sabato 14 novembre 2020

LA SOCIETA' GASSOSA


Churchill “razzista”, perché in Inghilterra hanno imbrattato la sua statua  - Il Riformista

Partendo da lontano.


Polemizzando contro chi nega il principio di non contraddizione Aristotele afferma nella metafisica:
“In verità è impossibile che essere uomo abbia lo stesso significato che non essere uomo, se è esatto che il termine uomo sta a significare non solo l'attributo di un'unica cosa ma anche quella stessa unica cosa (difatti noi non reputiamo che l'espressione significare un'unica cosa si identifichi con l'espressione significare un qualche attributo di un'unica cosa, giacché in questo caso i termini musico, bianco e uomo avrebbero un solo significato, e di conseguenza tutte quante le cose sarebbero un'unica cosa dato che esse verrebbero ad essere sinonime)”. (1)
Vediamo di chiarire. Per Aristotele l'errore fondamentale dei critici del principio di non contraddizione consiste nella confusione che questi fanno fra soggetto e predicato, sostanza ed attributi della sostanza.
L'enunciato: “Tizio è alto e giovane” non viola in alcun modo il principio di non contraddizione, eppure i termini “Tizio”, “alto” e “giovane” hanno diversi significati. Da un lato dire che A è B sembra eguagliare i significati di A e di B, dall'altro tali significati sono diversi fra loro. Sembra che il principio di non contraddizione sia violato. Le cose però non stanno così, per il semplice motivo che “alto” e “giovane” sono attributi che si predicano, da diversi punti di vista, di una stessa sostanza: “Tizio”. Dire che Tizio è alto non eguaglia il significato del termine “Tizio” con quello del termine “alto”, attribuisce al soggetto Tizio un determinato predicato. Allo stesso modo dire che Tizio è alto e giovane non eguaglia i significati di alto e di giovane. Si limita ad attribuire, da diversi punti di vista, a Tizio due diversi predicati. Il tutto perché esiste una differenza fondamentale fra soggetto e predicato, sostanza ed attributi della sostanza. Se questa differenza non esistesse nella proposizione: “Tizio è alto e giovane” la è verbo e la e congiunzione eguaglierebbero i significati di Tizio, alto e giovane. Come ben osserva Aristotele tutte le parole diverrebbero sinonime,”uomo” sarebbe lo stesso di “non uomo”, dire “uomo” equivarrebbe a dire “trireme” visto che di certo la trireme non è un uomo. Qualsiasi discorso sensato diverrebbe impossibile.

I succo del discorso di Aristotele che qui ci interessa è costituito da concetto di sostanza. Mi limito in maniera stringatissima all'essenziale. La sostanza aristotelica è sinolo di materia e forma, un ente unitario, empiricamente rilevabile e diverso sia dalle sue parti che dall'insieme dei suoi attributi. Un albero è qualcosa che mi è dato dai sensi e che sono in grado di distinguere da foglie e radici, e sono parimenti in grado di considerare separatamente dalla sua altezza o dalla durezza del suo tronco. Le cose sono, naturalmente, assai complicate. Il concetto di sostanza è stato al centro di serrate discussioni e polemiche che hanno attraversato praticamente tutta la storia del pensiero, ma non è di queste che intendiamo qui discutere. Del resto l'approfondimento serio di un simile tema sarebbe nettamente al di sopra delle forze di chi scrive. Ai fini del nostro discorso basta sottolineare la “durezza” della sostanza. La sostanza aristotelica non è mero aggregato, semplice collezione di parti o qualità. E' qualcosa di unitario, con una sua precisa identità. Quando si modifica, la sostanza lo fa in un certo modo, legato al suo essere quella certa sostanza e non altra. Il bambino diventa uomo, il seme pianta, il cucciolo animale adulto. Le sostanze possono interagire e modificarsi interagendo, ma ognuna lo fa a partire dalle sue caratteristiche specifiche, se queste vengono a mancare la sostanza semplicemente scompare. Interagendo con la freccia del cacciatore la sostanza cervo perisce. La sostanza costituisce la parte solida, pesante dell'essere. E' quella certa cosa li che nasce e si modifica restando tuttavia in tutto questo processo quella certa cosa lì. Fino al suo perire.

Uomo, società

Quali che siano i dibattiti e gli approfondimenti filosofici sul tema della sostanza la maggioranza dei filosofi e la quasi totalità del genere umano (filosofi compresi) concorda su un punto: il mondo esiste ed è costituito da enti che hanno caratteristiche proprie. Qualcosa che si può studiare, con cui si può interagire, che è possibile in una certa misura modificare ma sempre partendo da ciò che è. Gli enti del mondo non sono qualcosa di evanescente, fluttuante, inafferrabile. Sono realtà dotate di una loro identità ed una loro almeno relativa stabilità. Qualcosa di duro, di una durezza da cui è impossibile prescindere.
E fra questi enti è centrale l'uomo. Non è il caso qui di cercare una definizione di “uomo”. Molte ce ne sono, tutte evidenziano aspetti essenziali della sostanza uomo, tralasciandone altri. L'uomo è un bipede implume, un animale razionale, o politico, o tecnologico. Un animale simbolico, parlante, creativo. Un ente morale, l'unico, a quanto ne sappiamo, in grado di formulare imperativi etici ed obbedire, sia pure a fatica, agli stessi. Su ognuna di queste definizioni si può discutere, e si è discusso, moltissimo. Ma non è indispensabile farlo, a ben vedere le cose. Ognuno di noi sa che l'uomo è quell'essere li, quello che ognuno di noi è e con cui ognuno di noi si rapporta, tutti i giorni. Un ente fondamentale fra gli enti del mondo.

L'uomo non è un monolite immutabile o una monade senza finestre sul mondo. L'uomo è capace di modifica ed automodifica, è relazione, confronto, spesso scontro. E' un ente inquieto, in movimento, ma non è qualcosa di evanescente, inafferrabile. Non è una X di cui nulla si può dire perché in ogni momento è e non è se stessa. L'uomo è una sostanza e come tutte le sostanze ha una sua robusta, ineliminabile “durezza”.
Io sono un uomo, non “l'uomo in se”, questo è solo una idea astratta, importantissima ma priva di autonoma esistenza, tranne che per i platonici. Io sono quel certo uomo, col suo patrimonio genetico, le sue caratteristiche psicofisiche, la sua cultura, la sua storia personale inserita in una storia collettiva. Sono nato in una certa epoca, in una certa famiglia, in un determinato ambiente sociale, dentro una certa cultura e civiltà. Tutto questo fa di me ciò che sono, costituisce la mia identità.
Certo, posso cambiare e cambio, ma lo faccio sempre a partire da ciò che sono. Posso modificare alcune mie caratteristiche: la mia cultura, il mio aspetto fisico, alcuni aspetti del mio carattere, ma posso farlo sempre e solo facendo leva su altre mie caratteristiche, altri aspetti del mio carattere. Posso relazionarmi agli altri, e in questa relazione modificare alcune idee e punti di vista, ma posso farlo sempre partendo da idee e punti di vista che sono miei. La stessa propensione a confrontarmi ed eventualmente a cambiare è una mia caratteristica, parte della mia identità. In una parola, io posso cambiare perché non sono un mero fluttuare, perché ho la mia identità, sono io e non altro. Se non fossi una sostanza unitaria non potrei cambiare. Non potrei subire, o aver subito, quel processo naturale di cambiamento costituito dal passaggio dall'infanzia alla gioventù, dalla maturità alla vecchiaia, e non potrei esser stato protagonista di alcun cambiamento volontario, fisico o culturale. Il cambiamento si innesta sempre su alcuni fondamentali elementi di “durezza”, un po' come la scalata di una parete rocciosa è possibile solo se esistono solidi punti di appoggio. Chi fluttua, chi è ed insieme non è se stesso non cambia Per cambiare occorre essere in primo luogo uguali a se stessi.

Si possono fare considerazioni simili per la società. Certo, la società non è un super individuo di cui i singoli siano parti subordinate. Tizio, Caio e Sempronio non sono nella società qualcosa di paragonabile a ciò che cuore o polmoni sono nell'organismo umano. La società è un aggregato di individui e non ha quindi una unitarietà paragonabile a quella dei singoli. Ha però la sua unitarietà. La società è un aggregato, ma ogni aggregato per essere tale deve avere qualcosa che lo unifichi e gli dia forma. Senza un qualche collante gli aggregati si disperdono, allo stesso modo le società esistono, e continuano ad esistere, finché gli individui che le compongono sono in tenuti insieme da qualcosa. Le leggi innanzitutto, e dietro alle leggi le istituzioni, e chi le leggi le crea e le fa osservare. E, ancora più indietro, alcuni valori, idee, interessi largamente condivisi. Se la stragrande maggioranza dei membri di una società fosse convinta che è giusto scippare una vecchietta nessuna legge potrebbe proteggere le vecchiette dagli scippi, non ci sarebbe neppure chi arresta o condanna gli scippatori. Ed oltre a leggi ed istituzioni, idee, valori ed interessi ci sono i legami territoriali, linguistici, storici e culturali.
Nelle società libere e pluraliste dell'occidente ogni individuo vale e conta come individuo, ma non è una monade isolata. E' una sostanza unitaria che vive dentro una rete di relazioni sociali e culturali, si riconosce in certe tradizioni e certi valori, ha interessi che leggi ed istituzioni difendono e garantiscono. Se si sfalda questa solida rete di relazioni la società cessa di esistere e gli individui diventano degli sradicati privi di identità. La fine del vincolo sociale degrada il singolo a triste caricatura di se stesso.

Ordine o evanescenza

Le società, e con loro le culture e le civiltà, non hanno la stessa “durezza” sostanziale degli individui, non sono in alcun modo paragonabili ad organismi. Nazioni, classi sociali, etnie, culture, civiltà non sono super persone, ma non sono neppure aggregati fluttuanti, privi di collante e di identità.
Le società libere, aperte e pluraliste dell'occidente sono invece state fatte spesso oggetto di accuse di tal fatta. La società libera sarebbe un mero fluttuare privo di valori unificanti, un aggregato accidentale di individui sradicati.
E' interessante notare che se simili accuse fossero fondate le società libere e pluraliste non sarebbero più o meno difettose e meritevoli di critica, sarebbero semplicemente
impossibili. Una società priva di collante semplicemente non può esistere come società. I casi sono due: o le società pluraliste esistono, ed allora di tutto le si potrà accusare meno che di non costituire una forma di aggregazione relativamente stabile fra gli individui, o non hanno alcuna forma di aggregazione ed allora non possono esistere ed è insensato sottoporle a critica. Del resto, nessuno dei filosofi liberali si è mai sognato di sostenere che la società libera sia in quanto tale disgregata. I liberali sono stati prima sostenitori della monarchia costituzionale, poi la maggior parte loro di loro ha accettato la democrazia politica. Il principio della autodecisione delle nazioni è stato sostenuto con forza da molti grandi del liberalismo. Per restare solo allivello della analisi economica, i teorici del liberalismo e dello stesso liberismo economico non hanno mai considerato il mercato come un caos privo di centro unificante. La “mano invisibile” di Smith è appunto un potente centro di unificazione di quel caos, apparente, che sembra essere il mercato. Hayek ha contrapposto il “cosmos” alla “taxis”, l'ordine spontaneo alle regole stabilite centralmente, Proprio per questo non si è mai neppure sognato di teorizzare un mercato senza ordine.

Eppure da un po' di anni a questa parte le moderne democrazie liberali stanno assumendo aspetti che sembrano confermare le peggiori critiche dei nemici del pluralismo liberale. Bisogna avere il coraggio di guardare in faccia la realtà. Le moderne società liberali, più in generale la grande civiltà occidentale stanno subendo un processo di degenerazione verso quella che si può definire la
società gassosa. Una società priva di centro unificante, evanescente, mero aggregato di individui sradicati. Ed insieme ad una tale degenerazione della civiltà occidentale assistiamo al crescere di teorizzazioni su quello che dovrebbe essere l'uomo nuovo occidentale: un individuo senza di radici culturali, identità, sesso, valori. Una piuma sbattuta qua e la dal vento di mode effimere e di effimeri desideri. Un nulla in forma umane.
E' bene chiarire subito una cosa: una simile distopia
non può realizzarsi. La società disgregata non può esistere. L'affermarsi della disgregazione segnerebbe non la nascita di qualcosa ma solo la morte della nostra cultura e con questa delle nostre società. Né può davvero affermarsi l'uomo piuma. Ci piaccia o meno ognuno di noi ha la sua identità, il suo carattere, il suo sesso, la sua cultura. Possono però affermarsi e diffondersi a livello di massa i comportamenti, le idee, i valori dell'uomo piuma. E' un processo da tempo in atto nel decadente occidente dei giorni nostri, segno del nichilismo che ci sta divorando.

La società gassosa

A volte piccoli episodi costituiscono l'indice di grandi, profondi sconvolgimenti sociali.
Il 31 Ottobre 2020 è morto Sean Connery, a mio parere l'unico, il vero James Bond.
Tutti abbiamo presente che tipo fosse l'agente 007. Forte, coraggioso, donnaiolo, un po' maschilista, ma in maniera autoironica, simpatica. Poteva piacere non piacere, per lo più piaceva, alle donne più che agli uomini, ma in ogni caso James Bond era quel tipo lì. Protagonista di avventure dense di pericoli, conquistatore irresistibile di fantastiche fanciulle, amante del vodka Martini “agitato, non shakerato”.
Di recente è stato annunciato che sta per uscire un nuovo film (l'ennesimo) della serie James Bond. Solo che stavolta l'agente 007 sarà una donna, una bella ragazza di colore.
Sembra una notizia di poco conto, qualcosa che può riguardare al massimo i pettegolezzi, invece è sintomo dello stato attuale dell'occidente. I ruoli non esistono più. Non nel senso che non sono chiusi, predeterminati per sempre. Nel senso ben diverso che ognuno può ricoprire qualsiasi ruolo perché nessuno ha più una identità. Ognuno può essere se stesso e l'altro da se stesso; uno, nessuno e centomila.
James Bond cambia sesso e diventa donna. Domani potrebbe diventare gay, o disabile. Potremmo avere un Bond astemio o fanatico delle diete vegane, un Bond non violento che porge l'altra guancia ai cattivoni della Spectre. Avevamo un Bond al servizio di Sua Maestà britannica, potremmo avere un Bond nigeriano, russo o neozelandese. L'uomo piuma può essere tutto o il contrario di tutto, o nessuno.

Qualsiasi società è caratterizzata dalla esistenza di ruoli. Ciò che differenzia le società libere e pluraliste non è la mancanza di ruoli ma le modalità con cui è possibile accedervi. Chiunque, almeno sulla carta, può diventare presidente della repubblica, o primario in un grande ospedale, o campione sportivo, ma questo non vuol dire che chiunque può essere oggi presidente della repubblica e domani centravanti di sfondamento. Si è liberi di accedere al tal ruolo ma vi si accede o meno a partire da ciò che si è. Chi è deboluccio in matematica non diventerà mai nobel per la fisica, un tipino gracile che pesa 50 chili non può sfidare il campione del mondo dei massimi, ancora meno può misurarsi con lui una ragazzina che di chili ne pesa 40. Ed ancora, alcuni ruoli sono aperti a tutti, altri no perché legati ad ineliminabili caratteristiche naturali. Un maschio non potrà mai partorire, se lo facesse cesserebbe di essere maschio. E' difficile che una donna gravida possa lavorare in miniera. Ogni essere umano ha la stessa dignità di tutti gli altri, gli stessi diritti e gli stessi doveri fondamentali. Ma da questo non segue che tutti possano ricoprire tutti i ruoli.
Eppure proprio questo accade nell'occidente politicamente corretto di oggi. Si confonde la libertà nell'accesso ai ruoli con l'inesistenza dei ruoli stessi e con l'assenza di ogni vincolo, di qualsiasi genere, a tale accesso. La mobilità relativa e controllata delle società libera si trasforma in una assoluta mobilità, meglio in una totale evanescenza.

Nella società gassosa non esistono i sessi, quanto meno, i sessi sono privi di qualsiasi spessore ontologico. Il sesso cessa di essere un elemento essenziale della identità personale, diventa qualcosa di secondario, non rilevante. Si stacca dal processo di riproduzione della specie e degrada a mero strumento di piacere, privo di rilevanza sociale. Da sempre la differenza sessuale è qualcosa di intimamente legato alla
natura di ognuno di noi, nella società gassosa invece il sesso diventa “costrutto sociale”, addirittura optional. Il sesso non è più un dato originario ma una scelta, una delle tante, come è una scelta comprare al supermercato carne o pesce, frutta o verdura. Non a caso non lo si chiama neppure col suo nome. “Sesso” si appresta a diventare una delle tante parole proibite della neolingua politicamente corretta. Non si parla più di sesso ma di “genere”. Meno che mai si parla di padri e di madri, sono stati sostituiti dai genitori uno e due (perché non tre, quattro o cinque? Mistero).
Tutto questo, dovrebbe essere chiaro, non ha nulla a che vedere con la tutela dei diritti degli omosessuali. Gli omosessuali hanno una identità sessuale esattamente come gli eterosessuali ed hanno diritto di viverla senza subire costrizioni. I teorici della società gassosa non intendono tutelare i diritti delle identità sessuali, negano l'esistenza di tali identità. Non difendono gli omosessuali, teorizzano che si può essere omosessuali e nel contempo padri e madri. Volatilizzano il sesso, cosa che non ha nulla a che vedere con la tutela di alcun diritto.

Per i teorici della società gassosa non esistono nazioni, culture, civiltà. Il mondo dovrebbe diventare gassoso a sua volta. Una enorme area grigia, priva di confini, in cui tutti possono muoversi a loro piacimento, senza vincoli o controlli. I parlamenti dei vari stati nazionali, eletti dai popoli, dovrebbero cedere il potere a grandi organizzazioni burocratiche sovranazionali, non elette da nessuno ma in grado di gestire la mistura planetaria. Il mondo gassoso che tanti sognano non sarebbe in effetti altro che un enorme cocktail culturale, indistinto impasto in cui tutti perdono le loro caratteristiche essenziali.
Val la pena di sottolineare che una simile mistura non ha nulla a che vedere con gli scambi interculturali, il dialogo ed il confronto fra nazioni, culture e civiltà. Ci si può confrontare, e nel confronto anche modificarsi ordinatamente a vicenda, se si conserva la propria unitarietà. Dialogare vuol dire relazionare identità diverse, non abolire le identità. Confrontare la morale kantiana con l'etica aristotelica non vuol dire trasformare la
critica della ragion pratica e l'etica nicomachea in un indistinto collage. Una simile operazione non farebbe altro che distruggere entrambe queste grandi opere, eliminare alla radice ogni possibilità di confronto. Per gustare la bellezza di una cattedrale gotica e di un tempio buddista devo inserire entrambi in un contesto armonioso. Si mettano l'uno accanto all'altra il tempio buddista e la cattedrale gotica, si aggiunga, per completare l'opera, un bel centro commerciale e si ha un solo risultato: la fine della bellezza.

E' inutile continuare nelle esemplificazioni. La società gassosa non relaziona, mischia, non stimola cambiamenti positivi, giustappone disordinatamente tutto a tutto ed in questo modo tutto distrugge. E' una società nichilista;
la società gassosa altro non è che la forma specifica che assume oggi il nichilismo.
La caratteristica fondamentale di tale nichilismo è la
non differenza. Non differenza, lo abbiamo visto, fra i sessi, gli stati, le nazioni, le civiltà. Non differenza fra salute e malattia: la disabilità cessa di essere un dramma e diventa ipocritamente “diversa abilità”. Una ben strana “diversa abilità”, visto che chi può camminare con le proprie gambe non cambierebbe mai il suo stato con quello di chi è inchiodato su una sedia a rotelle. Non differenza fra i vari livelli di istruzione e competenza: l'opinione di tutti è sullo stesso piano, su qualsiasi argomento. Non differenza fra uomini ed animali: tutti abbiamo lo stesso status etico, dall'uomo al lombrico. Alcuni vanno ancora oltre e parlano di pari diritti fra tutti gli enti del pianeta. Uomini, ratti, abeti, mari e monti godono tutti degli stessi diritti fondamentali. Pura follia che nulla ha a che vedere con la cura dell'ambiente, l'ammirazione per il mondo animale e l'affetto che possiamo provare per alcuni animali. Pura follia, però, coerente con i presupposti di partenza. In effetti se si aboliscono le differenze, se tutto viene messo sullo stesso piano ontologico tutti abbiamo lo stesso status etico.
Non differenza infine fra vero e falso, passato e futuro. Se tutto è evanescenza, come possono esistere verità e menzogna? E possono avere un passato uomini privi di identità, radici, tradizioni? La società gassosa distrugge il passato, ma il passato di ieri è il futuro di domani. Distruggere il passato rende impossibile il futuro. La società gassosa vive in un eterno presente. Un presente eternamente evanescente che non viene da nulla e non tende che al nulla. Il nichilismo perfetto.

L'aporia della società gassosa

E' già stato detto: la società gassosa è impossibile. Si tratta di una impossibilità insieme empirica e logica. In natura i liquidi hanno bisogno di un recipiente solido per non disperdersi. A maggior ragione questo vale per i gas: senza una forza coesiva che ne tenga insieme le molecole queste si disperdono all'infinito. Società gassosa è in realtà un ossimoro: una società non può essere gassosa per il semplice motivo che se è davvero gassosa, priva di coesione, una società muore. Non a caso si è detto che la società gassosa è una forma di nichilismo, quello più diffuso ai nostri giorni. Per essere precisi, più che di società gassosa occorre parlare di deriva dell'occidente verso la società gassosa, cioè verso la non società, il nulla sociale. Deriva che purtroppo avanza rapidamente nei tempi tempestosi che stiamo vivendo.

Non è allora un caso se i sostenitori ed i teorici della società gassosa (che evitano accuratamente di usare questo nome) cadano nella loro azione e nelle loro teorizzazioni in continue contraddizioni.
I sostenitori della società gassosa amano presentarsi come persone sommamente tolleranti, aperte al dialogo ed al confronto, piene di comprensione verso tutto e tutti. Loro amano, non odiano, ed in effetti la loro capacità di amare è straordinaria. Mostrano comprensione addirittura nei confronti dei terroristi islamici. “Non avrete il nostro odio” strillano con dolce aria di sfida ogni volta che qualche fanatico assassino sgozza, in nome di Dio, qualche essere umano. Però le cose cambiano radicalmente non appena i politicamente corretti amici della assoluta fluidità sociale si trovano a misurarsi con chi politicamente corretto non è. I dolci angioletti si trasformano in questi casi in autentiche belve. Chi osa dubitare della loro melassa viene immediatamente etichettato come “razzista”, “fascista”, “omofobo”, “sessista”. Si cerca con tutti i mezzi di ridurre al silenzio il reprobo. L'uso di una parola proibita potrebbe costargli la perdita del posto di lavoro, addirittura il carcere. La comprensione, addirittura l'amore verso i tagliagole islamici si trasforma in condanna ed odio implacabile nei confronti di chi non prova simili sentimenti di amore e comprensione. La società gassosa diventa improvvisamente dura come l'acciaio. Coloro che negano la validità del concetto stesso di verità strillano contro le “fake news” dei supposti “sovranisti. Gli stessi che manifestano contro i muri vorrebbero sbattere tutti i reprobi entro le solide mura di un carcere. Qualcuno va anche oltre, e sogna le ghigliottine di Robespierre o i plotoni di esecuzione di Stalin. Gli angioletti a volte diventano cattivelli...

La contraddizione cui abbiamo fatto cenno non è tuttavia la principale in cui incorrono i teorici della società gassosa. Si tratta di qualcosa che riguarda il loro rapporto con gli “altri”, quelli che la società gassosa non la vogliono. Esiste però un'altra contraddizione con cui gli angioletti devono fare i conti, una contraddizione più radicale perché interna alla loro stessa dottrina.
Chi teorizza, senza nominarla, la società gassosa da un lato vuole la fine di ogni differenza, quindi, prima di ogni altra cosa, la fine di culture e civiltà, l'universale mistura di tutto e tutti. D'altro lato questa stessa teorizzazione è parte e prodotto di una civiltà, sia pure in crisi.
Ogni azione umana, teorica o pratica, è sempre interna a qualche tipo di società, cultura o civiltà. La società libera, democratica e pluralista è, appunto, una società. La tolleranza e l'apertura verso l'altro sono caratteristiche di certe civiltà e non di certe altre. Esistono valori che travalicano i limiti della civiltà in cui sono nati e acquisiscono respiro universale, ma, anche in questo travalicare, restano figli di quella civiltà. La filosofia di Aristotele, le tragedie di Shakespeare, le sinfonie di Beethoven hanno una portata universale ma sono interne alla civiltà occidentale.
Chi teorizza la fine di culture e civiltà, processi di migrazione senza limiti, società di individui sradicati non fa altro che teorizzare l'adesione di tutti gli esseri umani, quale che sia la loro cultura di origine, ad un certo modello di civiltà. La teorizzazione della fine delle civiltà non si pone fuori dalle civiltà, non è un punto d'appoggio archimedeo posto fuori dal mondo. E' parte di una civiltà in crisi. Chi la teorizza invita tutti ad aderire a questa crisi, ad unirsi alla deriva verso il nulla dell'occidente malato.

Naturalmente quasi nessuno di coloro che migrano in occidente accetta una simile prospettiva. I migranti hanno la loro identità culturale e non sono affatto disposti a rinunciarvi per far felici i teorici del politicamente corretto. Questi stessi teorici del resto si guardano bene dal chiedere ai nuovi venuti simili rinunce. La società di individui sradicati è qualcosa di “occidentale” (le virgolette non sono casuali) e sarebbe “non inclusivo” chiedere a chi viene dall'Africa o dal medio oriente di aderire a qualcosa che sa di occidente.
Un islamico non accetterà di certo, se e finché resta islamico, il matrimonio gay o il diritto alla blasfemia né sarà disposto a rinunciare alla poligamia e sarebbe “poco inclusivo” pretendere che lo faccia. Come uscire da questo angoscioso dilemma che, attenzione, si pone in paesi come la Francia o la Germania,
dentro l'occidente? Semplice: si accetterà che dentro alle comunità islamiche francesi, o tedesche o italiane valga la sharia. Con somma contraddizione Il teorico della società gassosa diventa propagandista del separatismo. Col risultato che la società di individui sradicati si trasforma in un aggregato di tribù etniche. Nella comunità “occidentale” i sessi non esistono, in quella islamica l'adulterio è un gravissimo reato penale. L'”occidentale” accetta tutti, gli altri possono non accettare nessuno. Nella tribù “occidentale” politicamente corretta ci si potrà prendere gioco del cattolicesimo (non dell'Islam ovviamente), in quella islamica ogni parola men che rispettosa nei confronti del profeta potrà essere punita con la morte. Burka e minigonne, poligamia e coppia aperta, fondamentalismo religioso e irrisione della fede, assoluta fluidità dei ruoli e ruoli ermeticamente chiusi si trovano in questo modo a convivere fianco a fianco. La legge perde la sua universalità, vale solo nei confini di determinate tribù. Oltre quei confini, in altri quartieri della stessa città valgono altre leggi, vigono, spesso obbligatori, altri costumi. L'uomo piuma dell'occidente malato vive a stretto contatto di gomito col fanatico di una religione intollerante. In prospettiva tutto questo non può portare ad altro che a sanguinosi scontri inter etnici. Al nulla della società gassosa si somma il nulla della rinascita del tribalismo. E l'occidente malato entra in coma.

Genesi del mostro

Le società democratiche e pluraliste dell'occidente hanno saputo affrontare e vincere nemici potenti. Hanno sconfitto il nazifascismo ed hanno retto alla sfida del totalitarismo comunista che alla fine è imploso su se stesso. Pluralismo, democrazia, diritti civili, economia di mercato non hanno trasformato l'occidente in un aggregato di società gassose, non hanno distrutto la sua solidità interna. Oggi invece assistiamo in occidente al pauroso tracollo di ogni collante sociale. Come è possibile un fatto simile, il cui unico precedente può essere forse considerato, fatti tutti gli innumerevoli distinguo, la caduta dell'impero romano? E' impossibile fornire in questa sede una risposta soddisfacente ad una simile domanda. I fattori che stanno alla base della crisi dell'odierno occidente sono molti e complessi. Fattori economici, politici, sociali, culturali.
E' fin troppo chiaro che a livello economico la mondializzazione, aspetto fondamentale della società gassosa, è perseguita dai grandi gruppi economici e finanziari più legati alla globalizzazione senza regole, i giganti del web in primo luogo. A livello politico puntano sulla mondializzazione partiti e movimenti che vedono decrescere l'area del consenso e tentano di modificare la base sociale dei propri paesi a puri fini elettorali. Una analisi approfondita di simili fattori va altre i fini di questo lavoro. Non la tento neppure e mi limito ad alcune brevi considerazioni sui fattori culturali della deriva “gassosa” della civiltà occidentale.

Prefigurazioni della società gassosa sono presenti in un po' tutte le fantasie utopiche che hanno percorso la storia del pensiero occidentale. Famosa quella che Marx descrive nella “
ideologia tedesca”:
“Nella società comunista, in cui ciascuno di noi non ha una sfera di attività esclusiva ma può perfezionarsi in qualsiasi ramo a piacere, la società regola la produzione generale e appunto in tal modo mi rende possibile fare oggi questa cosa, domani quell’altra, la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare il bestiame, dopo pranzo criticare, così, come mi vien voglia, senza diventare né cacciatore, né pescatore, né allevatore né critico” (2).
Com'è noto Marx pretende di fondare la società perfetta comunista sul solido terreno dello sviluppo delle forze produttive sociali. Questo però non diminuisce di un grammo il carattere utopico del suo discorso, dimostra solo che il pensatore di Treviri aveva una visione quasi magica delle forze produttive. Pensava che la pianificazione centralizzata dell'economia avrebbe assicurato l'illimitata abbondanza e che questa sarebbe stata in grado di risolvere tutti i problemi degli esseri umani. Non a caso la storia gli ha dato torto.
Il comunismo ispirato a Marx si è affermato in mezzo mondo. Durante la guerra fredda una parte importante della pubblica opinione dei paesi occidentali si è fatta sedurre dal mito del comunismo realizzato. Ma questo fatto di enorme importanza storica non ha dato origine alla deriva dell'occidente verso la società gassosa. Al contrario, proprio la presenza di un nemico agguerrito ha rafforzato la coesione della maggioranza degli occidentali attorno ai valori fondanti della propria civiltà.

La deriva verso la società gassosa inizia paradossalmente, ma non troppo, con la fine del comunismo. Affamati di assoluto gli orfani della ideologia marxista leninista si mettono alla ricerca di nuove certezze. E sostituiscono alla compatta ideologia di un tempo un cocktail di ideologie in formato ridotto. Mondialismo, terzomondismo, misticismo ecologico, femminismo radicale, ideologia gender... nuovi assoluti si miscelano ed attirano anche quei liberali poco seri che confondono la libertà con la mancanza di qualsiasi idea forte. Ma la cosa più grave, ed importante di tutte è un'altra. Questa mistura di assoluti si fonde alla perfezione con la critica nichilista che il movimento del 68 aveva fatto di ogni valore consolidato e di ogni istituzione. Etica, amor di patria, famiglia, scuola, stato, istituzioni sanitarie, razionalità scientifica erano state fatte oggetto di una critica devastante da parte dei contestatori sessantottini. Ogni valore, ogni istituzione erano stati ridotti ad armi che le “classi dominanti” usavano per conservare il potere.
Questa critica affondava le sue radici nel marxismo ma andava oltre le stesse conclusioni di Marx ed investiva con furia nichilista tutti gli aspetti della civiltà occidentale. Condannava , insieme, il presente ed il passato della nostra civiltà. La nostra storia, e solo quella, era in toto assimilata all'oppressione schiavista, razzista ed imperialista. La stessa condanna riguardava il presente, la politica dei vari stati occidentali, ridotta in toto a mero strumento di dominio, estranea ad ogni considerazione sul bene comune. Non si trattava di sottoporre a critica questo o quell'aspetto della nostra storia e della nostra politica o un uso distorto della scienza, o le inefficienze della scuola. La critica era globale, totalizzante, investiva tutto e nulla salvava.
Non restò confinata entro ristrette elites intellettuali, influenzò settori importanti della pubblica opinione, penetrò largamente nei media ed alimentò un sentimento nuovo, via via sempre più forte:
l'odio dell'occidente verso se stesso. Si tratta di qualcosa probabilmente senza precedenti: nella storia ci sono state civiltà che si sono sfaldate ed entrate in crisi, ma è difficile trovare civiltà che odiano se stesse, rinnegano il proprio passato, si vergognano delle proprie tradizioni. Quest'odio tuttavia è il logico risultato della critica nichilista che ha devastato per anni la cultura occidentale.
L'ondata nichilista non distrusse i valori dell'occidente ma li indebolì radicalmente. E quando, venuto a mancare il nemico, venne meno uno dei fattori di coesione delle società occidentali l'indebolimento del collante sociale causato dall'ondata nichilista, combinato con l'emergere degli assoluti in formato ridotto, iniziò a far sentire i suoi effetti su larga scala. Ed iniziò la deriva verso la società gassosa.
Che dura ancora, e si aggrava. Ogni giorno di più.

Per concludere

Ci tengo a sottolinearlo: non ho nessuna simpatia per le società monolitiche, prive di fluidità. Il monolitismo è la forma specifica del totalitarismo, cioè di quanto di peggio ha prodotto la parte peggiore della civiltà occidentale. Una sciagura che è costata decine e decine di milioni di cadaveri al genere umano.
Le società libere, democratiche e pluraliste sono sempre caratterizzate da una notevole dose di fluidità. Se esistono diversi valori, idee, interessi esiste fluidità, non può essere altrimenti ed è un gran bene che sia così. Ed esiste anche una buona dose di relativismo. In una società libera ognuno vedrà le cose dal suo punto di vista e questo non sempre coincide con quello degli altri. Tanto basta perché il relativismo, un relativismo sano, esista nel corpo sociale. Ed anche di questo ci si deve solo rallegrare.
Il problema quindi non è costituito dalla fluidità o dal relativismo. Si tratta di caratteristiche essenziali delle società pluraliste che sarebbe deleterio cercare di eliminare. Il problema è costituito dalla mancanza o dall'indebolimento grave del collante sociale che impedisce alla fluidità ed al relativismo di diventare disgregazione. La fluidità può esistere, ed è bene che esista, solo in una società non disgregata. Il relativismo può essere riconosciuto come tale solo se non tutto è relativo. Senza alcuni concetti comuni, un linguaggio comprensibile da tutti lo stesso termine “relativismo” non può neppure essere inteso. Senza alcuni valori condivisi ogni discorso sul bene e sul male di ogni cosa, società liquida, solida o gassosa comprese, diventa impossibile. E tutto degrada nel non senso.

Certo, le società libere sono sempre in equilibrio instabile, o non abbastanza stabile. Nelle società libere esistono i collanti ma anche la fluidità, il relativismo ed alcuni valori che sono, o mirano ad essere, universali. L'equilibrio di tutto questo non è mai dato una volta per tutte, si tratta di una conquista da rinnovare giorno dopo giorno, con pazienza. Il grande problema dell'occidente di oggi è che questa conquista diventa ogni giorno più difficile. L'equilibrio sembra sempre più precario. Si tratta di una situazione estremamente pericolosa. Perché se l'equilibrio viene perso non può più essere riconquistato, almeno per molti, drammatici anni.
Nello scorso secolo l'occidente democratico ha perso in più di una occasione il suo equilibrio. E grandi paesi sono caduti negli orrori del totalitarismo, di destra o di sinistra. Oggi viviamo in una situazione di estremo pericolo. La degenerazione gassosa della civiltà occidentale non porterà alla dolce società arcobaleno di cui spesso parlano i media di regime.
Di questo si può essere certi. Potrebbe portare ad una frantumazione tribale senza ritorno delle società libere, o alla affermazione del fondamentalismo islamico, o alla riduzione dei grandi paesi occidentali a satelliti della super potenza cinese. O ancora a guerre, civili o fra stati.

Qualcuno potrebbe dire che il presente scritto pecca di eccessivo pessimismo. Può essere. Personalmente sarei ben felice se la situazione reale dell'occidente fosse meno grigia di quanto può apparire ad un vecchio brontolone. Il dibattito fra ottimisti e pessimisti del resto non può quasi mai arrivare a conclusioni definitive, il futuro è sempre aperto, almeno in una certa misura, difficilmente le situazioni sono senza uscita. Una cosa però è certa: una società priva di coesione non può sopravvivere. Meno che mai può sopravvivere una società che odia se stessa e di se stessa si vergogna. Allora, guardiamo alla situazione dei più importanti paesi dell'occidente e chiediamoci: si tratta di società caratterizzate da un grado appena soddisfacente di coesione interna? E' da pessimisti affermare che paesi come gli Stati Uniti d'America, la Francia, il Belgio, la stessa Italia sono caratterizzati da divisioni interne che poco hanno a che vedere con la normale disputa politica che dovrebbe caratterizzare le democrazie liberali? Si può considerare “americano” un movimento come il BLM che prende esplicitamente di mira tutta la storia degli USA, comprese le lotte del movimento per i diritti civili dei neri? Non credo. E' “normale” la situazione di paesi come la Francia o il Belgio, dove disegnare una vignetta di discutibile gusto può costare la decapitazione? E dove i terroristi vengono ben protetti in certi quartieri delle grandi città? E dove tanti occidentali sono prontissimi a snocciolare per ore argomentazioni pseudo filosofiche per giustificare il terrore?
No. Forse chi scrive esagera portata e dimensioni di simili fenomeni, ma in tutto questo non c'è assolutamente nulla di normale.
L'occidente è malato. Può guarire, certamente. Esistono nelle nostre società le possibilità di una ripresa. Hitler e Stalin sono stati sconfitti, alla fine. Possono esserlo anche gli stupidi adoratori del politicamente corretto, i teorici della società gassosa. Ma per guarire occorre riconoscere la gravità della malattia. Le facilonerie non servono a nulla. Se un po' di pessimismo razionale serve a meglio identificare il male, ben venga questo pessimismo.
E tanto basta.


note

1) Aristotele, Metafisica. Laterza 1988 pag. 97 98.
2) K. Marx F . Engels: L’ideologia tedesca. Editori riuniti 1972 pag. 24.