lunedì 13 novembre 2017

NUMERI E DINOSAURI


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Qualcuno in Italia si è ricordato del centenario della rivoluzione d'Ottobre: i ruderi del comunismo. Dopo aver marciato a Mosca questi dinosauri hanno marciato di nuovo, a Roma, ricordando i vecchi, gloriosi, 10 giorni che sconvolsero il mondo. Uno dei loro leader, Marco Rizzo, intervistato, ha negato con forza che il comunismo reale sia costato al genere umano, più o meno, 100 milioni di vittime.
“Cosa significa”, ha detto Rizzo, “affermare che il comunismo ha prodotto 100 se non addirittura 120 milioni di morti (...)? Nulla. In primo luogo perché si tratta di numeri gonfiati e privi di riscontro storiografico attendibile.”
Numeri privi di riscontro. Certo, nessuno li ha contati uno ad uno quei morti, esattamente come nessuno ha mai contato una per una le vittime del nazismo. Tra l'altro nei vari paradisi dei lavoratori era molto, molto difficile effettuare indagini oggettive ed equilibrate. Le uniche cifre disponibili erano quelle diffuse dalle autorità ufficiali, e tanto dovrebbe bastare per insospettire persone dotate di normale buon senso.
Ma non si tratta affatto, come il signor Rizzo lascia intendere, di cifre buttate li a caso. La scrittrice e saggista cinese Jung Chang e suo marito Jhon Halliday calcolano le vittime del maoista “gran balzo in avanti” in maniera estremamente accurata: confrontano il numero dei morti, fornito dalle statistiche ufficiali, negli anni immediatamente precedenti e successivi il periodo 1958 - 1961. La media dei decessi nei tre anni precedenti il 1958 è pari a 1,08% della popolazione totale. Quella dei tre anni successivi al 1961 è dell'1%. Nei quattro anni del “gran balzo in avanti” le percentuali dei morti furono del 1,20%, 1,45%, 4,34% e 2,83. In quegli anni ci fu, per riassumere, una eccedenza di morti pari a 37,67 milioni. Queste cifre sono sufficientemente accurate a parere del signor Rizzo?
Ma, sono da addebitare al regime quei morti? Sicuramente SI. Mao mise in atto una politica di autentica spoliazione delle campagne. I contadini vennero obbligati ad entrare nelle comuni popolari dove lavoravano praticamente come schiavi. Il raccolto veniva quasi completamente loro sottratto. Mao intendeva incrementare le esportazioni di generi alimentari per finanziare il programma di riarmo atomico della Cina, e non indietreggiò di fronte a nulla.
“Durante i due anni critici”, il 1958 ed il 1959”, ricorda Juang Chang in Mao, la storia sconosciuta, “le sole esportazioni di cereali, che ammontarono quasi certamente a sette milioni di tonnellate, avrebbero potuto fornire l'equivalente di oltre 840 calorie al giorno per 38 milioni di persone: la differenza fra la vita e la morte”.
Val solo la pena di aggiungere che simili politiche terroriste furono messe in atto anche in URSS. Lo storico sovietico Roy Medved, non un “anticomunista viscerale”, potremmo definirlo un comunista riformatore, calcola in circa 22 milioni di morti le vittime del solo stalinismo. E ricorda che negli anni del grande terrore nella sola Mosca si fucilavano circa 2000 persone al giorno!

Ma il signor Rizzo non si limita a contestare le cifre sulle vittime del comunismo, aggiunge polemicamente acute considerazioni sulle vittime del capitalismo.
“Quanti sono” si chiede, “i morti causati dalle guerre capitalistiche in duecento anni? Quanti quelli delle carestie, determinate dalle politiche imperialiste nel continente africano? Quanti morti ha prodotto l’assenza di assicurazioni sociali e sanitarie per i lavoratori nella democratica America? Se ragionassimo con gli stessi criteri che si vogliono applicare ai “morti del comunismo” non c’è alcun dubbio, il capitalismo è il sistema più criminale della storia”.
Molto interessante. Il signor Rizzo prima stabilisce che tutte le guerre sono causate dal “capitalismo”, quindi mette i morti di tutte le guerre degli ultimi due secoli a carico di questo sistema. Ideologia, contrasti dinastici, nazionalismi, fanatismo religioso, tutto scompare. Resta solo la cupidigia borghese tesa ad allargare senza sosta i mercati, in una parola, il “capitalismo”, e questo è responsabile di ogni guerra e di tutte le sue vittime.
Sono a carico del “capitalismo” anche i morti delle guerra fra stati comunisti come la Cina, il Vietnam e la Cambogia, o le vittime provocate dalle innumerevoli guerre civili che dilaniano l'Islam? E che dire della seconda guerra mondiale nel cui scoppio sono evidentissime le responsabilità dell'URSS? I morti causati dall'aggressione sovietica alla Polonia, divisa in parti eguali fra Stalin ed Hitler, sono da addebitare al “capitalismo”? Gli ufficiali polacchi massacrati a Katyn sono da mettere in carico alla “borghesia internazionale”? E che dire di quelli causati dal modo con cui Stalin condusse la guerra, a partire dalla sottovalutazione criminale dei pericoli di attacco tedesco? l'URSS ha avuto nel secondo conflitto mondiale, da sola, quasi altrettanti caduti di tutte le altre potenze messe insieme. Colpa della furia hitleriana, certo, ma anche della totale insensibilità di Stalin per le sofferenze del suo popolo. Anche questo è a carico dell'economia di mercato?

Considerazioni analoghe si possono fare per le altre cause di morte che il signor Rizzo ascrive alla “cupidigia capitalistica”.
Se in paesi sottosviluppati, in cui il capitalismo di fatto non esiste, la speranza di vita è molto bassa la colpa di chi sarà mai? Domanda inutile... sarà del... capitalismo! E se in quei paesi scoppia una carestia la responsabilità è di certo dell'imperialismo capitalista, anche se si tratta di paesi di fatto marginalizzati dal mercato mondiale, semmai è questo il loro problema!
Si prenda la classifica mondiale dei paesi per speranza di vita (aggiornata al 2014) I primi dieci sono tutti paesi capitalisti. Al primo posto si situa il Giappone, con una speranza di vita di 82,5 anni, al secondo l'Italia, al quinto la Svizzera. La Cina è al posto numero 83, la Corea del Nord occupa il numero 122. Negli Usa, che pure sono indietro nella classifica, posto n. 29, si vive in media quasi 80 anni, in Corea del nord 69, se i dati forniti da questo democratico paese sono attendibili, cosa quanto meno dubbia. Ma di questo non si occupa il signor Rizzo: preferisce mettere in conto al capitalismo le morti per malattia degli americani poveri non coperti da polizza sanitaria.

In realtà quando si parla delle morti causate dal comunismo non ci si riferisce ai caduti per incidenti sul lavoro, o ai morti per malattia imputabili ad un cattivo sistema sanitario. I cento milioni di morti non includono le vittime di Cernobyl o quelle per incidenti in qualche modo ascrivibili ad una economia assolutamente inefficiente. Non comprendono neppure i soldati sovietici caduti nel corso del secondo conflitto mondiale, anche se molti di loro sarebbero da imputare alla conduzione staliniana dello stesso, e neppure i caduti cinesi nella guerra di Corea. Quei cento milioni di morti comprendono solo le vittime di specifiche politiche criminali messe in atto dai vari Stalin, Mao, Pol Pot, Castro eccetera.
Comprendono i caduti nei campi di lavoro forzato, o di “rieducazione”, i tristemente famosi gulag e laogai, comprendono i contadini morti di fame a causa delle requisizioni dei raccolti, della “eliminazione del Kulak in quanto classe”, della collettivizzazione forzata dell'agricoltura in URSS ed in Cina. Comprendono le vittime dei Kmer rossi, i cambogiani deportati nelle campagne e costretti a massacranti lavori forzati. Comprendono, per fare un esempio specifico, i 250.000 (DUECENTOCINQUATAMILA) lavoratori forzati caduti in meno di due anni durante la costruzione di un canale fra il mar baltico ed il mar bianco, opera che alla fine si rivelerà del tutto inutile, ma fortemente voluta da Stalin. Di questa opera parla Solzgenicyn in “arcipelago gulag”. Di certo il grande scrittore non è simpatico al signor Rizzo. Bene, ammettiamo, per pura comodità di ragionamento, che Solzgenicyn abbia esagerato, che i morti siano stati non 250.000 ma “solo” 25.000. Ebbene, il signor Rizzo è in grado di citare la costruzione di una sola grande opera in un qualsiasi paese capitalistico che sia costata in meno due anni non 25.000 ma “solo” 2.500 morti? Non credo...
Ed ancora, quei cento milioni di morti comprendono i militanti fucilati dei partiti non bolscevichi, gli operai spediti in Siberia o al plotone di esecuzione per avere scioperato, o i contadini giustiziati per aver rubato un pugno di grano. Comprendono anche le vittime della grandi purghe, moltissimi comunisti. Fra loro ci sono i marinai di Kronstad, prima definiti “eroi della rivoluzione”, poi fatti giustiziare in massa da Trotzy. Comprendono lo stesso Trotzky, dopo Lenin il principale organizzatore del colpo di mano dell'Ottobre. Comprendono numerosi stalinisti e maoisti, come Kirov, il cui omicidio che diede inizio alla fase più selvaggia delle purghe fu probabilmente organizzato da Stalin, o Sorgo Ordzonikidze, vecchio compagno d'armi del tiranno georgiano, suicidatosi nel 1937, quando capì che Stalin aveva deciso di eliminarlo, o come Lin Piao, prima fanatico diffusore del libretto rosso poi “traditore” del comunismo maoista. Il signor Rizzo parla, bontà sua, degli “errori” del socialismo reale. Un simile accenno ad “errori” sarebbe bastato negli anni 30 a spedirlo al plotone di esecuzione. Se fosse vissuto nel “paese dei lavoratori”!
E' inutile continuare. Il signor Rizzo si è chiesto dove si arriverebbe se si applicassero al capitalismo i criteri di conteggio delle vittime che qualcuno applica al comunismo. E' vero precisamente il contrario: se si applicassero al comunismo i criteri che il signor Rizzo usa col capitalismo i morti per comunismo non sarebbero 100 milioni, questa cifra dovrebbe essere almeno raddoppiata, o triplicata. E tanto basta.

Per concludere un'ultima considerazione. Le società democratiche dell'occidente, che è abbastanza riduttivo definire semplicemente come “capitaliste”, non sono di certo perfette. I loro sistemi politici sono difettosi, i diversi sistemi sanitari, assicurativi o fiscali spesso degni di critiche; in esse esistono corruzione e violenza. Insomma sono tutto meno che “paradisi”.
La accumulazione originaria capitalista dal canto suo è costata enormi sofferenze ad una grande quantità di esseri umani, ed anche oggi l'economia di mercato non è di certo un meccanismo perfetto. Inflazione, disoccupazione, spesa pubblica abnorme, diavolerie di una finanza fuori controllo, incertezza del futuro: l'elenco dei problemi delle moderne economie occidentali è lungo, e nulla assicura che saranno risolti positivamente.
Però una cosa è possibile dirla. Queste economie, grazie anche all'intervento della politica, si sono dimostrate in grado di auto riformarsi. I confini della democrazia si sono allargati consentendo a tutte le classi sociali di far sentire la loro voce . Alcune fondamentali rivendicazioni dei lavoratori sono state soddisfatte, sia pure al prezzo di lotte a volte aspre. Piaccia o non piaccia ai nostalgici dell'ottobre rosso, oggi la classe operaia, e più in generale i lavoratori, sono sostanzialmente integrati nel sistema, il che non vuol dire che non abbiano loro interessi da difendere e valori da propugnare, significa però che questi non sono un fattore di crisi permanente del sistema stesso. La lotta di classe insomma non ha distrutto il sistema, lo ha aiutato a trasformarsi ed in definitiva è finita col rafforzarlo.
Non si può dire lo stesso del comunismo. E' bastata un po' di trasparenza, la concessione di un minimo di libertà personali, una piccola crepa nel muro di Berlino ed il sistema è imploso miseramente su se stesso. E' rimasto in piedi in Cina, solo grazie alla trasformazione in una incredibile mistura di liberismo economico e autoritarismo politico, o in un paesi come la Corea del nord, non a caso aggressivo, chiuso al mondo e sempre più simile ad un lager a cielo aperto. Questa parabola del comunismo dovrebbe far riflettere le persone che vogliono affiancare la ragione alla fede.
Non ce ne sono però, fra i nostalgici di Stalin, Mao e Pol Pot.