sabato 8 ottobre 2016

PERCHE'?

Perché? Perché tanta cecità, tanta colpevole acquiescenza? Se lo chiedono in molti. Come è possibile che persone apparentemente capaci di pensare continuino con una politica destinata a distruggere la nostra civiltà?
Un bambino è in grado di cogliere il legame fra le migrazioni ed il crescere di degrado sociale e delinquenza, l'acutizzarsi dei problemi economici, l'espansione del terrorismo. Bisogna essere ciechi per non vedere che l'apertura incontrollata delle frontiere è destinata a distruggere la nostra civiltà e ad introdurre qui da noi costumi che pensavamo fossero solo il ricordo di un passato ormai lontano.
Eppure persone apparentemente normali non vedono queste cose che stanno li, in palmare evidenza, di fronte a tutti. Perché avviene tutto questo?
Qualcuno pensa che la risposta stia negli interessi economici. I migranti sono un business, qualcuno ha interesse ad accoglierli. E non si tratta solo della carità pelosa, delle cooperative che sui migranti fanno un sacco di soldi. Oltre a loro ci sono imprenditori poco onesti che hanno tutto l'interesse a sfruttare mano d'opera di costo infimo, organizzazioni malavitose, traffici di droga e prostituzione. Tutto vero, ma spiega solo in parte, in piccola parte, il fenomeno. Perché è vero che la mano d'opera a costo infimo può far gola a molti, ma riguarda pur sempre settori marginali dell'economia. Globalmente considerata l'economia dell'occidente ha bisogno di lavoratori qualificati, in grado di essere inseriti in settori dinamici, non di raccoglitori di pomodori o venditori ambulanti di prodotti di pessima qualità. Inoltre, se nel breve periodo molti possono far soldi sui migranti, in un'ottica temporale un po' più lunga le migrazioni incontrollate sono destinate a renderci TUTTI molto, molto più poveri. Una cosa è accogliere qualche migliaio, o qualche decina di migliaia, di migranti, altra cosa accoglierne centinaia di migliaia, milioni o decine di milioni. L'economia europea non può sostenere un simile impatto senza collassare, non occorre essere dei geni per capirlo. E se l'economia collassa ci impoveriamo tutti.
Inoltre, vale davvero la pena di diventare ricchi per vivere in una società teocratica? Una donna sarebbe disposta a vivere nel califfato in cambio di un conto in banca di qualche milione di euro? Sarebbe un po' come accettare lo scambio fra alcuni milioni di euro ed una condanna all'ergastolo. I soldi attraggono perché possono essere spesi, ma le occasioni interessanti di spesa sono poche, e riguardano poche persone, e quasi tutte di sesso maschile, nelle teocrazie islamiche.
Certo, molti di coloro che cercano di utilizzare i migranti per far soldi non fanno calcoli di lungo periodo e neppure tentano di prefigurare scenari futuri, ma possiamo seriamente pensare che un branco di persone disoneste e poco intelligenti sia alla base della acquiescenza generalizzata di fronte a fenomeni di portata, una volta tanto val la pena di usare questo termine, epocale? Ad essere favorevoli alle “migrazioni” non sono solo pochi malavitosi, ma parecchie persone comuni, numerosi uomini e donne dotate di una certa cultura, moltissimi intellettuali, veri o presunti, non conta, uomini politici, giornalisti; un sacco di gente insomma, fra cui moltissime donne, i soggetti cioè destinati a subire con maggior violenza il peso dell'affermarsi dell'Islam. E' difficile ipotizzare che siano tutti mossi da interessi personali. Ed anche se lo ammettessimo avremmo solo spostato il problema. Resterebbe infatti senza risposta la domanda essenziale: “perché mai tanti non capiscono che, favorendo le migrazioni, contribuiscono a creare una situazione di povertà generalizzata, destinata a colpire anche loro?” Le migrazioni non porteranno l'Africa al livello dell'Europa, ma questa al livello di quella, e nessuno o quasi può davvero guadagnarci in una simile situazione. Il crollo dell'impero romano non ha favorito se non settori assolutamente marginali del patriziato. Come mai tanti occidentali non arrivano a capire cose tanto semplici? Sono tutti enormemente, spaventosamente stupidi?

Per cercare di capire il perché di comportamenti che possono con giusta ragione essere ritenuti folli l'analisi erudita degli interessi in campo, siano questi economici, politici o geopolitici non basta. Quali che siano le speranze di mega imprenditori e capi di stato, la islamizzazione dell'Europa è destinata far saltare ogni calcolo, ogni equilibrio politico o geopolitico. Basta, per rendersene conto, pensare a quanto sia stupida l'illusione di molti settori della sinistra convinti che l'immigrazione incontrollata possa favorirli sul piano elettorale. Facciamo entrare un sacco di clandestini, pensa qualcuno, diamo loro la cittadinanza e questo ci assicura, a breve termine, un formidabile vantaggio elettorale. Non pensano, questi poveretti, che, una volta fatti diventare “italiani” milioni di clandestini di fede musulmana questi formeranno il loro bel partito islamico che col “progressismo” di sinistra non avrà, né vorrà avere, nulla a che fare. Non ci vuole molto a capirlo, eppure tanti sottili “analisti” non lo capiscono, come mai?
Per cercare di risolvere il mistero occorre abbandonare l'analisi degli interessi, pure corposi, connessi alle migrazioni per misurarsi col problema della coscienza, per essere più precisi, della coscienza ideologica dell'occidente.
Cosa sono l'ideologia e la coscienza ideologica? Senza addentrarci in analisi eccessivamente particolareggiate
possiamo definire l'ideologia come un insieme di idee, una concezione generale dell'uomo e del mondo che si ritiene, insieme, vera e buona al di la di ogni analisi razionale ed ogni raffronto con la realtà, e che si ritiene sia giusto realizzare, a qualsiasi costo.
La coscienza ideologica è quella di chi ha fatto propria l'ideologia, intende realizzarla ed adegua ogni suo pensiero, parola e comportamento a questo obiettivo.

La definizione, sintetica e certamente non esaustiva, mette in rilievo tre caratteri della ideologia. L'ideologia disprezza, insieme, la
coerenza logica, il principio di realtà e la comune morale.
Il fine dei sostenitori delle ideologie si colloca nella dimensione dell'assoluto, e nell'assoluto, si sa, il principio di non contraddizione è “superato”. L'assoluto è il tutto in tutto in cui gli opposti si compenetrano fino a venire a coincidere e la coincidenza degli opposti segna la fine di quel principio di non contraddizione considerato da Aristotele la conditio sine qua non di ogni pensiero significante. I fanatici della ideologia non intendono farsi irretire da questo principio. Usandolo potrebbero scoprire incoerenze nelle loro fantastiche costruzioni mentali, per questo lo rifiutano sprezzantemente. I grandi della ideologia sono autentici costruttori di ossimori. Rousseau riteneva che si possa obbligare un uomo ad essere libero. Lenin palava di “dittatura democratica”, Marcuse e gli altri guru della scuola di Francoforte di “tolleranza repressiva”. Tutto questo è leggermente incoerente? Verissimo, ma, chi se ne frega? Viva i fini assoluti, e vada al diavolo la coerenza!
Per gli stessi motivi i fanatici della ideologia disprezzano il principio di realtà. Il mondo reale, gli esseri umani in carne ed ossa sono radicalmente diversi da come loro li immaginano? Vadano al diavolo, letteralmente, il mondo reale e gli esseri umani in carne ed ossa. La realtà
deve essere così come gli ideologi la immaginano. Quando hanno il potere i sacerdoti della idea assoluta violentano la realtà per costringerla nel letto di procuste delle loro cattive utopie; altre volte, soprattutto se privi di potere, rifiutano di vederla o di capirla, la realtà. Accade così che sottili intellettuali, uomini di cultura, raffinati analisti non vedano o non capiscano cose che qualsiasi uomo della strada vede e capisce benissimo.
Negli anni in cui la tirannide staliniana mieteva vittime in quantità industriale numerosi intellettuali europei si recarono in visita in URSS. I loro viaggi erano organizzati sin nei minimi particolari, i loro movimenti minuziosamente controllati. Qualsiasi persona normale si sarebbe accorta che ciò che veniva mostrata era una realtà posticcia, e bastava allungare un po' lo sguardo per intuire che la situazione reale era leggermente diversa dalla sua rappresentazione propagandistica. Ma persone di grande intelligenza non seppero distinguere il vero dal posticcio, rifiutarono di allungare lo sguardo.
Non volevano rinunciare alla loro bellissima, totalizzante ideologia.
E sempre per gli stessi motivi gli ideologi non accettano la morale comune. Imprigionare o giustiziare un innocente, uccidere gente a casaccio, strappare i figli ai genitori, ingannare consapevolmente i propri simili, rubare, mentire sono tutte cose che la stragrande maggioranza degli esseri umani considera cattive, immorali. Non così chi ha abbracciato una qualche ideologia. Mentire, rubare, uccidere, stuprare, far fucilare degli innocenti o premiare degli assassini, tutto è lecito se serve a realizzare l'idea assoluta. Una cosa è la morale che riguarda i rapporti fra i normali esseri umani, cosa del tutto diversa quella che deve guidare chi ha assunto su di se l'immane compito di realizzare l'assoluto. Una certa idea, un determinato progetto di trasformazione sociale non sono buoni perché si accordano con i dettami dell'etica, sono questi dettami ad essere buoni o cattivi a seconda che si accordino o meno con quella certa idea, quel certo progetto di trasformazione sociale. Il mondo viene capovolto.

Prima di proseguire occorre fare due precisazioni, indispensabili per capire la capacità che le ideologie hanno di attrarre un gran numero di esseri umani.

La prima
. Le ideologie sono quasi sempre frutto di elaborazioni intellettuali assai raffinate, nascono sul terreno della filosofia. Ma non si limitano a quel terreno. Non riguardano solo le idee ma anche i sentimenti, addirittura le pulsioni degli esseri umani. Senso di appartenenza o di estraneità, risentimento sociale, amore ed odio, paure, ansie... in tutte le ideologie è possibile trovare un mix di stati emotivi che con l'elaborazione puramente razionale hanno poco a che vedere.
La seconda
. E' possibile trasformare in ideologie anche teorie ed idee che di per se ideologiche non sono affatto. Si dice “ideologia” e subito si pensa al comunismo o al nazionalsocialismo, ma possono diventare ideologia anche molti principi liberali e democratici, di per se del tutto laici e non ideologici, basta trattarli in maniera ideologica. Si prenda la tolleranza, ad esempio. E' qualcosa di molto poco ideologico, ma si provi a trattarla ideologicamente e diventa, anch'essa, un assoluto ideologico. Da principio in grado di guidare i rapporti fra gli esseri umani che, come ogni principio, vale entro certi limiti, con determinate eccezioni, la tolleranza diventa un valore metastorico, extrasociale, un assoluto a cui tutto va subordinato. Ed altri valori liberali fanno la stessa fine. Il ripudio del razzismo, cosa accettabilissima, diventa teorizzazione del pari valore delle realizzazioni di tutte le civiltà. L'universalismo si trasforma in mondialismo, pretesa cioè che tutti i popoli del mondo possano formare un'unica comunità, sotto un solo stato planetario. La ricerca del dialogo col diverso si trasforma in autocensura, quella della pace in rifiuto di reagire alle aggressioni.
L'insieme dei valori della democrazia liberale diventa in questo modo un assemblaggio di piccoli assoluti, aggressivi, intolleranti come i grandi assoluti delle ideologie totalitarie.



Tutto ha avuto inizio negli ultimi 30 anni dello scorso secolo. In quegli anni si sono avuti prima il riflusso e la crisi del “movimento del 68”, poi quell'evento davvero epocale che è stato il crollo del comunismo. Quel crollo e quella crisi hanno lasciato privi di prospettive e punti di riferimento decine, forse centinaia di migliaia di nostalgici dell'assoluto. Il rovesciamento della storia, il passaggio dal regno della necessità a quello della libertà era svanito nel nulla, restava solo l'anelito all'assolutamente altro, alla società perfetta da realizzare nel mondo, possibilmente qui ed ora. Non bisognava perdere le speranze, rinunciare all'assoluto. Ma le grandi ideologie erano ormai in pezzi, e solo pochi fanatici, molto poco intelligenti, potevano ancora arroccarsi in loro difesa. Moltissimi hanno risposto a questa crisi conferendo, quasi inconsciamente, dimensione assoluta a spezzoni di ideologie in crisi. Si sono combinati fra loro un residuo di sempre maldigerito marxismo, il nuovo radicalismo femminista, la nascente ideologia gender, molto radicalismo ecologico e grandi dosi di di terzomondismo pauperista. Si è condito il tutto con un bel po' di relativismo, una buona manciata di valori liberaldemocratici ideologicamente modificati, una punta di antisemitismo, uno stuolo di sentimenti lacrimevoli e, soprattutto, con quel sentimento fra noi assai diffuso  che è l'antipatia fortissima che tanti occidentali provano per la loro  civiltà, ed è nata l'ideologia politicamente corretta. Una ideologia di desolante povertà teorica, priva della compattezza, della profondità ed anche di quella cupa grandezza che ha caratterizzato le grandi ideologie del secolo ventesimo, ma capace di fornire consolazioni allo stuolo dei reduci del '68, molti dei quali avevano trovato gradito riparo nelle aule universitarie, nelle redazioni di quotidiani e nelle direzioni di vari TG.
Una ideologia multiforme, valida per tutti gli usi, in grado di dire la sua, anche se in maniera completamente incoerente, su tutti gli aspetti della vita umana, dai rapporti fra i sessi a quelli con la natura non umana. Soprattutto, una ideologia capace di condizionare in maniera fortissima il rapporto dell'occidente con le altre civiltà, l'Islam soprattutto. Uno dei dogmi fondamentali del politicamente corretto è infatti quello della uguaglianza di tutte le culture. Nel momento stesso in cui l'Islam fondamentalista dichiarava guerra all'occidente, ed a se stesso, i guru del politicamente corretto difendevano a spada tratta il “dialogo” a tutti i costi. E quando masse sempre maggiori di migranti hanno cominciato a riversarsi nei paesi europei gli stessi guru, in omaggio al dogmi della “accoglienza generalizzata” e facendo leva sui sensi di colpa degli europei per il loro passato colonialista, si sono opposti ad ogni politica di contenimento o almeno di regolamentazione dei flussi. All'interno della ideologia politicamente corretta ha così acquistato sempre maggior peso quella che possiamo definire l'ideologia della resa dell'occidente all'islam fondamentalista.

Ovviamente, tutti i difetti delle ideologie classiche sono presenti in questa ideologia. Femministe e gay che amano l'Islam, intellettuali che lo definiscono una “religione di pace", sottili analisti che rifiutano di condannare i crimini che ovunque nel mondo si consumano in suo nome. Si può immaginare qualcosa di più lontano dalla coerenza, dal principio di realtà e dalla morale comune? L'ideologia della resa avanza in mezzo a cumuli di macerie, non solo teoriche. Che ci riguardano tutti.

A questo punto è però ci si potrebbe porre una domanda. Non è sbagliato ridurre tutto ad un fatto di influenza ideale? Le idee e le stesse ideologie in fondo riguardano una minoranza di esseri umani, sono estranee alle masse ed ai loro movimenti. Dare troppa importanza alle ideologie vuol dire trasformare la storia in una sorta di dibattito intellettuale e questo spiega poco o nulla del suo movimento.
Un materialismo storico da vulgata ha contribuito a diffondere la convinzione che l'agire umano sia qualcosa di quasi immediato, una sorta di risposta semi automatica a desideri ed istinti elementari. Qualcosa di non troppo diverso, per capirci, dal comportamento animale. Ma si tratta di una concezione totalmente errata; chi la espone si contraddice da solo, in fondo, solo esponendola.
In realtà
quasi tutto il comportamento umano è mediato dal pensiero. Il pensiero non è presente solo nei cieli delle speculazioni filosofiche o scientifiche, ma anche sulla terra delle azioni umane più elementari. La ricerca del cibo, la lotta contro i nemici, i tentativi per ripararsi dalle intemperie sono nell'uomo intrisi di pensiero, se così non fosse non saremmo mai diventati la specie dominante del pianeta. Anche molto di ciò che nelle nostre azioni appare puramente istintivo ha alle spalle il pensiero. Un guidatore che cambia marcia, un pugile che schiva un sinistro e rientra di destro, un militare che si ripara dietro ad un muro per sfuggire al fuoco nemico si comportano in maniera che a prima vista sembra solo istintiva; ma dietro a quella istintività ci sono istruzioni, addestramento, pratica ripetuta. In ultima analisi, c'è il pensiero.
Anche ammettendo tutto questo il problema non è però ancora risolto. Il pensiero è fondamentale, ma questo non riduce la storia ad un dibattito intellettuale, si potrebbe ribattere, con giusta ragione.
In effetti l'influenza delle idee e delle ideologie non si manifesta affatto come un processo in cui certe concezioni teoriche conquistano, grazie alla propria intrinseca superiorità, le menti degli esseri umani. Non è affatto simile al processo che vede prevalere, in circoli ristretti, certe teorie scientifiche su altre, o confrontarsi diverse scuole di pensiero filosofico, o di espressione artistica.
Le idee, buone o cattive che siano, e quelle idee sempre cattive che sono le ideologie, non si diffondono a livello di massa grazie ad approfonditi dibattiti razionali. Questi sono e restano monopolio di minoranze, purtroppo. Si diffondono trasformandosi, perdendo profondità e complessità.
Le complesse argomentazioni marxiane sul valore ed il plusvalore diventano banalità sui padroni cattivi quando se ne parla al bar o in un metrò. Le grandi filosofie si trasformano in slogan, luoghi comuni, pillole di sapere in una discussione fra amici o nel corso di un corteo di protesta. Ma si tratta di luoghi comuni, slogan, pillole di sapere che hanno, o possono avere, una forza straordinaria, suscitare speranze, alimentare paure, indirizzare comportamenti di grandi quantità di esseri umani. C'è chi sostiene che la filosofia non "serve a nulla”, non ha conseguenza alcuna sui grandi eventi che cambiano la storia ed il destino degli uomini. Nulla di più errato. Dietro a fondamentali eventi storici è fin troppo facile trovare le teorizzazioni dei filosofi. Le si trovano chiaramente nelle idee dei gruppi dirigenti, quelli che danno fini ed obiettivi, indirizzano e spesso determinano i movimenti di massa, e le si trovano super semplificate e banalizzate nelle azioni di masse enormi di esseri umani. Senza l'illuminismo non ci sarebbe stata la rivoluzione francese, senza il marxismo, e la sua interpretazione leninista, quella russa. Senza la reazione irrazionale contro la scienza e la modernità che ha caratterizzato i primi decenni del novecento il nazional socialismo ed il fascismo diventano inspiegabili.

Le idee contano quindi, moltissimo. E contano forse ancora di più le ideologie. E conta, oggi, moltissimo, proprio quella ideologia della resa di cui stiamo parlando. Chi non ne fosse convinto provi a guardare al rapporto oggi esistente fra occidente ed Islam.
Dai punti di vista economico, militare, tecnologico, politico, culturale la superiorità dell'occidente è schiacciante. Eppure la nostra civiltà è chiaramente in crisi. Esposta ad attacchi terroristici devastanti, pressata da ondate migratorie destinate a travolgerla, sottoposta al peso di ricatti sempre più aggressivi ed arroganti la civiltà occidentale è ovunque sulla difensiva, malgrado la sua superiorità in quelli che sembrano essere i settori decisivi per stabilire chi è e chi non è egemone nel mondo. Come mai? La risposta è semplicissima: la civiltà occidentale è fortissima ma incapace di usare la sua forza perché irretita, avvelenata, dal cancro del politicamente corretto che la corrode dall'interno. Un tumore maligno che ha conquistato settori decisivi delle classi dirigenti e si diffonde anche a livello di massa. Una prova al contrario la fornisce lo stato di Israele. Israele è uno stato delle dimensioni della Lombardia, abitato da otto milioni di abitanti. Privo di risorse naturali occupa un pezzetto di deserto ed è circondato da centinaia di milioni di fanatici che non sognano altro che distruggerlo. Eppure continua ad esistere, ha vinto tutte le guerre che è stato obbligato a combattere, i suoi abitanti sono più tutelati dal terrorismo che non quelli di Francia o Spagna; cerca il negoziato ma non cede ai ricatti. Come mai? Di nuovo, la risposta è semplicissima. Gli israeliani non sono vittime, per lo meno non nella stessa misura degli altri occidentali, del cancro politicamente corretto. Sanno cosa vuol dire essere massacrati e non vogliono che la cosa si ripeta, non hanno intenzione alcuna di cedere e non si fanno irretire da sentimentalismi pelosi o remore pseudo umanitarie. Vogliono la pace ma sono disposti a fare la guerra. Non a caso tanti occidentali li detestano. La testarda, strenua volontà degli israeliani di non cedere appare pura arroganza agli occidentali in crisi di identità, e nel profondo leggermente antisemiti, che hanno identificato da tempo la tolleranza con la resa.

L'ideologia della resa è forte come tutte le ideologie ed ha su quelle classiche un paio di grossi, indiscutibili, vantaggi.
Il primo è costituito dalla presenza al suo interno di idee e principi in se positivi, che solo il loro trattamento ideologico rende inaccettabili. Un occidentale può trovare nella ideologia della resa tolleranza e volontà di dialogo, invocazioni di pluralismo e tutela delle minoranze; facile che si lasci irretire. Queste presenze “rassicuranti” spiegano anche qualcosa che a prima vista appare letteralmente avvolta nel mistero. Il comunismo staliniano ha attratto milioni di persone, si può dire. La cosa è orribile ma in una certa misura spiegabile, Il comunismo infatti è in qualche modo figlio dell'occidente, fa parte della nostra cultura, corrisponde a speranze, sentimenti, aspirazioni che sono cresciuti dentro la nostra civiltà. E' spiegabile che abbia potuto attrarre tante persone, comprese molte persone intelligenti. Ma che attrattiva può mai esercitare sugli occidentali una religione ideologica e dogmatica come l'Islam? Che rapporto che non sia conflittuale c'è fra questa e la nostra storia?
L'obiezione è intelligente, ma sottovaluta precisamente il fatto che nella ideologia della resa ci sono molte idee, principi e valori che sono nostri e che solo la loro deformazione ideologica trasforma in mostruosità. L'occidentale politicamente corretto non è attratto dalle lapidazioni,
vuole credere che le lapidazioni siano qualcosa di poco rilevante, non ama la teocrazia, vuole credere che la teocrazia sia nel peggiore dei casi una caratteristica di frange marginali dell'Islam, nel migliore una invenzione degli “imperialisti occidentali”. L'occidentale politicamente corretto cerca di trasformare l'Islam in una variante dell'occidente, qualcosa di diverso, ma comunque aperto e tollerante che solo la nostra “arroganza” ci impedisce di apprezzare. Gli manca la capacità di riconoscere il diverso, il radicalmente diverso da noi; pensa che le sue, le nostre categorie siano le uniche. Ritiene sia folle uccidere ed uccidersi per la fede e blatera che non la fede, ma il “Dio denaro” sta dietro al terrorismo. Cerca di razionalizzare le azioni folli, senza capire che nulla è tanto folle quanto pensare che la follia non esista.
Un secondo, fondamentale, vantaggio dell'ideologia della resa è costituito proprio dalla sua pochezza. E' questa che le permette una velocità di banalizzazione e diffusione assai superiore a quella di altre ideologie, più articolate e complesse. L'ideologia politicamente corretta della resa non ha come fondamento nessuna opera di nessun grande. Non esistono un "Capitale" od un "Contratto sociale" politicamente corretti; si tratta, senza esagerare, di “spazzatura” teorica, ma la spazzatura può inquinare rapidamente, soprattutto le menti predisposte ad assimilarla. Non sempre essere poca cosa è solo uno svantaggio.


Resta
da chiedersi, per concludere, se l'ideologia della resa sia battibile o si tratti di un mostro invincibile destinato a portare la nostra civiltà all'auto distruzione. Non è troppo pessimistico porsi simili domande. Le democrazie liberali dell'occidente hanno rischiato due volte di capitolare, durante lo scorso secolo. Nulla ci garantisce la sopravvivenza, non esiste nessuna legge fatale che indirizzi in senso progressista il corso della storia. Grandi civiltà sono crollate in passato, anche la nostra può fare la stessa fine. Di una cosa però possiamo essere certi: se la civiltà occidentale collassa, è può collassare, nulla di buono prenderà il suo posto. Non sarà sostituita da alcun “mondo multicolore” fatto da tante sorridenti persone “uguali ma diverse”. Non è in vista nessun dialogo paritario, nessuna felice integrazione. Solo il trionfo del califfato o di qualche suo equivalente.
Una considerazione può forse farci apparire meno disperata la situazione: l'ideologia della resa è un cancro le cui metastasi hanno diverse velocità. Si diffondono più rapidamente fra le persone pseudo colte che fra la gente comune. Attecchisce più fra gli strati benestanti, relativamente poco colpiti, almeno nell'immediato, dai contraccolpi devastanti delle grandi migrazioni, che non negli strati popolari. Chi non abita nei quartieri bene, chi è esposto a quella che stupidamente viene definita “microcriminalità” è meno sensibile alla sciocchezze politicamente corrette. Queste possono essere contrastate, possono esserlo perché il mondo reale non è, per fortuna, identico a quello dei talk show televisivi e la gente comune è meno erudita, ma anche meno propensa all'auto inganno dei tanti pseudo filosofi o pseudo esperti che impazzano sui teleschermi. Non è un caso che gli strilli contro il “populismo” riempiano in questo periodo i dibattiti televisivi ed i discorsi di quasi tutti i politici. I sacerdoti della nuova religione “sentono” crescere a livello di massa una certa ostilità nei loro confronti e la bollano di “populismo”, e cercano di tappare al bocca a chiunque non si adegui. Forse sono meno forti di quanto appaia a prima vista.
Quanto è avvenuto in Gran Bretagna, e sta avvenendo nell'Europa dell'est, dimostra che forse chi non si adegua non è sicuramente destinato alla sconfitta. Forse non ha torto chi dice che le ore più buie sono quelle che precedono l'alba.
FORSE...

4 commenti:

  1. Non c'è spiegazione che possa convincere chi "vuole" credere; ecco perché gay, femministe, marxisti, atei (tutta gente che verrebbe massacrata in uno stato islamico tipo isis) sono così accesi sostenitori dell'islam.
    E se provi a farli ragionare, la loro reazione è irrazionale.

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  2. Interessante. Ti invito a prendere contatto con me dopo aver dato un'occhiata a www.svoltaeuropea.com.
    Puoi scrivermi a : svoltaeuropea@gmail.com
    Grazie. Franco Puglia - Milano

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  3. Il germe della stupidità non ha sesso, ecco perchè tante donne favorevoli all'islam.
    Pensa che in Inghilterra ci sono le femministe radicali (atee) che girano col niqab come le musulmane perchè ritengono che gli uomini sono tutti maiali ed è bene che loro non espongono il loro corpo (insomma, lo stesso ragionamento delle musulmane).

    Adesso si ha paura delle destre (non tutti, ci sono quelli come me che di destra lo sono sempre stati, io lo sono da quasi 20 anni), il problema è che andando avanti così, non ci saranno le destre che fanno paura ai sinstroidi, ci saranno le estreme destre, quelle che odiamo anche noi di destra, dicasi nazismo, fascismo e affini, in aggiunta della variante hitlerista (l'hitlerismo è un moderno islam, basato sul mein kampf visto come testo sacro anzichè come libro politico). e allora si che comincerà la discriminazione, quella vera (basata sul colore della pelle o sulla sessualità). Oppure arriverà l'islam, che sarà più o meno la stessa cosa, ma ancora più violento.

    Gli occidentali che odiano la propria civiltà non conoscono le magagne delle altre civiltà. A me sembra che le altre civiltà siano abbastanza buone sostanzialmente (i vari membri tendono ad integrarsi se migrano), esclusa quella islamica.

    Per me la prossima civiltà sarà un califfato islamico ibrido, cioè con tutte le 'bellezze' dell'islam mescolato con le pochezze del politicamente corretto, femminismo radicale (in salsa islamica) ove le donne non saranno obbligate a sposarsi, ma dovranno aderire comunque alla causa dell'islam. Faranno parte di circoli dove propaganderanno 'il ruolo della donna nella jihad e nella propaganda islamica agli infedeli'.

    I gay continueranno ad essere giustiziati, ma saranno accettati se si procureranno uno schiavo sessuale anzichè un fidanzato, quindi continuerà la propaganda gay, sempre in salsa islamica. Inoltre, un paradosso che si è già notato nei paesi islamici, è che l'omosessualità non è accetta, ma la transessualità si.


    Potresti scrivere un post dove mostri che anche gli atei possono essere bigotti. Non si tratta di punti di vista. E' così.

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