Lo sanno tutti. Israele è praticamente in guerra dal giorno della sua nascita, cioè da circa 68 (SESSANTOTTO) anni.
Ebbene, nel corso di tutta la storia di questo stato UN SOLO civile è stato giustiziato. Si tratta del criminale nazista Adolf Eichmann, uno dei principali responsabili della “soluzione finale del problema ebraico”, responsabile della morte di alcuni milioni di esseri umani. In precedenza, nel corso della guerra del 1948, era stato fucilato Meir Tobianski, un soldato israeliano accusato e riconosciuto colpevole di tradimento. Si confronti questo dato con quanto è avventuto in tempo di guerra in altri eserciti. E' noto che sia nel primo che nel secondo conflitto mondiale furono numerosissimi i casi di fucilazione di soldati accusati di diserzione, viltà o tradimento. Dopo la disfatta di Caporetto ci furono nell'esercito italiano numerosi casi di “decimazione” di truppe considerate poco affidabili. Nella seconda guerra mondiale la repressione di soldati ed ufficiali nell'esercito sovietico raggiunse picchi di incredibile brutalità. Bastava interpretare male un ordine per finire di fronte al plotone d'esecuzione, o, nel migliore dei casi, in Siberia.
Anche nei periodi in cui è ufficialmente non in guerra lo stato di Israele deve sopportare uno stillicidio continuo di attentati terroristici. Eppure non un solo terrorista è stato fucilato nello stato ebraico, neppure uno di quegli “eroi” che si divertono ad ammazzare civili innocenti in autobus o pizzerie. Come ha invece reagito ad atti terroristici il paese che per decenni molti degli attuali nemici di Israele hanno considerato il “paradiso dei lavoratori”?
Il 30 Agosto 1918 Fanny Kaplan, una militante socialrivoluzionaria, sparò alcuni colpi di pistola a Lenin, ferendolo senza però ucciderlo. La militante socialista rivoluzionaria era esasperata dalla brutale repressione messa in atto dai bolscevichi contro tutti i partiti rivali e dalle fucilazioni di un gran numero di militanti anarchici. In Gennaio Lenin aveva sciolto la assemblea costituente, col pretesto che era stata votata in un momento politico “diverso” e non era quindi più rappresentativa della realtà sociale russa (in casi simili nei paesi normali si indicono, al massimo, nuove elezioni). In effetti i bolscevichi detenevano nella assemblea, da loro convocata, di 175 seggi su un totale di 707.
L'attentato a Lenin fu seguito da una repressione di incredibile brutalità. Circa 1300 (MILLETRECENTO) persone furono fucilate nella sola Pietrogrado. Venne emanato il decreto sul terrore rosso: rinforzava la Ceka e deva licenza di deportare in campi di concentramento i presunti “controrivoluzionari” e di fucilare senza processo gli “insorti”.
Inutile aggiungere che ci sono forti dubbi sull'attentato a Lenin. Alcuni sostengono che sia stato il risultato di una faida interna al partito bolscevico. Fanny Kaplan venne condannata ai lavori forzati ma fu fucilata poco tempo dopo nel sotterraneo del carcere in cui era reclusa.
Il primo dicembre 1934 venne assassinato a Leningrado Sergej Mironovič Kirov, un fedele compagno d'armi di Giuseppe Stalin. L'attentatore era Leonid Nikolaev, un giovane vicino agli anti stalinisti di sinistra. Dopo la destalinizzazione il caso Kirov venne riaperto ed oggi è quasi unanimemente accettata la tesi di chi sostiene che si sia trattato di un complotto staliniano. Stalin temeva la crescente popolarità di Kirov, un potenziale rivale che era meglio toglier di mezzo, e mirava a creare il pretesto per una mostruosa ondata di purghe che eliminasse tutti i possibili oppositori nel partito. In effetti la repressione seguita all'omicidio di Kirov fu tra le più brutali della storia. Lo storico sovietico Roy Medvedev racconta in “lo stalinismo” che durante le grandi purghe c'erano periodi in cui nella sola Mosca venivano fucilate più di 2.000 (DUEMILA) persone al giorno.
Se dalla storia passiamo alla cronaca le cose cambiano poco. In stati come l'Iran, l'Arabia saudita, la Corea del Nord, la Cina, i boia lavorano alacremente . Si mandano sulla forca non solo gli assassini, ma le adultere, gli omosessuali, i “nemici dello stato”. A Gaza dopo processi farsa sono fucilati, spesso e volentieri, presunti “collaborazionisti” con Israele.
Da quanto afferma la rete risulta che In Iran la pena di morte è prevista per omicidio, adulterio, stupro, omosessualità, blasfemia, estorsione, corruzione ed altri casi ancora, compreso, fino al 2004, il consumo di alcool. Secondo il codice penale iraniano, fino al 2004 i maschi sopra i 15 anni e le femmine sopra i 9 potevano essere giustiziati. Nel 2004 è stata vietata l'esecuzione di minori di 18 anni, ma il decreto non è stato rispettato. Il 19 luglio 2005 due ragazzi di 18 e 16 anni sono stati impiccati in Iran per lo stupro di un bambino di 13 anni avvenuto nel 2004, quando i presunti assassini avevano rispettivamente 17 e 15 anni. C'è chi sospetta che l'accusa di stupro sia una montatura e che il vero motivo delle impiccagioni sia da ricercarsi nella omosessualità dei due giovani,.
Se non ci si fida dei dati che la rete riporta si può fare riferimento ad una associazione “insospettabile” per gli occidentali politicamente corretti: “nessuno tocchi Caino”. Questa da notizia che nel periodo che va dal Luglio 2013 al Giugno 2015 sono state giustiziate in Iran circa 2.000 persone. Nel 2014 in Cina, sempre per la stessa associazione, le esecuzioni capitali sono state circa 2.400. Nel corso dello stresso anno sono state 33 negli USA, da sempre indicati al pubblico disprezzo per il persistere della pena di morte. Negli USA, forse è il caso di ricordarlo, la pena di morte riguarda non adultere od omosessuali ma i responsabili di omicidi particolarmente efferati.
Non è il caso di continuare d affastellare numeri. E' notorio che in paesi come la Cina, la Corea del Nord, l'Iran, l'Iraq, l'Arabia saudita, il Pakistan il boia deve fare gli straordinari. In Israele no. Nello stato ebraico chi fa il boia deve cercarsi un secondo lavoro o rischia di morire (destino beffardo!) di fame. Eppure si tratta di uno stato letteralmente circondato da centinaia milioni di fanatici che vorrebbero semplicemente cancellarlo dalla carta geografica. Uno stato in guerra da quasi settanta anni. In guerra non per controversie territoriali od economiche, in guerra per la propria pura e semplice sopravvivenza.
Ma è contro questo stato che si mobilitano di continuo i “democratici” ed i “progressisti” di mezzo mondo. Gli stessi che fingono di non vedere i boia sempre al lavoro in Iran o in Pakistan si indignano se un soldato israeliano spara ad un giovane palestinese che tentava di accoltellarlo. Panciuti navigatori in rete diventano esperti in arti marziali di fronte a simili casi. Il soldato non doveva sparare, doveva difendersi cercando di disarmare l'aggressore con qualche mossa di krav maga! Profondi intellettuali danno loro man forte. I coltelli palestinesi, come i missili di Hammas, sono armi giocattolo, che vergogna che i “nazisti israeliani” osino sparare a dei ragazzini che si divertono con simili, innocui balocchi!
E non solo di questo si tratta. I prodotti israeliani che vengono dai “territori occupati” (occupati al termine della guerra dei sei giorni, in cui una coalizione di stati arabi ha cercato di annientare Israele) quei prodotti dicevo, devono essere “marchiati”, anche se non si marchiano, ad esempio, i prodotti che vengono da quella parte dell'Isola di Cipro che la Turchia, ma non la Grecia e la comunità internazionale, riconosce come sua. E se c'è qualche manifestazione culturale o sportiva subito si mobilitano i “democratici” e chiedono che Israele non possa partecipare. E c'è il BDS che pretende che tutti i prodotti israeliani vengano boicottati, e ci sono, naturalmente, fior di intellettuali che passano il tempo a denunciare le “brutalità” dello stato ebraico e fior di laici che condannano il carattere “religioso” di Israele, ma che non hanno nulla da dire sulle repubbliche islamiche la cui la costituzione è il Corano.
Ed anche gli ebrei non israeliani sono nel mirino. Certo, i nemici di Israele non sono antisemiti, solo anti sionisti. Però, se un ebreo prende la parola in qualche pubblica manifestazione è bene accetto solo se, prima di ogni altra cosa, si dichiara “critico” di Israele. Insomma, i nemici di Israele non sono antisemiti, loro amano gli ebrei, a condizione che si tratti di ebrei come Moni Ovadia...
C'è poco da scherzare. Uno stato da sempre in guerra, letteralmente assediato, tormentato dal terrorismo, riesce a non essere brutale, mantiene l'essenziale delle libertà civili, garantisce a tutti la libertà religiosa, ripudia di fatto la pena di morte. Eppure è sempre, costantemente sotto accusa. Sotto accusa non da parte dei fanatici che lo vorrebbero cancellare, no, sotto accusa da parte di occidentali. E non di occidentali vecchi rottami del nazifascismo, no, da parte di persone che si dichiarano “democratiche, laiche e progressiste”.
L'eclissi della ragione che sta dietro un simile, incredibile fenomeno fa paura. E' una sorte di folle istinto di autodistruzione che l'occidente si porta dentro da tempo e che emerge periodicamente quando ci sono di mezzo gli ebrei. Eppure la storia ha dimostrato sin troppo bene dove portino le eclissi della ragione.
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