domenica 15 maggio 2016

GAIA, LA GRANDE MADRE



L'ideologia “antispecista” sposta verso il basso la linea di demarcazione che separa nella natura chi è soggetto etico da chi non lo è. Rompe in questo modo una tradizione che parte da Platone ed Aristotele per arrivare sino ai giorni nostri ed attraversa trasversalmente un po' tutte le correnti del pensiero occidentale. Un simile spostamento verso il basso ridimensiona drasticamente il valore di tutto ciò che è umano, elimina quella che Aristotele chiamava “differenza specifica” per diluirla in una somiglianza generica fra l'uomo e tutte le altre creature senzienti. Ad essere svalutati non sono solo il pensiero e la libertà, ammesso che questa esista. Tutto ciò, ed è molto, che nel sentire è umano viene ad essere ridotto a fattore secondario, comunque non in grado di fondare alcun tipo di differenza di status. Il pensiero si riduce al sistema nervoso, ed il sistema nervoso umano viene assimilato, più o meno, a quello animale. Gli “antispecisti” possono essere tali solo perché sono uomini, ma la loro stessa dottrina li porta inesorabilmente a distruggere il valore della loro appartenenza al genere umano.

L'allargamento dei confini dell'etica tentato dagli “antispecisti” si rivela però, ben presto, insufficiente.
Innanzitutto è davvero molto difficile svalutare in maniera tanto radicale il peso della ragione e del pensiero. Alla fin dei conti è proprio grazie alla ragione ed al pensiero che è possibile teorizzare l'eguaglianza di status fra uomini ed animali. Gli antispecisti non si limitano così a sostituire la sensazione al pensiero quale confine dell'etica, cercano di rafforzare questa sostituzione con altri argomenti, non troppo in linea con la loro impostazione fondamentale.
Bentham e Singer non si limitano, ad esempio, a sottolineare la comune capacità di sentire che accomuna uomini ed animali. Affermano che molti animali hanno un livello di coscienza e di intelligenza superiore a quello di molte categorie di umani. Un primate adulto è sicuramente più cosciente ed intelligente di un neonato umano o anche di un bambino di sei mesi. Un cane è in grado di fare molte cose che un portatore di handicap non è in grado di fare. Alcuni si improvvisano scienziati e sottolineano la comunanza di patrimonio genetico fra uomini e primati superiori. Dopo aver cacciato coscienza e pensiero dalla porta questi signori li fanno rientrare dalla finestra e, concedendo molto al detestato antropocentrismo, cercano di fondare l'eguaglianza di status fra uomini ed animali precisamente su quelle caratteristiche di cui avevano contestato la validità.
Ma i loro tentativi sono fallimentari. Il fatto che due enti abbiano in comune gran parte del loro patrimonio genetico non dice assolutamente nulla sulla loro identità di status. Ad essere decisiva è sempre la
differenza specifica, il poco che essi non hanno in comune. La terra è composta in larga misura dagli stessi minerali di cui è composto marte, i due pianeti sono sottoposti alle stesse leggi fisiche, ruotano entrambi attorno al sole, hanno molti elementi chimici in comune. Si tratta di pianeti simili, è vero, ma sulla terra esistono l'acqua, l'aria e quindi la vita, cose che su marte oggi non ci sono o ci sono in quantità minimali ed embrionali. Questo fa della terra qualcosa di radicalmente diverso da marte.
Quanto alle altre argomentazioni, in parte sono la riproposizione della concezione funzionalista della persona secondo cui non è importante l'appartenenza di un ente ad una certa specie, ma la qualità della vita che questi attualmente vive: un cane adulto è più intelligente di un umano neonato, "quindi" il cane ha gli stessi, se non più diritti del neonato.
Semplice vero? No, per niente! E' vero che un cane è più intelligente di un neonato ma è assurdo considerare gli enti solo nel loro stato attuale, senza alcuna considerazione sulle loro potenzialità intrinseche. Un ente conta non solo per ciò che é, ma anche per ciò che sarà, o è stato, o avrebbe potuto essere.  Un boa od uno squalo appena nati sono molto più attivi ed autonomi dei neonati di cane e gatto, li si può definire più “intelligenti” di loro. Eppure tutti considerano cani e gatti animali superiori, o meno primitivi, di squali e boa. E' tipico degli animali più primitivi un livello di autonomia immediato che gli animali superiori non possiedono. Ad essere decisive sono le potenzialità di crescita e miglioramento. Lo squalo nasce praticamente perfetto, ma resta per tutta la vita uguale a come e nato, dimensioni a parte. Alla nascita l'uomo è un essere del tutto dipendente da altri, muore in poco tempo se non viene curato ed assistito, però ha incredibili potenzialità di arricchimento fisico e spirituale. Ignorarle è semplicemente stupido.
Un'altra parte di queste argomentazioni è invece più seria: si tratta dell'esame dei famosi “casi di confine” cui si è interessato anche un pensatore importante come Robert Nozick. In effetti è vero, un primate adulto è più intelligente di molti umani portatori di handicap e, per ciò che possiamo saperne, molti portatori di hamdicap non hanno, purtroppo, possibilità alcuna di miglioramento. Perché allora escludere il primo ed includere i secondi nella sfera dell'etica?
L'argomento dei casi di confine è interessante ma sostanzialmente fallace. E' vero, i confini fra specie umana e specie animali sono spesso confusi, a volte è difficile disegnare linee di demarcazione chiare e nette, ma si possono fare le stesse considerazioni per i confini fra mondo animale e mondo vegetale, e per quelli fra esseri viventi ed enti non viventi. Cozze, vongole, coralli sono considerati animali, ma esistono vegetali che hanno capacità assai superiori alle loro. E' più attiva una pianta carnivora o una cozza? Si muove di più un rampicante od un corallo? Un grande abete che espande in tutte le direzioni le sue radici ha una attività minore a quella di un lombrico? Ed ancora, muschi e licheni non si confondono a volte con le rocce cui sono legati? Chi non sia uno scienziato è davvero in grado di distinguere certe forme di vita vegetale dalla materia non vivente? I casi incerti sono assai più numerosi nei confini fra mondi animale, vegetale e minerale che non fra mondo umano e mondo animale. Nel caso dei rapporti uomo - animale si può almeno dire che i casi dubbi riguardano i
singoli e non le specie e che spesso simili casi derivano da eventi traumatici. Un portatore di handicap può avere fratelli e sorelle assolutamente normali, diversissimi dai primati più intelligenti. Ogni corallo invece è assai simile ad una pianta. Se l'argomento dei casi di confine dovesse spingerci ad unificare lo status etico ed ontologico di uomini ed animali la conclusione logica sarebbe l'unificazione di status etico ed ontologico di tutta la natura. TUTTI, ma proprio tutti saremmo soggetti etici e giuridici, dall'uomo al gorilla, dal gorilla al corallo, dal corallo al muschio, dal muschio alla vetta ghiacciata del monte Bianco.

Questa è la scelta che hanno fatto molti “antispecisti”, o che è comunque implicata dalle loro teorizzazioni. Il radicalismo animalista e l'”antispecismo” sono parte del più generale radicalismo ecologico. Nelle teorizzazioni dei mistici dell'ecologia la natura è una sorta di divinità, o un grande organismo vivente. Il radicalismo animalista cerca di introdurre gli animali nel mondo umano lasciando il resto della natura così come tradizionalmente questa viene vista in occidente. Ma si tratta di un tentativo destinato a fallire. Non si può seriamente equiparare l'uomo al toporagno e pretendere che tutto il resto rimanga immutato. La concezione scientifica della natura non può piacere a chi non sa cogliere la differenza di status fra uomini e toporagni, ed infatti quella concezione vene abbandonata, e sostituita dal mito.

Nella sua prima formulazione l'ipotesi Gaia, che altro non è che il nome del pianeta vivente (derivato da quello dell'omonima divinità femminile greca, nota anche col nome di Gea), si basa sull'assunto che gli oceani, i mari, l'atmosfera, la crosta terrestre e tutte le altre componenti geofisiche del pianeta terra si mantengano in condizioni idonee alla presenza della vita proprio grazie al comportamento e all'azione degli organismi viventi, vegetali e animali. Ad esempio la temperatura, lo stato d'ossidazione, l'acidità, la salinità e altri parametri chimico-fisici fondamentali per la presenza della vita sulla terra presentano valori costanti. Questa omeostasi è l'effetto dei processi di feedback attivo svolto in maniera autonoma e inconsapevole dal biota. Inoltre tutte queste variabili non mantengono un equilibrio costante nel tempo ma evolvono in sincronia con il biota. Quindi i fenomeni evoluzionistici non riguardano solo gli organismi o l'ambiente naturale ma l'intera Gaia.” (1)
Questa la definizione che Wikipedia dà della celebre “ipotesi Gaia” elaborata dal chimico inglese James Lovelock e diventata una sorta di dogma del misticismo ecologico. Quella che viene proposta, celata da un linguaggio apparentemente scientifico, è la vecchia concezione organicista della natura. La terra, ma forse anche l'intero universo, sarebbe un tutto organico in cui ogni parte è finalizzata al perpetuarsi del tutto. Così come cuore, reni e polmoni servono alla vita dell'organismo di cui sono parti, atmosfera e mari, piante, animali ed uomo servono alla vita del pianete vivente, Gaia. Ogni ente ha una funzione, ed un valore, solo nel suo rapporto col tutto armonico in cui è inserito.
Una ipotesi simile ha il grosso vantaggio di apparire a prima vista plausibile per il semplice motivo che si presta ad interpretazioni deboli abbastanza ragionevoli. Che ogni ente abbia un qualche rapporto con tutti gli altri è quasi una ovvietà. Non è invece affatto ovvio, né ragionevole, pensare che ogni ente abbia rapporti organici con gli altri, sia cioè finalizzato alla vita del tutto, né che il tutto agisca per conservare i singoli enti che lo compongono. Che poi tutti gli enti siano “viventi” e che sia “vivente” la terra è solo una ipotesi mitologica priva di ogni valore scientifico.
Per essere più chiari, io posso dire di essere in rapporto con tutti gli esseri umani presenti sul pianeta. Forse in Cina esiste un uomo chiamato Ping col quale io ho certamente dei rapporti spaziali e con cui sono comunque nel rapporto di non conoscenza. Però, che Ping esista o non esista, o che sia esistito fino ieri e sia passato oggi a miglior vita non determina alcun evento della mia vita, quanto meno, di nessun evento della mia vita posso dire che sia stato determinato dal fatto che Ping esista davvero, o sia esistito, o non sia mai esistito. Se si fanno ipotesi fantasiose sui mille fili che ci legherebbero tutti senza riuscire poi a stabilire il modo in cui questi agiscono e gli eventi che determinano, si può facilmente dimostrare tutto ed il contrario di tutto.
Considerazioni analoghe si possono fare sulla pretesa di considerare “viventi” tutti gli enti. Certo, posso dire che un monte “vive” una vita “diversa” dalla nostra, ma in questo modo il termine “vita” perde ogni significato determinato. Se “vive” il fiume Nilo allora, forse, “vivono” anche Giulio Cesare e Napoleone, e ad essere “non viventi” sono coloro che oggi passeggiano allegramente per strada.
Infine, che “ossidazione, acidità, salinità” dipendano dal “biota” è una ipotesi talmente generica da non poter essere seriamente sottoposta ad alcun tentativo di verifica o falsificazione. Si tratta di una teoria metafisica che con la scienza ha molto poco da spartire

Non occorre comunque essere scienziati, e neppure particolarmente ferrati in materie scientifiche, per constatare quanto l'ipotesi Gaia sia in totale contrasto con i dati elementari dell'esperienza sensibile. La terra sarebbe un armonioso tutto organico? Ma sulla terra la vita si perpetua costantemente tramite la morte. Ammettiamo pure che la morte dei singoli sia necessaria alla sopravvivenza delle specie, ebbene, sarebbe organico, sarebbe armonico un sistema in cui il singolo deve morire perché altri singoli, che tutti insieme formano la specie, possano vivere? E chi ha detto che il corso della natura salvaguardi la vita delle specie? Innumerevoli specie animali si sono estinte per cause del tutto naturali. C'è chi ha affermato che in natura si estinguono, è vero, innumerevoli specie, ma solo quando altre, più evolute, sono pronte a rimpiazzarle. Ridicolo tentativo di sovrapporre un edificante schemino al corso effettivo della natura. Moltissime specie si sono estinte senza essere state sostituite da nulla, animali molto primitivi esistono ancora ed altri, assai più evoluti hanno dovuto uscire di scena. La spietata selezione naturale non premia i “migliori” ma solo quelli in grado di sopravvivere in certi ambienti. Fra un po' di tempo il nostro amico sole collasserà ed ogni traccia di vita sparirà dal nostro pianeta, senza essere sostituita da nulla. C'è chi afferma che forse, un tempo, è esistita vita sul pianeta Marte, ora pare non ne esistano più tracce. Ogni istante innumerevoli stelle e pianeti muoiono nell'universo. L'ipotesi Gaia vale solo per la nostra “madre terra”?
Ma, anche prescindendo dalle precedenti considerazioni, esiste un ente che obbliga l'ideatore dell'ipotesi Gaia ad abbandonare, almeno in parte, il suo sereno ed armonico organicismo, e questo ente è
l'uomo.
“Gli umani” afferma James Lovelock, “sulla terra si comportano per certi versi come un organismo patogeno, o come le cellule di un tumore o di una neoplasia (…) la specie umana è talmente numerosa da costituire una grave malattia planetaria: Gaia soffre di primatemaia disseminata, un’epidemia di genti” (2)
L'uomo è un tumore, una malattia. Non vuole stare al suo posto, non si accontenta di essere mera componente di un armonico ecosistema, si espande, inquina, distrugge. Ma
l'uomo è un prodotto della natura, il risultato di un processo di selezione naturale durata milioni di anni. Se questo processo è finalizzato alla vita del tutto da dove è mai venuto fuori questo mostro orribile che sarebbe l'uomo? E' vero, nella vita sociale esistono processi autoregolativi che possono incrinarsi e dar vita a contrasti e crisi, il mercato è uno di questi. Ma l'equilibrio di mercato è la risultante di una miriade di relazioni fra individui autonomi, per questo è soggetto a rotture e crisi. Il mercato non è un organismo, Gaia invece lo è, ed è un organismo che comprende la totalità del mondo. Se questo organismo produce un tumore vuol dire che il suo fine immanente non è la vita ma la propria autodistruzione.
Lovelock ed i suoi fans non possono ovviamente ammettere una cosa tanto sgradevole, e si sfogano prendendosela con l'uomo.
Lo scrittore ambientalista William Aiken ha affermato che “una mortalità di massa sarebbe una buona cosa. E’ nostro dovere provocarla. E’ un dovere della nostra specie, nel rispetto dell’ambiente, eliminare il 90% dei suoi componenti” (3). Negli Stati Uniti esiste un
movimento per l’estinzione umana volontaria che teorizza cose come questa: “L’alternativa all’estinzione di milioni, forse di miliardi di specie di piante ed animali è la volontaria estinzione di una specie, quella dell’homo sapiens. Ogni volta che uno di noi decide di non aggiungersi agli altri miliardi di persone che popolano il pianeta, ogni volta che un essere umano decide di non riprodursi la biosfera ritorna alla sua gloria primordiale. La salute della terra sarà ristabilita dall’ecologia nella forma conosciuta come Gaia” (4)
Evitiamo reazioni emotive e limitiamoci ad un sospiro di sollievo per il fatto che la nostra estinzione dovrebbe essere “volontaria”. A parte ogni altra considerazione, quella che salta agli occhi è la totale mancanza di logica di simili posizioni. Lovelock ed i suoi seguaci sono organicisti, naturalisti, affermano che l'uomo è un tumore... e pretendono che non lo sia, vorrebbero che rinnegasse la propria natura! Ma questo è impossibile, lo è proprio se accettiamo l'ipotesi Gaia. Non si può ridurre l'uomo a mera natura, farne uno dei risultati di un processo organico e pretendere poi che non si comporti di conseguenza.
Se siamo un tumore è nella nostra natura esserlo, non possiamo comportarci diversamente. Dare all'uomo lezioncine di ecologia è un po' come pretendere di curare i tumori impartendo alle cellule tumorali lezioni di etica kantiana. E' vero che le cellule tumorali distruggendo l'organismo che le ospita distruggono infine se stesse, ma questo è per loro l'unico modo di vivere, affretterebbero la loro fine se si comportassero diversamente. L'uomo è la grande, definitiva, confutazione dell'ipotesi Gaia. Possiamo giudicarci in mille modi, possiamo pensarla come vogliamo sul nostro operare, di certo non siamo mera componente di qualche ecosistema, il mero risultato di un armonico sviluppo organico.

“Noi siamo un tumore”, strillano i teorici di Gaia, ma pretendono che non lo siamo. Gaia produce il tumore destinato a distruggerla ma
proprio questo tumore dovrebbe prendersi a cuore la salvezza di Gaia. Dopo aver ridotto l'uomo a semplice ed insignificante parte del tutto organico gli amici di Gaia antropoformizzano la loro Dea e, sulle orme degli animalisti “antispecisti”, trasformano non solo gli animali ma anche le piante ed i minerali in soggetti etici e giuridici. Alla integrale naturalizzazione dell'uomo fa seguito una altrettanto integrale, e ridicola, umanizzazione della natura. Monti e fiumi, muschi ed abeti si affiancano a lombrichi e toporagni quali nuovi soggetti etici e giuridici.
Nel 1992 viene fondato negli USA il
Movimento di liberazione della terra (ELF). I suoi militanti si definiscono “ecoguerrieri” e, abbandonate le iniziali forme non violente di lotta, mettono in atto azioni di tipo terroristico contro i responsabili dei crimini contro il pianeta. E' interessante analizzare la loro “dichiarazione dei diritti della terra”.
“Noi ecoguerrieri siamo convinti che la mancanza di attenzione e il disprezzo nei confronti dei diritti naturali della terra e delle specie siano le cause dei guai del mondo” (5)
Si passa, come si vede dai diritti degli animali a quelli della terra. Questa si contrappone all'uomo dopo essere stata trasformata a sua volta in un essere umano.
“La terra è la madre e la prima sorgente di ogni vita. Il suolo, l'acqua, l'aria, le piante e gli animali sono parte di essa (…) con cui formano una comunità. L'uomo in quanto specie è uno dei membri di questa comunità” (6)
Pietre e gorilla, uomini e fili d'erba diventano come Tizio, Caio e Sempronio membri di una comunità umana. Le parti del pianeta sono assimilate agli individui, un po' come dire che volante, leva del cambio e ruote sono parti della comunità detta “automobile”. Proseguiamo:
“Ogni governo umano deve essere organizzato in modo da garantire alla comunità il godimento degli inalienabili diritti naturali.
Tali diritti sono l'uguaglianza, la libertà, l'identità e la possibilità di resistere all'oppressione
Tutti i membri della comunità sono uguali di fronte alla natura e alla legge degli uomini.
La libertà consiste nella facoltà concessa ai membri della comunità di fare tutto ciò che non leda i diritti altrui; L'esercizio dei diritti naturali di ogni membro non conosce limiti salvo quelli che garantiscono agli altri membri della comunità il godimento degli stessi diritti.” (7)
Sembra di leggere la “
dichiarazione di indipendenza” degli Stati Uniti, solo qui è rivolta a ghiacciai e licheni, ragni e formiche. Pini marittimi e pioggia sono soggetti giuridici e devono godere dei loro diritti naturali senza impedire agli altri membri della comunità ecologica il godimento di pari diritti. Molto interessante. Bisognerebbe quindi processare i leoni che mangiano le zebre? E, con loro, le erbacce che impediscono la crescita dei fiori? E come comportarsi con maremoti, valanghe e terremoti? Occorre spedirgli un avviso di garanzia? Gli ecoguerrieri eliminano ogni discriminate dalla natura, non riconoscono alcun valore alla ragione, al linguaggio astratto e simbolico, alla capacità di distinguere il bene dal male, insomma, a tutto ciò che nella natura è umano. Il risultato di una tale eliminazione è ingenuamente paradossale: nel momento stesso in cui tolgono ogni valore a ciò che è umano gli “ecoguerrierist” umanizzano la natura, applicano a ciò che non è umano categorie umane, trasformano in uomini enti non umani, addirittura non senzienti e non viventi. C'è solo da chiedersi perché mai parlino di un governo umano che dovrebbe garantire ai membri della comunità il godimento dei loro “diritti”. La follia ideologica non ama la logica.

Gli animalisti “antispecisti” avevano abbassato il confine fra ciò che in natura è e ciò che non è soggetto morale e giuridico. Gli “ecoguerrieri” compiono, con coerenza, il passo successivo. Se la discriminante non passa per la ragione e la possibilità di concepire e distinguere il bene ed il male, non ha nessun senso farla passare per la sensibilità. E' il puro e semplice fatto di
esistere a far sorgere diritti (ma non doveri). I teorici dell'ecologia profonda ne prendono atto e ne traggono le dovute conseguenze, con logica folle.
Si può obiettare che si tratta di personaggi folcloristici, esigue minoranze a cui non val la pena di prestare troppa attenzione, ma le cose non stanno così. Si tratta di minoranze, certo, ma minoranze che hanno il coraggio, demenziale coraggio, della coerenza. Queste minoranze partono dalle stesse premesse, o da premesse molto simili a quelle da cui partono altri che giungono a conclusioni meno folli, anche se assai spesso comunque inaccettabili.
I moderati criticano movimenti come quello degli “ecoguerrieri” soprattutto per i loro mezzi violenti, come se esistesse davvero una contraddizione fra simili mezzi e le convinzioni che muovono chi vi ricorre. Tempo fa, mentre infuriava sui media una campagna contro la sperimentazione animale dei farmaci, una ragazza gravemente ammalata postò in rete la propria foto, la foto di un piccolo essere umano disteso su un letto d'ospedale, coperto di tubicini, con la scritta: “sono viva grazie alla sperimentazione animale”. Ci fu una reazione isterica. “Devi morire” scrissero in molti. “Non hai diritto di vivere uccidendo animali innocenti”, aggiunsero altri. La TV diede notizia della cosa ed un solerte annunciatore disse, con voce melliflua: “la si può pensare come si vuole sulla sperimentazione animale, ma non si deve insultare nessuno. Si deve discutere in maniera civile”.
E NO!!! Se davvero l'uomo ha lo stesso status etico di una cavia NON si può discutere civilmente con chi usa le cavie! Discuteremmo civilmente con chi mangia bambini arrosto o sperimenta farmaci su bambini e poi dice: “sono vivo grazie alla sperimentazione su bambini”? Non credo. Se le premesse degli ecoguerrieri sono, anche solo in parte, anche solo in piccola parte, condivisibili, se davvero tutti gli enti del pianeta sono eticamente sullo stesso piano allora chi scava una galleria, o costruisce un mobile in legno, o mangia un panino con la mortadella è un criminale, senza se e senza ma. E non si discute democraticamente coi criminali. La follia di movimenti come quello degli ecoguerrieri non consiste nei loro mezzi di lotta, ma nelle premesse da cui partono. Sono queste ad essere folli, queste sono da contestare, radicalmente. Per questo è profondamente sbagliato snobbarli, considerarli solo un fenomeno folcloristico, magari criminale. Si tratta di un fenomeno culturale e politico. Ignorarlo serve solo ad aggravare la crisi culturale dell'occidente.















Note
1) Definizione di ipotesi Gaia. Tratta dalla rete in Wikipedia.
2) Citato in Riccardo Cascioli Antonio Gaspari: Le bugie degli ambientalisti. Piemme 2007 pag. 40
3) Ibidem.
4) Ibidem pag. 39 40
5) Dichiarazione dei diritti della terra, citato in Laurent Larcher: Il volto oscuro dell'ecologia, Lindau 2009 pag. 111.
6) Ibidem
7) Ibidem


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