sabato 24 gennaio 2015

IL MONDO ROVESCIATO



Il dubbio ha una fondamentale funzione critica. Ci mette in guardia contro il dogmatismo, ci spinge a non fidarci della prima impressione, ad approfondire le cose ed esaminarle da molteplici punti di vista. Inteso in questo senso il dubbio è un prezioso alleato della ragione.
Ma se il dubbio si radicalizza, diventa onnicomprensivo, riguarda tutto e tutti, questa sua fondamentale funzione critica scompare. Il dubbio radicale è assurdo, distruttivo ed autodistruttivo. Non si può dubitare di tutto, chi lo fa non può neppure esplicitare il suo scetticismo, deve tacere.

Sono noti gli argomenti scettici contro l'esistenza del mondo esterno. Il libro che vedo lì, sul tavolo, non esiste fuori da me, afferma lo scettico radicale, esiste solo come impressione in me, sensazione nei miei organi di senso. Ma il mio stesso “me”, ed i miei “organi di senso”, mi sono dati da, o sono intimamente collegati con, i sensi ed i loro organi, sono “impressioni soggettive”. Lo scetticismo radicale si avvolge su se stesso, la negazione della realtà del mondo distrugge la stessa realtà del soggetto che dubita.
Il dubbio in realtà presuppone alcune certezze, senza le quali neppure può essere espresso. Per poter dire che il libro sul tavolo non esiste fuori di me, devo comunque dare per scontata l'esistenza di qualcosa che chiamiamo “libro” e devo dare per scontato che anche gli altri esseri umani vedano, esattamente come me, questo qualcosa. Anche solo per essere negata l'esistenza del mondo deve venire ammessa. Accettiamo pure che ciò che chiamiamo “libro” sia solo una impressione soggettiva, si tratta pur sempre di una impressione di tipo completamente diverso dalle altre. Qualcosa che ha una oggettiva capacità di entrare nella coscienza di soggetti diversi da me.
Non a caso lo scetticismo radicale esposto da Cartesio nelle "meditazioni metafisiche" approda al solipsismo. Di tutto posso dubitare, afferma Cartesio, tranne del fatto che sto dubitando. “Cogito ergo sum”. La certezza della mia esistenza di soggetto pensante, disincarnato, unico al mondo, è l'unica che si salva dal dubbio radicale. Come si sa è a partire da questa unica certezza che Cartesio cercherà di fondare su basi granitiche la conoscenza del mondo. Però, è corretto il discorso cartesiano? Per Wittgenstein l'intera argomentazione di Cartesio si basa su un equivoco linguistico. Cartesio dà per scontato che il significato dei termini resti sempre lo stesso nel decorso del tempo. Il significato del termine “dubbio”, ad esempio, è oggi lo stesso che era ieri e sarà domani lo stesso di oggi. Ma come può essere fondata una tale certezza? Se esisto solo io, disincarnato essere pensante, i miei ricordi sono l'unico strumento che ho per stabilire l'invarianza del significato dei termini. Io ricordo che il significato del termine “dubbio” è oggi lo stesso di ieri. Ma come posso essere certo di ricordare bene? Verificare l'esattezza di un ricordo ricorrendo ad altri ricordi è, afferma Wittgenstein, come verificare l'esattezza della notizia pubblicata da un giornale comprando altre copie dello stesso giornale. L'invarianza dei significati e delle regole del linguaggio può essere assicurata solo dalla esistenza un linguaggio pubblico, intersoggettivo. Gli altri soggetti però, cioè gli altri esseri umani, mi sono esterni esattamente come gli alberi, i libri ed i tavoli, sono parte di un mondo reale, oggettivo. Ben lungi dal fondare l'esistenza del mondo il “cogito” cartesiano in realtà ne dipende.

Non intendo compiere una analisi minimamente approfondita dello scetticismo filosofico, si tratta di un lavoro superiore alle forze di chi scrive. Quello che mi preme sottolineare è che in realtà nessuno è davvero radicalmente scettico. Il miglior scetticismo, quello di Hume ad esempio, non cerca di dimostrare che veramente il mondo è solo un “fascio di sensazioni”, sottolinea piuttosto l'impotenza, o le difficoltà, della ragione a dimostrare l'esistenza del mondo. Si tratta di un'azione intellettualmente stimolante, ma... è davvero necessaria? La ragione e la logica possono smontare molte delle argomentazioni scettiche, ma la dimostrazione dell'esistenza del mondo resta fuori dalla loro portata. La cosa però è assai meno grave di quanto non possa sembrare a prima vista. Come diceva Aristotele, non di tutto può darsi dimostrazione. L'esistenza del mondo è data immediatamente dai sensi, non può essere rigorosamente dimostrata perché è il presupposto di ogni dimostrazione, un po' come il principio di non contraddizione, indimostrabile perché ogni dimostrazione lo presuppone.
Sarebbe possibile dimostrare qualcosa se non esistesse una esperienza comune? Se quando dico “gatto” io vedessi un gatto, ma Tizio un cane, Caio un tavolo e Sempronio una torta al cioccolato, se questo accadesse, sarebbe possibile qualsiasi tipo di rapporto fra me, Tizio, Caio e Sempronio? E se il PC di cui mi sto servendo per scrivere si trasformasse fra un attimo in una bomba a mano, e fra due in un fiume di montagna, potrei io scrivere qualcosa? Potrei dare un significato stabile ai termini “PC”, “bomba a mano”, “fiume di montagna”? Si metta in dubbio l'esistenza del mondo e, nel mondo, di almeno certe regolarità e tutto svanisce, ogni dimostrazione diventa impossibile e con questa diventano impossibili ogni azione, ogni tipo di rapporto fra gli esseri umani. E' la vita prima che la teoria a confutare lo scetticismo. Nessuno è davvero scettico perché il fatto stesso di vivere costituisce la prima, formidabile, confutazione delle istanze dello scetticismo radicale.

Nessuno quindi è, sul serio, un vero scettico. Tutti credono che esista un mondo retto da alcune regolarità e che vivano, nel mondo, altri esseri umani. Tutti sono convinti che il mondo esistesse prima della loro nascita e continuerà ad esistere dopo la loro morte. Se qualcuno dubitasse davvero di cose simili non potrebbe neppure esprimere il suo dubbio, anzi, non potrebbe in nessun modo vivere la sua vita. Potrebbe solo tacere e lasciarsi morire.
Però, se non ci sono veri e coerenti scettici ci sono nel mondo moltissimi scettici incoerenti ed intellettualmente poco onesti. Non mi riferisco ai filosofi scettici il cui bersaglio non è, il più delle volte, costituito dalla realtà del mondo ma dalle eccessive pretese della ragione umana. Mi riferisco a certi personaggi che da un lato invitano tutti a dubitare di tutto continuando nel contempo a dare per scontate le ragioni del senso comune, anzi, facendo spesso appello a queste. Il campo di applicazione del loro scetticismo incoerente e poco onesto è infatti ciò che di più vicino al senso comune, quindi lontano dallo scetticismo filosofico, possa immaginarsi: la vita degli esseri umani, in particolare la loro vita politica e sociale. Questi scettici incoerenti e poco onesti intellettualmente formano numerosi gruppi. Qui se ne prenderanno in considerazione due, fra i più importanti: i complottisti, o paranoici del complotto e gli illusi inguaribilmente ottimisti.

Il complottista non è chi crede che a volte ci siano dei complotti. Il complotto fa parte del mondo, è una delle azioni che gli esseri umani metto non in atto nel mondo. Il complottista è un paranoico che vede complotti ovunque, e li vede anche se nulla prova la loro esistenza, anzi, meno prove ci sono del complotto più il complottista crede nella sua esistenza.
Prendiamo ad esempio gli attentati dell'undici settembre. Si tratta di un evento vissuto in prima persona da un numero altissimo di esseri umani. Migliaia di persone hanno visto gli aerei schiantarsi sulle torri ed altre migliaia hanno visto quello che si è schiantato sul Pentagono. Inoltre ci sono innumerevoli filmati, le telefonate che alcuni passeggeri sono riusciti a fare ai loro cari poco prima dell'impatto, c'è la rivendicazione pubblica di Al Qaeda, e ci sono le immagini sconvolgenti di grandi folle di mussulmani scesi in piazza per esternare la loro gioia alla notizia dell'attentato. Chi nega gli attentati e la loro matrice islamista si comporta come farei io se negassi l'esistenza del PC sul quale in questo momento sto scrivendo. Ed è precisamente questo ciò che fanno i complottisti. Nessun aereo si è schiantato sul pentagono e sulle torri gemelle, affermano. Il pentagono è stato centrato da un missile, le torri sono crollate perché la CIA ed il Mossad avevano piazzato al loro interno una gran quantità di cariche esplosive. E i testimoni che hanno visto gli aerei? Mentono, sono americani quindi, per definizione, complici della CIA. E le drammatiche telefonate dei passeggeri degli aerei? Sono dei falsi. E la rivendicazione di Al Qaeda? Ma, lo sanno tutti che Al Qaeda è formata da agenti della CIA e del Mossad! Nessuna prova può smontare la tesi del complotto perché la prova stessa è parte del complotto, nessun testimone può confutarla perché i testimoni sono complici dei cospiratori. Il complotto genera altri complotti, all'infinito. Il complottista non teme ciò che il mondo può dire perché il mondo è esso stesso una manipolazione dei congiurati.
Considerazioni simili possono farsi a proposito dei recenti, tragici avvenimenti di Parigi. Per qualsiasi persona normale, quali che possano essere le sue idee, ciò che è avvenuto a Parigi è chiaro come la luce del sole. Un gruppo di islamici fanatici ha ucciso alcuni vignettisti “rei” di non aver rispettato il profeta. Altri fanatici hanno fatto fuori quattro ebrei, e speravano di massacrare un buon numero di bambini ebrei, perché, si sa, fra tutti gli infedeli gli ebrei sono i più infidi ed hanno inoltre il pessimo difetto di reagire con grande determinazione quando vengono aggrediti. Tutto chiaro quindi? Si, tutto chiaro per le persone normali, non per i paranoici del complotto. Per questi tutto ciò che dimostra, al di la di ogni ragionevole dubbio, la matrice islamista degli attentati costituisce la prova che questi sono la risultante di un complotto diabolico ordito, ma guarda un po', da CIA e Mossad. Un attentatore ha perso nella azione la carta di identità? Non può essere vero, è una prova “costruita”, i terroristi infatti non commettono mai il minimo errore. Esiste un video in cui un terrorista, poi ucciso, grida alta e forte la sua fede ed i suoi propositi omicidi? Figuriamoci se è autentico!
In un processo cosa fa l'accusa? Cerca di avvalorare le sue tesi esibendo prove, testimonianze, a volte addirittura la confessione dell'imputato. I paranoici del complotto si comportano in modo diametralmente opposto. Tutto ciò che prova la matrice islamista di un attentato è in realtà dimostrazione della sua matrice non islamista. Più si accumulano le testimonianze, i reperti, le prove, le stesse confessioni, a carico di qualcuno più questo qualcuno è, per il paranoico, estraneo ai fatti.

Ciò che prova la non esistenza del complotto è la risultante di altri complotti, la mancanza di prove “prova” l'esistenza del complotto, le prove di colpevolezza diventano prove di innocenza, e viceversa. Il mondo del complottista è un mondo rovesciato che nulla ha a che vedere con quanto ogni giorno l'esperienza sensibile ci rivela.
Tutto ciò che sai è falso”, ha ripetuto e ripete fino alla nausea Beppe Grillo, ma, se tutto ciò che so è falso, cosa ne è del mondo che mi circonda e che appare, ai miei ingenui occhi di normale essere umano, “vero”? L'albero che vedi la in fondo non esiste, è una oleogramma che un ignoto cospiratore proietta per indurti a credere che esista un albero, sussurra il complottista. In questo modo però il mondo scompare. Tutto diventa frutto di menzogna cospirativa, esattamente come nelle meditazioni di Cartesio il mondo diventa un inganno del genietto malefico, o , sempre in Cartesio ed in molti filosofi scettici, sogno o illusione.
Ma, esattamente come gli scettici radicali, anche il paranoico del complotto va incontro ad insuperabili aporie. Se tutto è sogno o illusione è illusoria anche la distinzione fra sogno e veglia, realtà ed illusione. Se tutto ciò che so è falso che senso hanno i termini “vero” e “falso”? Ha senso parlare di “falsità” se e solo se esistono criteri di verità che permettano di distinguere il vero dal falso. Una volta ridotto il mondo ad una unica, grande menzogna è impossibile parlare di verità, ma lo è anche parlare di falsità. Il risultato ultimo della paranoia complottista è il celebre paradosso del mentitore: dicendo “sto mentendo” mento se dico il vero e dico il vero se mento. Riducendo tutto a complotto il complottista paranoico deve ammettere di non poter in alcun modo dimostrare di non essere, lui stesso, un oscuro cospiratore. Forse il più diabolico dei congiurati è chi cerca di convincerci che tutto nel mondo è nelle mani di congiurati misteriosi e potentissimi.
Le aporie cui va incontro il paranoico del complotto sono in realtà più gravi e profonde di quelle in cui si imbatte il filosofo scettico. Questi parla di cosa in se, di sostanza materiale contrapposta a sostanza spirituale, delle componenti ultime della realtà. Sono queste ad essere investite dal suo dubbio distruttivo. Il complottista invece si riferisce alla vita di tutti i giorni e la dissolve col germe del dubbio paranoico nel momento stesso in cui ne riconosce la corposa esistenza. I complotti sono orditi dai servizi segreti per difendere gli interessi delle multinazionali, della finanza e del sionismo, sussurra, o strilla, dipende dai casi, il paranoico complottista. Qui siamo ben lontani dal noumeno kantiano o dalla sostanza materiale di Berkeley. Siamo inseriti fino al collo nel mondo di tutti i giorni, la cui realtà viene riconosciuta senza esitazioni dal complottista. Eppure è proprio questa realtà che egli dissolve con la sua paranoia nichilista. Il paranoico del complotto distrugge il mondo reale e sostituisce ad esso un mondo spettrale fatto di multinazionali, agenti segreti, oscuri finanzieri, perfidi sionisti. Però, una volta distrutta la realtà del mondo, questi stessi soggetti perdono ogni determinazione positiva. Gli agenti segreti, i finanziari, le multinazionali, i sionisti di cui ci parla il paranoico del complotto non hanno più nulla a che vedere con le multinazionali, gli agenti segreti, i finanzieri, i sionisti reali. Cessano di essere istituzioni umane, e reali esseri umani, per diventare fantasmi onnipotenti e, in linea di principio, inconoscibili. Spettrali burattinai che tirano le fila di un mondo ridotto all'ombra di se stesso.

Un secondo gruppo di scettici poco coerenti ed intellettualmente disonesti è costituito dagli illusi, o dagli ottimisti ad oltranza. Di chi si tratta? Molto semplicemente di tutti coloro che sostituiscono al mondo la loro immagine mielosa, zuccherosa del mondo.
Il campo in cui questi scettici incoerenti e poco onesti possono dar miglior prova di tutta la loro abilità mistificatoria è costituito, ancora una volta, dal fondamentalismo islamico e dai suoi rapporti con l'occidente.

Sbattiamo la faccia tutti i giorni in un fatto grande come una casa, anzi, una torre, meglio ancora, DUE torri: Il fondamentalismo islamico ha dichiarato guerra all'occidente ed il cosiddetto “islam moderato”, ha pochissima voglia di contrastarlo, comunque non è in nessun modo in grado di farlo. In tutto il mondo i fondamentalisti fanatici sono all'offensiva. Il loro bersaglio privilegiato è l'occidente, ovviamente, in subordine quei governi islamici che, per interesse e real politik, non certo per una reale diversità politica e culturale col fondamentalismo, collaborano, in maniera incerta ed esitante, con l'occidente. A tutto questo si accompagnano lotte feroci interne allo stesso fondamentalismo che ricordano le guerre di religione che secoli fa hanno insanguinato l'Europa.
Eppure alle anime belle occidentali tutto questo non è chiaro. Ad ogni attentato strillano che i terroristi non rappresentano il “vero islam”, che si tratta di folli isolati, o di “falsi islamici” che gettano fango sulla loro religione. Dal mondo scompaiono le masse urlanti che inneggiano alla guerra santa, i fanatici pronti a reagire a tutto ciò che a loro appare “offensivo” uccidendo il primo che passa, e il loro posto è preso da un ipotetico islam moderato, laico, tollerante, una nuova figura spettrale che non trova rispondenza alcuna nel mondo reale ma ha il grosso pregio di assecondare le illusioni della anime belle.
Il vero Islam sarebbe costituito dai pochissimi che, spesso per opportunismo più che per convinzione, rilasciano esitanti e reticenti dichiarazioni di condanna del terrorismo. Le grandi masse che urlano in tutte le piazze la loro ammirazione per i fanatici assassini decadono invece al ruolo di “falsi islamici”. E' un po' come se le folle oceaniche che applaudivano i discorsi di Hitler fossero state classificate “falsi nazisti”, o si fosse affibbiato l'appellativo di “falsi comunisti” alle centinaia di milioni di lavoratori di tutto il mondo che consideravano Stalin il loro liberatore, o se le guardie rosse che sventolavano urlanti il libretto rosso di Mao fossero state definite “falsi maoisti”. Il vero diventa falso ed il falso diventa vero.
Ma, ancora una volta, questa sostituzione del vero col falso, della realtà con ciò che noi vorremmo fosse la realtà, fa perdere a tutto le sue caratteristiche peculiari. Cosa sarà mai il “vero Islam” laico, tollerante, moderato se non ci sono leader che lo rappresentino, stati nella cui politica possa concretizzarsi, masse che lo seguano, una coerente teoria che ne esponga le idee, i valori, gli obiettivi? E, che senso ha definire “falso islam” quello dei terroristi e dei fanatici? Ammettiamo pure, per comodità di ragionamento, che quell'Islam sia davvero “falso”. E allora? Sarà falso ma agisce, è all'offensiva, riempie le piazze di folle urlanti, recluta di continuo militanti. Anche se si trattasse di una “cattiva interpretazione” dei testi sacri sarebbe comunque una interpretazione egemone, un enorme movimento di massa con cui dobbiamo misurarci. Definirlo “falso” non spiega il segreto del suo successo, non ci fa capire perché sia tanto pericoloso. Serve solo ai tentativi di rimozione. I terroristi sono “falsi islamici”, quindi non occorre preoccuparsi troppo; nel mondo ci sono tantissimi mussulmani, ma non seguiranno mai gli strateghi del terrore perché questi “pervertono il vero Islam”. Moltissimi li seguono però, e con entusiasmo, ma questo agli illusi ed agli ottimisti ad oltranza interessa poco: una volta che l'Islam “autentico” sia stato separato dalla prassi omicida dei terroristi l'occidentale “buono” dorme sonni tranquilli. Incurante di tutto può ricominciare a predicare il dialogo ed il civile confronto con chi semina morte. Questo solo gli interessa: nulla deve mettere in pericolo la sua politica zuccherosa ed amorevole. Se per portarla avanti occorre costruire un mondo di zucchero filato da sostituire a quello reale, ben venga lo zucchero filato.

Ma le anime belle, gli illusi ed i paranoici non si limitano a sostituire un mondo fasullo a quello reale. Con la loro teoria e la loro prassi fanno letteralmente a pezzi la condizione stessa del retto discorso, il vecchio, fondamentale, principio di non contraddizione.
Ci si guardi intorno. Fra gli amici dell'Islam, ci sono moltissimi strenui difensori dei diritti dei gay, femministe radicali, laicisti impenitenti pronti ad indignarsi se qualche cardinale fa discorsi che possano apparire indebite intrusioni del clero nella politica. Eppure queste stesse persone non esitano ad esprimere tutta la loro simpatia per una civiltà in cui le donne sono ridotte ad una condizione che ricorda da vicino la schiavitù, i gay rischiano l'impiccagione e non esiste alcuna separazione fra potere politico e potere religioso. Ed ancora, da sempre la sinistra da spiegazioni sociali per ogni ronzio di mosca. Tutto deve essere ricondotto alle sue cause profonde che sono, sempre, di tipo socio economico. Eppure quando qualche islamista spara a casaccio sulla folla si parla spesso di casi isolati, gesti individuali di folli esaltati ed altre simili facezie. Dopo che il marxismo ha  polemizzato per oltre 150 anni contro la teorizzazione dell'astratto individuo isolato dal suo ambiente sociale che, per i marxisti, sarebbe una invenzione degli economisti borghesi, i post marxisti separano totalmente i terroristi islamici dalla loro cultura e dalla loro società. Ne fanno qualcosa di ben diverso da “astratti individui”, li trasformano in figure totalmente extrasociali, extraculturali, una sorta di alieni venuti da un altro pianeta al solo scopo di fare un po' di casino qui da noi, in occidente.
Questo rovo inestricabile di contraddizioni si basa, è chiaro, sulla rimozione del mondo operata dagli illusi e dai paranoici. Una volta che il mondo reale sia stato sostituito da un mondo posticcio tutto può essere sostenuto. Però, come si è già sottolineato, distruggere la realtà non è affatto una operazione facile. Il mondo vero ha la pessima abitudine di continuare ad esistere anche dopo che paranoici ed illusi hanno dichiarato la sua non esistenza. E tutti, compresi gli illusi ed i paranoici devono ogni tanto sbattere la faccia con quanto avviene nel mondo, quello vero. E così i paranoici e gli illusi possono continuare a trastullarsi con le loro fantasie solo a patto di abbandonare ogni coerenza nel discorso. Vogliono le “quote rosa” e difendono il burka, strillano contro l'omofobia, vera o presunta che sia, e non dicono mezza parola se un gay viene impiccato in qualche teocrazia medio orientale, sono i più strenui difensori del laicismo ed amano Hammas che vuole sostituire la democrazia israeliana con uno stato la cui costituzione sia il Corano. Tutto va bene, si può sostenere tutto ed il contrario di tutto, senza problemi, allegramente, con un sorriso un po' stupido stampato in viso. Tutto va bene, purché non contraddica la melassa zuccherosa dell'ideologia politicamente corretta.

I paranoici del complotto e gli illusi non elaborano, ovviamente, alcuna nuova filosofia scettica, né cercano di sostituire alla logica basata sul principio di non contraddizione una nuova logica che cerchi di “superare” tale principio. Non sono né dei novelli Hume né dei novelli Hegel, anzi, accostare a loro i nomi di filosofi di tale statura è una autentico sacrilegio. Paranoici ed illusi sono solo un esempio di quella insostenibile leggerezza del pensiero che caratterizza l'occidente politicamente corretto di oggi. Il pensiero debole politicamente corretto non cerca di interpretare il mondo, si limita a costruire mondi in armonia con le sue illusioni buoniste e le sue paranoie. Non è interessato alla coerenza, qualsiasi cosa si possa intendere con questo termine, e non cerca neppure di elaborare una teoria filosofica della incoerenza. Si limita a sostenere qualsiasi cosa, con nonchalance.
Il pensiero politicamente corretto fissa alcune teorie generali sul mondo, accettate a priori per vere, e conferisce a tali teorie il valore di principi assoluti. Ad esempio: non esistono superiori ed inferiori, solo “diversi”; l'occidente deve farsi perdonare secoli di prevaricazioni; le culture sono tutte uguali; tutte le forme di sessualità hanno la stessa rilevanza sociale; non ci sono differenze etiche fra uomo ed altri animali e così via. Fissa queste teorie, spacciate per principi, senza darsi la pena di comprenderne le implicazioni, senza neppure verificare se siano compatibili fra loro. Fatto questo i politicamente corretti sostengono tutto ciò che si accorda, o sembra accordarsi con queste teorie e condannano senza appello tutto ciò che gli si oppone o sembra opporglisi. E se il mondo dice che tali teorie sono incompatibili con la sua realtà? Se ad esempio appare con palmare evidenza che non tutte le culture sono uguali, non tutte rispettano nello stesso modo la dignità umana? Al diavolo il mondo! E se sostenere insieme un certo principio ed un altro risulta del tutto incoerente? Al diavolo la coerenza! I paranoici e gli illusi, più in generale tutti i politicamente corretti, non si fanno infastidire dal reale e dalla logica. La verità e la coerenza non li interessano, vivono in un mondo in cui i concetti stessi di coerenza, verità e falsità sono del tutto privi di senso.
Hanno diritto di farlo, in fondo. Tutti possono costruirsi un mondo ed una logica “privati”. Il guaio è che vorrebbero costringere gli altri a viverci, nel loro mondo fasullo ed incoerente. E' solo un ridicolo castello castello di carte, il loro mondo. Qualcuno potrebbe pensare che sia un mondo innocuo, in cui si potrebbe anche vivere. Sbaglierebbe, perché si tratta di un castello di carte che nasconde, molto spesso, l'inferno.