Dalla critica
ideologica alla esaltazione acritica
Chi è, come chi
scrive, “diversamente giovane” lo ricorda abbastanza bene. Per
almeno un paio di decenni dello scorso secolo la scienza è stata
costantemente sul banco degli imputati. Lo era in realtà da molto
più tempo: la reazione irrazionalistica contro la scienza inizia
col romanticismo e caratterizza, con alcune importanti eccezioni, la
filosofia dell’Europa continentale sino ai giorni nostri. Col
movimento del ‘68 però quella che era una disputa colta,
relativamente lontana dagli interessi delle persone comuni, diventa
movimento di massa. Il valore euristico della ricerca scientifica
viene contestato non in ristrette dispute filosofiche ma in affollate
assemblee studentesche. La scienza non è ricerca del vero ma
espressione teorica della alienazione umana. Il capitalismo riduce
tutto a quantità, numero, rapporto di scambio. La scienza moderna,
la fisica matematica soprattutto, fa la stessa cosa. Costringe la
multicolore realtà del mondo in un universo di freddi numeri,
aliena la natura da se stessa, esattamente come l’economia di
mercato aliena da se stessi gli esseri umani. Tutto è quantità, rapporto di equivalenti. Un mondo a testa in giù
caratterizzato, per dirla con Marx, da rapporti “cosali” fra gli
uomini e rapporti sociali fra cose.
Marx, a dire il vero, aveva
conservato un atteggiamento positivo verso la scienza. Lo sviluppo
delle forze produttive che la applicazione della scienza alla
tecnica rende possibile dovrebbe assicurare alla futura, perfetta,
società comunista la sua indispensabile base materiale. I
contestatori degli anni 70 dello scorso secolo rifiutarono simili
concezioni. La tecnologia e la scienza su cui questa si basa sono un
aspetto del mondo alienato. Dietro agli slogan dei contestatori
stavano le teorizzazioni della scuola di Francoforte e quelle di
colui che di molti francofortesi fu maestro: Martin Heidegger,
che, ironia della sorte, avrebbe aderito al nazismo dal 1933 al
1945. La scienza è alienazione, allontanamento dall’essere,
deiezione, tutto meno che cosa positiva, almeno
potenzialmente liberatoria.
Gran parte degli attacchi
irrazionalistici alla scienza non erano, in realtà, che
mistificazioni o svolazzi retorici. L’accusa di ridurre tutto a
rapporto quantitativo si basa sulla incomprensione della natura
della ricerca scientifica, o sulla confusione fra scienza e
scientismo, che è filosofia, non scienza. A parte il fatto che non
tutte le scienze sono matematizzate come la fisica, non lo è la
medicina, ad esempio, a parte questo “dettaglio”, la scienza
matematica getta sul mondo una griglia di relazioni numeriche che ci
consentono di meglio comprenderlo, senza annullare per questo il
valore, umano prima di tutto, delle qualità sensibili. Il fatto che
il suono sia costituito da onde non riduce la “nona” di
Beethoven ad insieme di formule matematiche esattamente come la
teoria newtoniana dei colori non riduce a corpuscoli
la “gioconda”. Allo stesso modo le relazioni quantitative in
essere sul mercato non danno vita a “rapporti sociali fra cose e
cosali fra uomini”. Dietro alla relazione quantitativa che si
esprime nel prezzo stanno i bisogni degli esseri umani. Se Tizio
scambia due paia di scarpe con un abito non per questo trasforma
abito e scarpe nel numero “due”. Dietro a quel “due”
c’è il grado marginale di utilità che per Tizio hanno scarpe ed
abito, e questo, il grado marginale di utilità, è un fatto
squisitamente umano, riguarda Tizio, i suoi bisogni, la soggettiva
scala di valore che egli attribuisce alle cose.
Alla base
dell’attacco alla scienza stava quindi il rifiuto romantico di
quantità, rigore logico, verifica sperimentale, e stava la pretesa
di cogliere l’essenza ultima della realtà col strumenti che poco
hanno a che vedere con la faticosa, e sempre soggetta ad errore,
ricerca razionale ed empirica. Un’illusione.
Col
passare del tempo questa illusione doveva subire un accentuato
processo di interna involuzione. La scienza smetteva di essere
espressione teorica di un mondo rovesciato per diventare, più
prosaicamente, arma ideologica nelle mani della borghesia, poi, in
un crescendo di banalizzazione propagandistica, strumento di
profitto non tanto della borghesia genericamente intesa quanto delle
grandi case farmaceutiche o dell’industria bellica. Nelle
teorizzazioni di Beppe Grillo e dei suoi poco intelligenti seguaci
gli scienziati diventano i complici di coloro che non esitano a
rovinare ambiente e salute degli esseri umani pur di conseguire
illimitati profitti. La critica alla scienza perdeva ogni dignità
filosofica per diventare propaganda del peggior tipo, se non pura e
semplice sequela di idiozie.
Eppure, paradosso dei paradossi,
le stesse persone che ieri dicevano simili idiozie, o i figli ed i
nipotini teorici di queste, cercano di presentarsi oggi come i più
strenui difensori della scienza. Gli stessi che vedevano fino a poco
tempo fa nel farmacista un potenziale avvelenatore ora si inchinano
di fronte a faraonici comitati tecnico-scientifici. L’oggettività
scientifica, fino a ieri irrisa e negata, si trasforma oggi in
ridicola certezza.
Nulla di male, si potrebbe dire: è lecito
cambiare idea. Certo, è lecito cambiare idea, a condizione che si
sottopongano le idee di ieri ad una critica teorica onesta e senza
reticenze. Esattamente ciò che certi personaggi si guardano bene
dal fare. Fanno invece il contrario. Nel momento stesso in cui
confondono verità scientifica e certezza si prostrano di fronte a
personaggi che con la scienza non hanno nulla a che vedere. La
piccola Greta diventa l’icona di tanti nuovi sedicenti “amici
della scienza”. Dietro all’apparente entusiasmo per la scienza
si nascondono nuove fughe ideologiche. Per cercare di smascherarne
le fallacie val la pena di fare qualche considerazione, ovviamente
di modesta portata, su ciò che realmente è la scienza.
La
scienza non è democratica… ma è libera
Lo
dice spesso e volentieri il professor Roberto Burioni: la scienza
non è democratica.
Non dubito della competenza scientifica del
professor Burioni e non
mi permetterei mai di discutere con lui di argomenti medico
scientifici. La affermazione della non democraticità della scienza non è però essa stessa una affermazione scientifica. I discorsi
sulla scienza, il suo status e lo status delle sue
teorie non sono a loro volta discorsi scientifici. Li può quindi
affrontare anche chi, come
me, ha conoscenze
scientifiche modeste.
La
scienza in effetti non è democratica: non si può che concordare
con quanto dice il professor Burioni. Peccato però che si tratti di una affermazione abbastanza ovvia, quasi
banale. La scienza non è
democratica come non sono democratiche arte e filosofia, tecnologia,
musica e letteratura. La scienza non è democratica per il semplice
motivo che le teorie scientifiche non si mettono ai voti, mai.
Riusciamo ad immaginare una votazione che debba decidere quale fra
la teoria della gravitazione di Newton e quella di Einstein sia
corretta? O se il sistema di Platone sia
da preferire
a quello di Aristotele? O se Mozart sia
meglio o peggio di Beethoven? Le teorie scientifiche si affermano
nelle discussioni razionali e nelle verifiche sperimentali, non
nelle campagne elettorali. Volere
una scienza “democratica” vuol dire non aver capito cosa sia la
scienza e,
parimenti, vuol dire non aver capito cosa sia la democrazia. Nelle
campagne elettorali si
dicono alcune verità e, spesso, molte menzogne, ma
non sono in gioco la verità o la falsità, i torti e
le ragioni. Non è detto che chi vince le elezioni abbia ragione o
che
le sue concezioni
politiche, la sua visione del mondo siano vere. Le elezioni devono
decidere solo chi ha
diritto di governare, per un certo periodo di tempo e secondo
determinate modalità. Obiettivo di grande importanza, certo, ma che
con il vero ed il falso di cui la scienza si occupa non ha
praticamente relazione alcuna.
Eppure,
nuovo paradosso, i tardivi scopritori del valore della scienza,
quelli che
ripetono spesso e
volentieri che questa “non è democratica”, sono gli stessi che
hanno organizzato a suo tempo , e sarebbero pronti ad organizzare
ancora, un bel referendum sul nucleare, che partecipano a marce e
scioperi contro “l’ingiustizia climatica” o a veglie di
preghiera per la
salute del ghiacciaio di Planpincieux. Insomma, la scienza non è
democratica ma si può decidere ai voti se le centrali nucleari
sono sicure o se i problemi ambientali hanno “ingiuste” cause
antropiche…
La
scienza non è democratica, non può esserlo ed è bene che
non lo sia, ma la scienza è libera.
Le verità scientifiche si affermano dentro e grazie alla libera
discussione razionale, priva di veti, proibizioni e censure.
Chiunque ha diritto di elaborare una teoria, anche in netta
contraddizione con altre più affermate e nessuno ha diritto di
impedire
che una simile teoria venga esposta e discussa. Questo non vuol
dire, ovviamente, che tutte le teorie scientifiche o presunte tali
siano sullo stesso piano, non dà a nessuno il diritto di dire: “c’è
libertà di ricerca quindi ciò che dico io, dilettante allo
sbaraglio, ha lo stesso valore di ciò che dici tu, nobel per la
fisica”. Chi elabora una nuova teoria non può difenderla con lo
pseudo argomento secondo
cui, siccome c’è libertà
di ricerca ogni teoria vale quanto le altre. Deve al contrario
portare a sostegno della sua teoria argomentazioni razionali e
verifiche sperimentali. Allo stesso modo però chi difende una
teoria vecchia ed affermata non può limitarsi a dire: “la mia
teoria è vecchia di anni ed ha alle spalle l’approvazione di fior
di scienziati, quindi è giusta”. No, chi
difende da
nuove contestazioni una
teoria già affermata deve
usare argomenti
razionali e, se occorre,
nuove verifiche sperimentali per
neutralizzarle. Nella
scienza il principio di autorità ha la sua importanza ovviamente:
non a caso, ad esempio, è
vietato l’esercizio abusivo la professione medica,
ma non è mai il criterio decisivo
per valutare la validità di ipotesi e teorie.
Nella scienza non tutto è sullo stesso piano, ma non è l’autorità
a stabilire cosa, in ultima istanza, sia accettabile e cosa no.
L’ultima
parola spetta sempre,
per dirla con Galileo, alle
“sensate esperienze ed ai
corretti ragionamenti”. Né
anarchia né dogmatismo quindi, solo libera discussione
razionale.
Il
principio di autorità, val
la pena di ripeterlo, è
importante ma non decisivo
nella scienza, una teoria non può essere difesa esclusivamente
con l’argomento che la comunità scientifica la accetta. Questo
però avviene oggi con la teoria del riscaldamento globale di origine antropica. La
totalità degli scienziati è d’accordo con questa teoria, affermano spesso molti.
Questo argomento però non è corretto. In primo
luogo non è vero che tutta o quasi la comunità scientifica accetti
la teoria del riscaldamento globale. Praticamente tutti gli
scienziati concordano sul fatto che le attività umane
hanno, o possono avere, conseguenze negative sull’ambiente, ma
questo non vuol dire che concordino con la teoria del riscaldamento
globale. L’inquinamento è cosa grave indipendentemente dal fatto
che provochi un aumento insostenibile delle temperature. Molti scienziati, per
l’Italia valgano i nomi di Zicchicci e Rubbia, non sono affatto
d’accordo con i teorici del riscaldamento globale, ma le loro
obiezioni non sono quasi mai propagandate dai media. In occasione di
un vertice ONU sul clima 500 scienziati hanno inviato una lettera
in cui mettevano in guardia dai pericoli del catastrofismo
climatico, ma i media non hanno dedicato loro una parola. Inoltre, anche
fra i favorevoli alle teorie del riscaldamento globale antropico le posizioni
non sono affatto univoche. Quasi nessuno scienziato condivide ad
esempio l’ isterismo climatico della piccola Greta, di fronte a
cui si prostrano invece
i politici; molti ammettono che le attività umane hanno effetti
negativi sul clima ma si dividono sulla quantificazione degli
stessi. Il quadro insomma è assai più complesso di quanto si
cerchi di fare apparire.
Indipendentemente da tutto questo il
fatto che la comunità scientifica accetti o meno una teoria non
costituisce, in se, una dimostrazione della sua
correttezza. Quando Galileo scrisse il “dialogo sopra i
due massimi sistemi del mondo”
la maggior parte della comunità scientifica di allora accettava la
fisica aristotelica ed il sistema tolemaico. Alcuni, come il grande
astronomo danese Tycho
Brahe cercavano un compromesso fra geocentrismo ed eliocentrismo,
altri, come l’accusatore di Galileo, il cardinale Bellarmino,
erano disposti ad accettare l’eliocentrismo solo quale utile
espediente per far quadrare i calcoli. Non erano affatto persone
rozze ed ignoranti: si trattava di fior di intellettuali amanti
della scienza e della filosofia. Erano loro
la comunità scientifica. Ma avevano torto.
Scienza
e misticismo ecologico
Possiamo
provare, tenendo conto di quanto sinora si è detto, a riassumere in
maniera ultra telegrafica quelle che devono essere le
caratteristiche basilari di una teoria scientifica.
Per essere
considerata scientifica una teoria deve:
1) Essere
logicamente coerente, non
deve cioè contenere contraddizioni.
2) Essere empiricamente
controllabile.
3) Fare
previsioni che la possano confermare o falsificare. Una
teoria scientifica deve dire quali fenomeni devono verificarsi e
quali no se essa è vera. Una teoria che risulti vera
qualsiasi cosa accada non è scientifica.
4)
Essere
relativamente semplice. Deve cioè spiegare il maggior numero
possibile di fenomeni partendo dal minor numero possibile di
presupposti.
La
scienza, questo è il senso di quanto appena detto,
non arriva mai a conclusioni assolutamente certe. Le verità
scientifiche sono tali sino a prova contraria.
Nuovi
dati empirici, razionalmente discussi ed esaminati, possono mettere
in crisi teorie apparentemente “a prova di bomba” o riabilitarne
altre che sembravano irrimediabilmente obsolete. La
scienza ha a che fare col dato,
qualcosa che sta oltre il pensiero e con cui il pensiero deve
misurarsi. E ciò che è
dato può contraddire qualsiasi raffinatissima costruzione teorica.
Se la cosa dispiace a qualcuno non possiamo che dolerci del suo
dispiacere.
Val
la pena, penso, di usare i 4 punti telegraficamente sopra esposti
per valutare la scientificità di alcune
mode dei nostri giorni. Tengo a sottolineare la parola mode.
Non intendo negare la
validità delle problematiche ambientaliste. Nessuna persona
ragionevole può essere contraria alla difesa di un bene prezioso
come l’ambiente, ciò che è inaccettabile è il misticismo
ecologico, cioè
la degenerazione ideologica
del sano ambientalismo.
Ed ancora, parlando
di
misticismo ecologico non intendo riferirmi alle argomentazioni che
gli scienziati fanno sulle
problematiche ambientali,
ma al modo in cui queste
vengono propagandate dai media. Non
si tratta un lavoro inutile o di una polemica contro avversari
“facili”: il tema principe
del misticismo ecologico, quello
dei mutamenti climatici di
origine antropica, è oggi
al centro di una propaganda martellante e su di esso si giocano
fondamentali battaglie economiche e politiche. Vedere se il modo in
cui questo tema viene presentato alla pubblica opinione ha un
qualche legame con la scienza non è perciò una perdita di tempo,
al contrario.
Veniamo
al punto uno.
E’
assai difficile trovare contraddizioni nelle varie teorie del
riscaldamento globale per il semplice motivo che tali teorie, quando
vengono presentate alla pubblica opinione, non vengono mai
formulate in termini scientificamente rigorosi. Non esiste una legge
del riscaldamento globale formulata come la legge di Galileo sulla
caduta dei gravi o quella della gravitazione di Newton. Non esistono
contraddizioni, o per lo meno io non ne conosco, nelle formulazioni
scientifiche relative al riscaldamento globale di origine antropica,
ma ne esistono molte nel modo in cui questo viene presentato alla
pubblica opinione. Faccio
solo un esempio. “Siamo sull’orlo del baratro”, si sente
strillare di continuo dai teleschermi. La piccola Greta, sommersa
dagli applausi dei politici, ci ha detto che stiamo ormai
precipitando nell’abisso. La casa brucia, siamo rovinati. Questo
il senso di tanti, continui appelli catastrofistici. E poi, dopo gli
strilli, l’indicazione della cura: “dobbiamo a azzerare le
emissioni di CO2
in meno di 10 anni”. Che bello! Che sublime coerenza!
Se
viaggio in auto a 100 chilometri orari e mi trovo a dieci metri da
un burrone, posso dire che eviterò il pericolo fermandomi fra 100
metri? O riducendo la velocità da 100 a 40 chilometri orari? No
ovviamente, eppure proprio questo affermano i seguaci della piccola
Greta (e si tratta di leader di partito, capi di stato). Se davvero
siamo ad un centimetro dall’abisso dobbiamo azzerare le emissioni
subito, dall’oggi al domani,
ogni altra soluzione è del tutto inutile! Anzi, se davvero stessero
così le cose nulla, ma proprio nulla ci
salverebbe: anche se azzerassimo le emissioni dall’oggi al domani
basterebbe l’attività vulcanica a rovinarci. E non pare che la
piccola Greta sia in grado di bloccarla...
La
coerenza logica manca del tutto in tante idiozie
catastrofiste.
Passiamo
ai punti due e tre.
La
teoria del riscaldamento globale di origine antropica è
sottoposta a numerose verifiche empiriche. I media non fanno altro
che portare all’attenzione del grande pubblico fenomeni che
confermano, tutti, tale teoria. Ma… che
validità hanno queste “conferme”? Decisamente poca. Il trucco
sta nel presentare come “conferma” della, o delle, teorie del
riscaldamento globale antropico fenomeni che sono sempre esistiti e
che vengono oggi, tutti, attribuiti a tale riscaldamento. Da
sempre esistono uragani, siccità, alluvioni,
oggi tutti questi fenomeni vengono invariabilmente attribuiti dai
media al “riscaldamento globale”. I più accorti ricordano al
popolo bue che il riscaldamento sarebbe non tanto la causa di questi
fenomeni quanto di una loro intensificazione geometrica, ma le cifre portate
dai media
a sostegno di tali ipotesi sono quanto meno assai discutibili. Ad esempio,
è scorretto parlare di intensificazione di fenomeni estremi come
gli uragani facendo riferimento all’ammontare delle distruzioni
che questi arrecano alle popolazioni. Un uragano che colpisce oggi
zone densamente popolate è più distruttivo di uno che colpiva ieri
zone semi desertiche... se nessuno nascesse nessuno morirebbe…
La
conseguenza di tanta superficialità è che le varie teorie del
riscaldamento globale antropico hanno la curiosa caratteristica di
esser vere qualsiasi cosa accada. La
teoria del riscaldamento
globale antropico è confermata dalle alluvioni come dalla siccità,
dal
gran caldo come dal freddo gelido. In questo modo decade a mera
tautologia: esattamente ciò che Popper, e non solo lui ritenevano
inaccettabile in una teoria scientifica.
Non a caso i teorici del riscaldamento globale antropico
sono piuttosto restii a fare previsioni precise, empiricamente
controllabili. Prevedono come saranno le temperature fra un secolo
ma non fra sei mesi. E quando le fanno, le previsioni, quasi mai c'è qualcuno che si
preoccupa di verificarne l’esattezza, e se, raramente, la verifica c’è, ed
è negativa, nessuno si permette di dire che la teoria forse
andrebbe rivista. La piccola Greta ha stabilito anno, mese, giorno
ed ora della fine del mondo, ma dubito che fra otto, nove anni (mi
scuso, non ricordo la data precisa della nostra fine) qualcuno si
darà la pena di verificare la correttezza della sua profezia.
Beppe Grillo un po’ di anni fa aveva predetto che il livello
degli oceani si sarebbe alzato di una decina di metri in seguito
allo scioglimento dei ghiacci artici. Lo sa questo buffone che i
ghiacci artici sono in larga misura marini e che lo scioglimento dei
ghiacci marini non provoca aumento alcuno del livello del mare?
Lasciamo perdere… in ogni caso nessuno gli ha rinfacciato il fatto
empiricamente controllabile da tutti che un simile disastroso
aumento non c’è stato e che Venezia, data per spacciata dal
comico, è ancora al suo posto.
Parlando di cose serie, il club
di Roma, una associazione
di scienziati, gente seria, non dei Grillo e delle Greta qualsiasi,
pubblicò nel 1972 il libro “i limiti dello sviluppo”.
In quest’opera si prevedeva che entro il 2000 si sarebbero
esaurite tutte le principali materie prime del pianeta, a cominciare
dal petrolio. Non sembra che la previsione, formulata stavolta in
termini scientificamente seri, sia stata confermata. Qualsiasi
teoria scientifica che si fosse vista contraddetta in maniera tanto
clamorosa dai fatti sarebbe stata quanto meno riesaminata, corretta.
Non so se gli scienziati abbiano fatto qualcosa di simile a
proposito della teoria del riscaldamento antropico, di certo i media
nulla hanno detto in proposito. Tutti hanno continuato a parlare
della fine del mondo prossima ventura come se niente fosse.
Il riscaldamento globale antropico è un dato che si deve accettare,
qualsiasi cosa accada, quale che sia l’esito di verifiche e
controlli. Un “dato” simile
in realtà non è un dato,
è una proclamazione
di fede, un dogma.
L’esatto contrario delle scienza.
Per
concludere passiamo al punto 4.
E’
bene che una teoria scientifica sia relativamente semplice, spieghi
cioè il maggior numero possibile di fenomeni partendo dal minor
numero possibile di presupposti. Rispettano le varie teorie del
riscaldamento antropico un simile requisito? NO.
Queste
teorie in effetti cercano di spiegare un numero enorme di fenomeni
climatici partendo da un unico presupposto: quello del riscaldamento
globale antropico.
Però, per ottenere questa spiegazione sono costrette ad aumentare a
dismisura le ipotesi di partenza. Cerco di spiegarmi con
un esempio. Il
riscaldamento globale, lo dice lo stesso nome, dovrebbe portare
ovunque un gran caldo. Però, spesso e volentieri ci sono zone del
mondo oppresse non dal caldo equatoriale ma dal gelo polare. Anche
il gelo però
è spiegabile con il riscaldamento globale ci
ammoniscono dai teleschermi valenti giornalisti.
Come? Semplice: i ghiacci si sciolgono, questo provoca negli oceani
un aumento delle correnti fredde, queste a
loro volta fanno deviare le
correnti calde e da tutto ciò deriva in
certe zone del mondo un
gran freddo. Altro che semplicità! L’ipotesi di partenza si “arricchisce” di sempre nuove
ipotesi supplementari senza
naturalmente che queste
vengano accompagnate dallo
straccio di una previsione, per
lo meno, senza che lo straccio di una previsione sia comunicato al
popolo bue, oggetto di una propaganda martellante. Nessuno
ci viene a dire, prima,
che la corrente del golfo sarà deviata da correnti fredde di
origine artica e questo porterà in Europa un gran freddo nella
prossima estate. Al
massimo qualcuno ci ammonisce di non confondere il clima con il
meteo, come se non fossero proprio i seguaci della piccola Greta a
trasformare ogni evento meteorologico in una “prova” della
prossima fine del mondo. Soprattutto, senza chiarire dove finisce
il meteo e comincia il clima, senza fare previsione alcuna,
climatica, non meteorologica, su
come sarà il clima non fra un secolo ma fra un anno.
Ricordava
sempre Popper che la scienza deve fare un uso oculato delle ipotesi
ad hoc, quelle che possono
salvare una teoria dalla falsificazione empirica.
I teorici del
riscaldamento di origine antropica ne fanno invece un uso smodato.
Basterebbe questo per dubitare dello status scientifico di molte
loro affermazioni.
La
attendibilità scientifica di varie teorizzazioni sul riscaldamento
globale antropico può essere facilmente verificata confrontandole
con l’atteggiamento della comunità scientifica riguardo ai
vaccini.
La validità dei vaccini ha ricevuto innumerevoli
conferme empiriche. I vaccini hanno contribuito in maniera decisiva
a debellare malattie che fino a ieri
mietevano vittime a
milioni. Gli effetti collaterali , quasi sempre previsti, sono stati
contenuti, quelli davvero gravi rappresentano percentuali
statistiche minime. Soprattutto, chi ha scoperto vaccini di vario
tipo non ha mai presentato le sue teorie sugli stessi in maniera
tale da immunizzarle dalle verifiche empiriche. Nessun
vaccino è valido qualsiasi cosa accada, se non è efficace viene
semplicemente ritirato dalla circolazione. Non occorre fare troppe
elucubrazioni per capire che tutto questo non
avviene con le teorie del riscaldamento globale antropico. Se la
previsione del valore
terapeutico di un qualsiasi
vaccino avesse ricevuto smentite empiriche anche lontanamente
paragonabili a quelle subite dalle previsioni del club di Roma lo
scopritore sarebbe stato radiato dall’ordine dei medici. E tanto
basta, direi.
Transizione? E di che
tipo?
Vorrei fare
una precisazione, per non essere frainteso. Considero di vitale
importanza la difesa dell’ambiente e sono sinceramente convinto
della importanza delle tematiche ecologiche. Non credo, come i
mistici ecologici sembrano credere, che esista una sorta di armonia
prestabilita fra uomo e natura, un paradiso perduto che
basta ritrovare per vivere felici. L’uomo non può essere semplice
componete di qualche ecosistema, deve modificare l’ambiente
circostante anche solo per sopravvivere, questa è la sua
natura. Ma le modifiche che
l’uomo apporta all’ambiente sono sempre, almeno potenzialmente,
gravide di pericoli. Dobbiamo
modificare l’ambiente,
ma questa modifica si
rivela spesso un’arma a doppio taglio.
Abbiamo bisogno di case,
auto ed aerei, ma anche di aria pulita e mare limpido. Queste
diverse esigenze non sono destinate ad armonizzarsi automaticamente,
spetta a noi, alla nostra intelligenza operare per armonizzarle, non
una volta per tutte, ma di volta in volta,
con sano realismo pragmatico.
La difesa dell’ambiente
può anche essere una ottima occasione di sviluppo economico.
Costruire termovalorizzatori
e rigasificatori, provvedere alla raccolta differenziata dei rifiuti
ed la loro smaltimento il meno inquinante possibile, mettere in
sicurezza il territorio non
solo preserva l’ambiente ma favorisce occupazione e sviluppo, con
buona pace dei teorici della decrescita felice. Non dobbiamo però
commettere l’errore di credere che se intorno a tematiche
ambientali si sviluppa un notevole giro d’affari queste tematiche
sono
necessariamente corrette. Il
fatto che la produzione e la vendita di una certa merce
costituiscano un buon affare dice poco o nulla sulla qualità o
sulla bontà delle merce stessa. Quando si entra in una libreria si
notano sugli scaffali principali molti libri spazzatura.
Probabilmente è grazie a questi che editori e, a volte, librai
conseguono degli utili, ma sempre di libri spazzatura si tratta. I
pannelli fotovoltaici rappresentano oggi un buon affare, ma questo
non dimostra che siano davvero utili per produrre energia, meno che
mai che possano sostituire in misura significativa altre forme di produzione energetica.
Questo è ancora più vero se si pensa che i pannelli sono
convenienti anche e
soprattutto grazie ad
incentivi statali pagati anche da chi non li compra. Se tutti
munissero le loro case di
pannelli solari la loro pretesa convenienza verrebbe meno...
Nel
mondo la quasi totalità dell’energia è prodotta con petrolio,
carbone e
nucleare. Il peso delle cosiddette “rinnovabili” è puramente
residuale . Questi sono
i dati che contano per valutare se abbiano o meno ragione coloro che
sostengono certe non meglio
definite “transizioni
ecologiche”. Anche dando
per scontato che le
politiche di “transizione ecologica” incrementino,
per un certo periodo di tempo, determinate aree di business
non è da questo che va
giudicata la loro convenienza economica. L’economicità di certe
scelte produttive si misura in ultima istanza non
coi temporanei profitti monetari che permettono di conseguire ma con
la loro capacità di produrre beni e servizi, quindi di incrementare stabilmente il PIL. Se
si decide di produrre energia con il solare occorre vedere quanta, e
di che qualità, energia si produce con una simile tecnologia. Se
l’energia prodotta è scarsa e di cattiva qualità i profitti
inizialmente conseguiti si riveleranno puramente nominali, una mera
illusione monetaria.
Le
rivoluzioni economiche ed industriali sono state finora la conseguenza di innovazioni
tecnologiche, scoperte geografiche, scoperta di nuove fonti di
energia o della composizione di questi tre fattori. La
“transizione ecologica” di cui oggi parlano in tanti sembra
invece essere, insieme, la conseguenza di una deriva ideologica,
delle aspirazioni mondialiste di enormi gruppi multinazionali e del
tentativo di alcuni stati, la Cina in primo luogo, di assurgere al
rango di incontrastate super potenze mondiali. Tutte cose che, come si vede, hanno
poco a che vedere con la tutela dell’ambiente e con uno sviluppo
economico insieme sostenuto ed attento alle ricadute ecologiche.
A
differenza di precedenti rivoluzioni industriali la attuale
“transizione ecologica” contrasta inoltre con lo sviluppo
tecnologico, non a caso i suoi più convinti sostenitori sono i
teorici della “decrescita felice”, i figli ed i nipotini di
coloro che una trentina di anni fa bollavano scienza e tecnologia
come “strumenti del potere borghese” e che oggi, superata la
vulgata marxista, le
definiscono risultato di una insana “volontà di potenza”
dell’uomo.
I seguaci di Beppe Grillo quelli che hanno fatto
della “transazione ecologica” la loro bandiera, sono contrari
alle acciaierie, all’alta velocità, ai termovalorizzatori ed ai
rigasificatori, alle auto ed alle autostrade, contrastano tutte le
opere pubbliche, dai ponti alle tratte ferroviarie. Sono coloro che
tengono bloccati da decenni i lavori della TAV e da anni quelli del
terzo valico. Soprattutto, sono contrari alla plastica, al nucleare,
al carbone ed al petrolio. Basta guardarsi intorno per rendersi
conto
di quanto simili programmi siano demenziali. Si elimini dal mondo la
plastica e tutte le economie collassano nel giro di pochi mesi,
forse poche settimane. Si cerchi di produrre con le sole
“rinnovabili” non dico tutta, ma una porzione significativa
dell’energia di cui abbiamo bisogno ed il mondo piomba nella più
assoluta povertà e nel caos,
con centinaia di milioni di
disoccupati e, probabilmente, nuove guerre.
Non
solo, simili demenziali proposte sono anche profondamente
antiecologiche. Per produrre quantità appena discrete di energia
con eolico e solare occorrerebbe riempire di pale e pannelli aree
sterminate, con conseguenze disastrose su ambiente, fauna e flora
selvatiche, e ci sarebbe sempre il problema enorme dello smaltimento
di questi “ecologici” strumenti di produzione di energia una
volta giunti al termine del loro ciclo produttivo. Non a caso la
proposta vera dei
mistici dell’ecologia è la drastica riduzione dei consumi: meno
consumi, meno produzione, meno energia: il ritorno al “buon tempo
antico”, quando la vita media non superava i 30, al massimo i 40 anni e gran parte
della energia di cui comunque si aveva bisogno era costituita dalla forza muscolare animale e umana. L’epoca in cui esistevano lo
schiavismo e la servitù della gleba. Una meraviglia!
Qualcuno
potrebbe obbiettare
che queste sono solo farneticazioni di pochi fanatici, ma, a parte
il fatto che questi fanatici oggi governano l’Italia, non solo di
loro si tratta. La piccola
Greta fa
proposte ancora più
radicali di quelle di
Grillo e di fronte a lei si
prosternano fior di uomini di stato. L’obiettivo dell’azzeramento
delle emissioni di CO2 in meno di 10 anni non è del solo Grillo ma
anche dei principali Leader del PD e della UE. Nella sua enciclica
“Laudato si”
Bergoglio ha fatto discorsi del tutto simili. Insomma, non vorrei
essere troppo pessimista, ma non siamo di fronte a poche
farneticazioni ma ad una ideologia molto diffusa, intrecciata con
interessi economici e politici molto potenti.
Il
misticismo ecologico è una
pericolosissima forma di nichilismo, particolarmente insidiosa
perché riguarda tematiche che non possono non interessare ogni
persona ragionevole. E che spesso inibiscono alle persone
ragionevoli la capacità di sottoporre a critica severa le idiozie.
Perché sotto sotto hanno paura, le persone ragionevoli, di apparire
contrarie
ad una giusta causa come quella delle difesa ambientale.
Occorre
invece superare ogni timidezza. Il nichilismo antiscientifico va
combattuto, senza se e senza ma, anche se riveste i panni
rassicuranti dell’amico della scienza, e si fa bello con amorevoli
richiami a vette immacolate e mari cristallini.
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