell’amore e questi rispose con eguali rappresaglie usando mini
atomiche che gli erano state fornite dai governi russo e cinese, ma
la guerra continuò ad essere prevalentemente convenzionale.
La guerra durò ancora due anni. Alla fine i governi regolari
cedettero e si aprirono trattative di resa. Il partito dell’amore
terminava il conflitto da trionfatore. Era stato lui ad infliggere i
colpi più micidiali agli eserciti regolari. Tutte o quasi le grandi
aree metropolitane erano controllate dalle sue truppe e poteva
vantare anche un notevole appoggio fra la pubblica opinione.
In breve fu raggiunto un accordo con le milizie islamiche sulla base
delle precedenti intese stipulate in tempo di guerra. Il partito
dell’amore sapeva di non potersi permettere una lotta contro quelle
milizie che avevano l’appoggio di tutti gli stati arabi, né voleva
scontrarsi con quelli che considerava come suoi amici. Con i
neonazisti il discorso fu diverso. Con loro non esistevano accordi né
i neonazisti intendevano davvero pacificarsi con la sinistra. Molti
militanti di estrema destra nella fase finale del conflitto si
pentirono amaramente di aver concentrato i propri attacchi
sull’esercito regolare lasciando mano libera alle truppe del
partito dell’amore, ma ormai era troppo tardi. Comunque la loro
sorte non fu particolarmente crudele: un gran numero di militanti
aveva abbandonato il partito neonazista unificato negli ultimi mesi
di guerra e nell’immediato dopoguerra la tendenza crebbe
impetuosamente. Furono i transfughi del partito neonazista unificato
a fornire i migliori combattenti al corpo dei guardiani della
rivoluzione ed alla costituenda milizia per la sicurezza popolare. I
neonazisti irriducibili continuarono la lotta e vennero distrutti
solo dopo molti anni, altri contrattarono una resa dignitosa e si
inserirono abbastanza bene nella nuova società. Malgrado le promesse
fatte nel corso delle trattative per la resa, i quadri dei vecchi
partiti democratici furono invece sterminati e la stessa sorte toccò
a molti dei loro militanti. I plotoni d’esecuzione lavorarono a
pieno regime per almeno un paio d’anni dopo la fine delle
ostilità, inoltre moltissimi militanti o semplici simpatizzanti dei
partiti che un tempo avevano governato l’Europa e gli Stai Uniti
d’America furono deportati in campi di lavoro e di rieducazione, e
non fecero più ritorno.
Per molti anni continuarono scontri sparodici ed episodi di violenza
e le voci su nuove azioni militari di questa o quella forza sconfitta
durarono molto a lungo, favorite anche dalla assoluta mancanza di
informazioni attendibili.
Comunque nei primi mesi del 2.028 la guerra era ufficialmente
finita. Era durata 7 anni ed aveva mietuto più di 120 milioni di
vite umane. Nei paesi pienamente coinvolti dal conflitto, Europa e
Stati Uniti d’America, la vittoria del partito dell’amore era
stata piena. L’Europa, Russia esclusa, venne divisa in due grandi
paesi fratelli: Centreuropa e Mediterranea, governati rispettivamente
dalla sezione settentrionale e meridionale del partito dell’amore.
La divisione aveva motivazioni tecniche ed organizzative e sarebbe
stata superata in poco tempo, si diceva. Una soluzione simile fu
adottata per gli Stai Uniti d’America che vennero divisi in tre
grandi sottostati governati da branche diverse del partito dell’amore
americano. Naturalmente il conflitto aveva avuto ripercussioni in
tutto il mondo. In Giappone aveva preso il potere il partito degli
antichi samurai, una formazione ultra nazionalista e sciovinista. La
Malesia e le Filippine erano cadute nelle mani del fondamentalismo
islamico. In Cile ed in Argentina avevano preso il potere dei partiti
comunisti simili ma non identici al partito dell’amore, in Brasile
era stata instaurata una feroce dittatura militare. Dove ancora
esisteva una democrazia parlamentare, come in Canada, o in Australia,
questa era la caricatura di sé stessa, un povero regime debole e
sottoposto ad ogni forma di ricatto.
Quando i cannoni cessarono di tuonare nella tarda primavera del 2028
la civiltà occidentale era morta.
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