mercoledì 12 novembre 2014

LA DEA SRAGIONE




Esistono modi di argomentare, di difendere le proprie idee, che sono intrinsecamente sbagliati e finiscono per rovinare le stesse idee, eventualmente rispettabili, in difesa delle quali essi sono usati. Cercherò di esaminare alcuni di questi modi di ragionare perversi.

Molti in quella vasta e frastagliata area che si definisce "sinistra" basano le loro argomentazioni su un procedimento molto semplice: prima si compila un elenco di parole proibite, poi basta accusare qualcuno di fare, volere o perseguire ciò che la parola proibita designa e il gioco è fatto! Quel qualcuno diventa per ciò stesso un essere malvagio. Accanto alle parole proibite che designano qualcosa che è di per se negativo esistono poi le parole buone. Al contrario delle parole proibite esse designano qualcosa che è sempre e comunque positivo; chi fa, vuole o persegue ciò che queste parole virtuose designano è automaticamente buono. Non occorre analizzare un fatto, collocarlo nel suo contesto, vedere quali sono le sue premesse, quali le sue conseguenze, basta che si appiccichi a questo fatto una certa parola, ed esso diventa automaticamente buono o cattivo.
La parola naturale è buona, tutto ciò che è naturale è sempre e comunque buono. Se un evento naturale come lo zunami provoca morti in quantità industriali ciò è dovuto alla "umana follia". Che sia insensato parlare di bontà o cattiveria a proposito di eventi naturali non passa neppure per la mente di certi guru del radicalismo ecologico. La parola profitto invece è negativa. Una certa azienda persegue il profitto? Vuol dire che sfrutta i lavoratori, inquina l’ambiente eccetera. Che alti profitti possano coesistere con salari elevati o che si possano fare profitti anche vendendo depuratori è di nuovo allegramente ignorato dai super critici del sistema. E’ evidente che chi ragiona in questo modo non può discutere pacatamente coi propri interlocutori. Se uno di questi infatti si lascia scappare una parola proibita non occorre esaminare le sue tesi, vedere se sono logicamente coerenti e non contraddette dall’esperienza, basta urlare la propria indignazione.

Gli esponenti della sinistra radicale (ed altri, mi riferisco a loro solo perché sono più numerosi) usano spesso una forma di ragionamento che è più o meno la seguente “Se A fa X è malvagio, se fa non-X è malvagio lo stesso”. Vediamo di esemplificare.
Se i paesi occidentali vendono armi ai paesi del sud del mondo sono malvagi perché fomentano guerre e massacri, se non le vendono sono egualmente malvagi perché vogliono conservare per sé la supremazia militare.
Se i paesi occidentali hanno buoni rapporti con un dittatore sono malvagi perché aiutano chi nega i diritti umani, se cercano di far cadere questo dittatore sono egualmente malvagi perché si intromettono negli affari interni di una paese straniero e rischiano di causare una guerra.
Se il governo stanzia fondi per la scuola è malvagio perché la scuola serve a fornire al padronato mano d’opera qualificata, stanziando quei fondi il governo permette al padronato di risparmiare sulle spese di formazione della forza lavoro. Se non stanzia fondi per la scuola il governo è malvagio perché lascia il popolo nell’ignoranza.
Si potrebbe continuare, riempire pagine e pagine di simili esempi. Chi come me è, purtroppo, non più giovane ed ha vissuto l’esperienza degli anni 70 del secolo scorso sa bene che la fiorente editoria dell’estrema sinistra era traboccante di argomenti simili. Un celeberrimo (allora) documento del "potere studentesco" iniziava con una perentoria affermazione: “La scuola è scuola di classe due volte: perché esclude i proletari e perché diffonde l’ideologia borghese”. Appunto...

Altre argomentazioni dei super critici del “sistema” assumono invece la seguente forma: “Non è vero che A è malvagio perché fa X, è X ad essere malvagio se è fatto da A”. Anche qui vediamo di esemplificare. 
Gli Stati Uniti d’America sono stati spesso accusati di essere imperialisti per essere più volte intervenuti militarmente fuori dai loro confini. Si può ovviamente entrare nel merito di questa accusa ma il punto ora non è questo. Il punto è che gli stessi che accusavano gli Stati Uniti di imperialismo perché intervenivano militarmente fuori dai loro confini hanno usato un metro di giudizio del tutto diverso quando ad intervenire fuori dai propri confini erano altre potenze. L’intervento sovietico in Ungheria del 1956 venne a suo tempo definito dal PCI come un fraterno aiuto prestato dai sovietici al popolo ungherese, posizioni simili vennero espresse a proposito della invasione cinese del Tibet.
Un intervento militare è sempre e comunque un atto imperialista se è effettuato dagli Stati Uniti, diventa qualcosa di diverso se sono altri ad effettuarlo. La morte di un manifestante è intollerabile se a sparare è un poliziotto italiano, assai più tollerabile se avviene in un paese lontano e poco amico degli Stati Uniti come Cuba. Tenere chiusi a Guantanamo dei presunti (in realtà più che presunti) terroristi è un crimine, fucilare un povero diavolo perché cercava di scappare da Cuba non lo è.
Nietzske affermava che non è una nobile causa a giustificare la guerra, è la guerra  a rendere nobile ogni causa. Parafrasandolo si può dire: “l’occidente non è malvagio perché commette azioni malvagie, sono certe azioni a diventare malvagie se commesse dall’occidente”.

Quanto detto nei punti precedenti riguarda la forma di certi discorsi. Occorre ora fare alcune considerazioni su come chi fa certi discorsi si rapporta ai fatti che possono confermarli o smentirli.
Qui l’obiettivo delle persone che ragionano in maniera scorretta, tese solo a prevalere nel confronto dialettico, è quello di immunizzare il più possibile le loro teorie o, più modestamente le loro affermazioni, dalla dura critica delle cose.

Un primo artificio che costoro usano potremmo chiamarlo uso surrettizio del rapporto causa-effetto. Vediamo anche qui di esemplificare.
Nel mondo purtroppo esistono milioni di persone che soffrono la fame e ne esistono altre che, a loro confronto, possono certamente essere definite “ricche”. Un seguace del politicamente corretto a questo punto non ha dubbio alcuno: chi è povero lo è perché altri non lo sono o non lo sono più.  Ma è necessariamente corretto un nesso causale di questo genere? No, ovviamente. In un paese economicamente sviluppato in una giornata di lavoro si produce una quantità di beni enormemente superiore di quanti se ne producono nello stesso tempo in un paese povero. Un ettaro di terreno agricolo negli Stati Uniti ha un rendimento enormemente superiore ad un ettaro di terreno agricolo in Africa. E’ la diversa produttività del lavoro, il diverso rendimento della terra a fare la differenza fra ricchi e poveri. E dietro la diversa produttività stanno il divario tecnologico, lo sviluppo delle conoscenze, la ricerca. Tutto questo significa forse che si devono lasciare al loro destino i paesi poveri? No, ovviamente, significa solo che per aiutarli occorre capire quali sono i loro veri problemi. E non aiuta in questo compito l’idea secondo cui la miseria di alcuni e la, relativa, ricchezza di altri sono automaticamente collegate da un nesso causale. Se e quando questo nesso esiste va eventualmente dimostrato, non può essere presupposto.

Un secondo artificio consiste nell’escludere dalla scena come secondario, accidentale o ininfluente tutto ciò che contrasta con certe teorie o affermazioni. Contemporaneamente tutto ciò che non contrasta con tali teorie viene enfatizzato al massimo.  Esemplifichiamo.
Per molti l’unica causa di conflitti e guerre è l’economia, addirittura l’economia intesa in senso spicciolo, non più le esigenze della riproduzione allargata, o la caduta del saggio di profitto, o la necessità di trovare nuovi sbocchi per evitare crisi di sovra produzione. No, il fatto che in un certo stato abbondi la tal materia prima, che esistano dei contratti commerciali sono con sicumera additati da alcuni come cause “autentiche” delle guerre. Nel paese A c’è una guerra? Ma, in quel paese ci sono ricchezze naturali, quel paese ha stipulato anni fa dei contratti commerciali con i paesi B e C.. ecco le vere cause del conflitto! Facile no? Si… troppo facile. In ogni angolo del pianeta esistono materie prime, ovunque si stipulano contratti commerciali: è un gioco da ragazzi trovare questa o quella motivazione economica in grado di spiegare ogni conflitto ed ogni guerra. Chi vede dietro ad ogni conflitto sempre comunque e solo cause economiche ha sempre ragione, a meno che non gli si chieda come mai in certi paesi, con le loro materie prime ed i loro contratti commerciali, la guerra non ci sia. Ciò che spiega tutto non spiega nulla.
Nello stesso momento in cui si attribuiscono a certi fattori una importanza esorbitante altri, la cui rilevanza è sotto gli occhi di tutti, vengono letteralmente cancellati dalla scena.
La diffusione nel mondo in forme sempre più sanguinarie e fanatiche del fondamentalismo islamista è un fenomeno di enormi dimensioni ed importanza. Riguarda centinaia di milioni di esseri umani, ha un peso enorme sugli equilibri internazionali, nei rapporti fra gli stati, mina nel profondo la possibilità stessa di una civile convivenza fra appartenenti a diverse confessioni. Eppure questo fatto enorme scompare, letteralmente, nelle analisi di molti esponenti della sinistra ideologica. La fanatizzazione di masse rilevanti di esseri umani decade a fattore secondario, accidentale. Importante è l’essenza profonda del divenire storico, ciò che sta in superficie, i volgari fenomeni empirici, sono cose prive di autentica importanza.
Né la rimozione di fatti di enorme rilevanza riguarda solo l’oggi. Si estende al passato, alla storia. Il comunismo è stata una delle più grandi e drammatiche esperienze della storia, ha coinvolto oltre metà della popolazione mondiale, si è esteso sulla maggioranza delle terre emerse ed ha lasciato una scia di cadaveri impressionante. Ma del comunismo oggi non si può parlare ha stabilito qualcuno. Chi ne parla viene subito guardato con aria di compatimento. ”Ecco, uno che parla del comunismo, poverino, non è al passo coi tempi…” Tutti i totalitarismi hanno cercato di eliminare la storia, uno dei loro primi obiettivi è sempre stato quello di distruggere la memoria, si leggano a questo riguardo le bellissime pagine di Orwell in “1984”. Per molti che si definiscono “democratici” “progressisti”, “amanti della libertà” il comunismo non è morto nel 1989, il comunismo non è mai esistito, esattamente come non erano mai esistite le persone che nel romanzo di Orwell venivano “vaporizzate”.

E quando i fatti che smentiscono  certe teorie sono troppo evidenti e soprattutto troppo vicini ed attuali per venire semplicemente ignorati gli occidentali che non amano la loro civiltà hanno subito pronte due formidabili armi retoriche con le quali cercare di neutralizzarli.
La prima può essere definita teoria del complotto. Dietro ai fatti che non ci piacciono c’è l’azione di forze misteriose e potenti. Il terrorismo islamista colpisce ed ammazza? Sotto c’è di certo lo zampino della Cia. Il comunismo è crollato? Mah... di certo il governo degli Stati Uniti ha pescato nel torbido. Non c’è evento importante su cui non corrano voci di complotti e cospirazioni, dall’attentato alle torri gemelle allo sbarco sulla luna, dalla morte di Moro a quella di Lady Daiana.
Naturalmente i complotti esistono, sono sempre esistiti, solo, occorre provarli.  I teorici del complotto però non si danno troppa cura di portare prove credibili a sostegno delle loro fantasie. Le loro tesi non hanno mai convinto la giuria di un tribunale, né una commissione di esperti né la maggioranza dell’opinione pubblica, ma questo non li scoraggia per niente. La magistratura boccia le loro ipotesi? Chissà, forse anche i giudici fanno parte del complotto, esistono molti testimoni che sconfessano le loro tesi? Poco male, quelle persone sono prive di credibilità, sono state comprate dai congiurati. Coloro che vedono complotti ovunque non esitano ad inventarsi nuovi complotti che “spieghino” come mai le loro tesi non riescono ad affermarsi: un complotto sostiene l’altro e così via, potenzialmente all’infinito. E poi che bisogno c’è di prove? Chi organizza complotti è abile e potente, gode di protezioni invincibili, non lascia prove. La mancanza di prove è essa stessa una prova del complotto. La perfida e sapiente attività dei congiurati diventa in questo modo una nuova forma di essenza storica, una sorta di noumeno di nuovo tipo che fonda e spiega il mondo delle apparenze.

La seconda arma polemica può essere sintetizzata in tre parole: “chi li paga?”. Uno scienziato smentisce il catastrofismo di certi ambientalisti? Un economista fa affermazioni che non piacciono ad un no global? Non si esaminano le loro teorie, non si cerca di appurare se sono logicamente coerenti e non contraddette dall’esperienza. No, chi dice cose non gradite lo fa perché pagato da  qualcuno. Si tratta di una persona infida e disonesta che non deve essere confutata ma coperta di ingiurie, distrutta. Questo metodo è molto comodo, permette di non confrontarsi con i propri interlocutori, di non prendere sul serio ciò che dicono. Di nuovo, chi si avvale di simili metodi ha sempre ragione, come ha sempre ragione chi non discute ma prende a pugni (o a revolverate) colui che osa non essere d’accordo con lui.
Chi dice cose che non condividiamo potrebbe anche essere davvero pagato per dirle. Questo non ha nessuna importanza, afferma Popper, sul merito delle teorie che sostiene. Anche se Galileo fosse stato al soldo di oscuri nemici della Chiesa quanto da lui sostenuto nel “dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” non perderebbe un grammo della sua validità scientifica. Che io sappia neppure il tribunale della Santa inquisizione fu così terrorista da usare simili argomenti. Dovevano essere certi “progressisti” dei nostri tempi a farli tornare in auge.
I teorici del complotto e del “chi li paga?” non si rendono conto che le loro tesi sono perfettamente reversibili. Se tutto può essere spiegato con misteriosi complotti chi ci assicura che chi teorizza complotti ovunque non faccia parte di un grande, misterioso complotto che ha il fine di destabilizzare l’occidente? Se chi sostiene cose sgradite lo fa perché qualcuno lo paga chi ci dice che ad essere pagati non siano proprio coloro che accusano gli altri di essere al soldo di qualcuno? Se uno scienziato che contesta il catastrofismo di certi ambientalisti è pagato dalle multinazionali perché un seguace del radicalismo ecologico non potrebbe essere interessato ai milioni di euro di finanziamenti che girano intorno ai programmi ambientalisti? Chi usasse certi argomenti anche come ritorsione sbaglierebbe comunque. Essi, molto semplicemente, non devono essere mai usati da chi ama la ricerca della verità.

Uno dei difetti principali di coloro che usano il tipo di argomenti che sono stati esaminati è il totale vuoto di proposta che caratterizza i loro discorsi, l'impossibilità di trovare in essi ogni accenno ad una modello positivo di società, ogni rimando a qualcosa di esistente, di concretamente realizzato o quanto meno  in via di realizzazione.
Con tutti i suoi errori ed orrori il comunismo reale quanto meno un pregio lo aveva: era, appunto, reale. L’idea comunista si incarnava in “quella cosa lì”, in quello stato, in quegli stati; non era una semplice idea, frutto dei desideri, delle pulsioni o delle fantasie di qualche intellettuale sognatore. Il crollo del comunismo ha messo bruscamente fine a questo stato di cose. Gli ipercritici del sistema "capitalistico" non hanno più un modello da seguire, da additare ad esempio. E non solo non hanno un modello positivo da additare, sono incredibilmente poveri di proposte concrete, di progetti da discutere, criticare, cercare gradualmente di mettere in atto. Quando si tratta di passare dalla protesta alla proposta il super critico del sistema diventa subito straordinariamente elusivo, riesce solo a fare affermazione ultra generiche del tipo: “vogliamo un mondo nuovo, pacifico, senza misera ed oppressione” (e chi non vuole un mondo simile?) oppure proposte minimaliste, a volte condivisibili, altre no, ma sempre del tutto slegate da ogni visione d’insieme della società e dei suoi problemi (risparmiamo energia, usiamo lampadine a basso consumo, coibentiamo le abitazioni).
Questo impressionante vuoto di progetto è assai vantaggioso per il super critico del sistema, ovviamente. Chi non ha esempi da additare, chi non propone niente o quasi non può essere sottoposto ad alcuna critica, si trova nella invidiabile situazione di poter criticare tutto e tutti senza poter mai essere criticato. Ma è proprio questo il suo difetto maggiore, questa la critica principale che gli si può rivolgere! Come mai non hai esempi da additare, proposte da fare, progetti da cercare di realizzare? Esiste un nome che definisce chi critica e non propone, distrugge e non costruisce. Questo nome è nichilista. Il super critico del sistema (sia esso di sinistra o di destra) è un nichilista, ama il negativo ma non il positivo, prova una soddisfazione enorme nel distruggere, nel mettere in ridicolo, nell’additare al pubblico disprezzo, e il costruire non è affar suo. Forse è per questo che il terrorismo omicida non gli incute alcun ribrezzo, non ingenera in lui preoccupazione alcuna. I terroristi che si fanno esplodere al solo fine di distruggere vite umane a casaccio per quanto possano essere lontani dal suo modo di pensare fanno qualcosa che in fondo lo affascina: distruggono, mettono in crisi il quieto vivere dei “borghesucci” occidentali, rovinano la pace di chi si sollazza sulle miserie del mondo, introducono la paura in quella moderna Sodoma che è l’occidente. In questo non esiste alcuna differenza fra nichilisti di destra e nichilisti di sinistra, sempre pronti a darsele di santa ragione ma uniti nel disprezzo verso la civiltà di cui entrambi sono figli degeneri. 
In pressoché tutti i suoi capolavori Dostoewskij traccia memorabili profili di nichilisti , mette a nudo la loro pochezza intellettuale, il vuoto morale che accompagna le loro azioni ed i loro pensieri. Questi personaggi non sono purtroppo solo un ricordo del passato né lo splendido parto di una mente geniale. Il nichilismo può diventare la malattia mortale della nostra civiltà, già oggi corrode in profondità la sua cultura. E la Dea sragione è la sua musa.

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