domenica 14 febbraio 2021

SCIENZA E MISTICISMO ECOLOGICO




Dalla critica ideologica alla esaltazione acritica


Chi è, come chi scrive, “diversamente giovane” lo ricorda abbastanza bene. Per almeno un paio di decenni dello scorso secolo la scienza è stata costantemente sul banco degli imputati. Lo era in realtà da molto più tempo: la reazione irrazionalistica contro la scienza inizia col romanticismo e caratterizza, con alcune importanti eccezioni, la filosofia dell’Europa continentale sino ai giorni nostri. Col movimento del ‘68 però quella che era una disputa colta, relativamente lontana dagli interessi delle persone comuni, diventa movimento di massa. Il valore euristico della ricerca scientifica viene contestato non in ristrette dispute filosofiche ma in affollate assemblee studentesche. La scienza non è ricerca del vero ma espressione teorica della alienazione umana. Il capitalismo riduce tutto a quantità, numero, rapporto di scambio. La scienza moderna, la fisica matematica soprattutto, fa la stessa cosa. Costringe la multicolore realtà del mondo in un universo di freddi numeri, aliena la natura da se stessa, esattamente come l’economia di mercato aliena da se stessi gli esseri umani. Tutto è quantità, rapporto di equivalenti. Un mondo a testa in giù caratterizzato, per dirla con Marx, da rapporti “cosali” fra gli uomini e rapporti sociali fra cose.
Marx, a dire il vero, aveva conservato un atteggiamento positivo verso la scienza. Lo sviluppo delle forze produttive che la applicazione della scienza alla tecnica rende possibile dovrebbe assicurare alla futura, perfetta, società comunista la sua indispensabile base materiale. I contestatori degli anni 70 dello scorso secolo rifiutarono simili concezioni. La tecnologia e la scienza su cui questa si basa sono un aspetto del mondo alienato. Dietro agli slogan dei contestatori stavano le teorizzazioni della scuola di Francoforte e quelle di colui che di molti francofortesi fu maestro: Martin Heidegger, che, ironia della sorte, avrebbe aderito al nazismo dal 1933 al 1945. La scienza è alienazione, allontanamento dall’essere, deiezione, tutto meno che cosa positiva, almeno potenzialmente liberatoria.
Gran parte degli attacchi irrazionalistici alla scienza non erano, in realtà, che mistificazioni o svolazzi retorici. L’accusa di ridurre tutto a rapporto quantitativo si basa sulla incomprensione della natura della ricerca scientifica, o sulla confusione fra scienza e scientismo, che è filosofia, non scienza. A parte il fatto che non tutte le scienze sono matematizzate come la fisica, non lo è la medicina, ad esempio, a parte questo “dettaglio”, la scienza matematica getta sul mondo una griglia di relazioni numeriche che ci consentono di meglio comprenderlo, senza annullare per questo il valore, umano prima di tutto, delle qualità sensibili. Il fatto che il suono sia costituito da onde non riduce la “nona” di Beethoven ad insieme di formule matematiche esattamente come la teoria newtoniana dei colori non riduce a corpuscoli la “gioconda”. Allo stesso modo le relazioni quantitative in essere sul mercato non danno vita a “rapporti sociali fra cose e cosali fra uomini”. Dietro alla relazione quantitativa che si esprime nel prezzo stanno i bisogni degli esseri umani. Se Tizio scambia due paia di scarpe con un abito non per questo trasforma abito e scarpe nel numero “due”. Dietro a quel “due” c’è il grado marginale di utilità che per Tizio hanno scarpe ed abito, e questo, il grado marginale di utilità, è un fatto squisitamente umano, riguarda Tizio, i suoi bisogni, la soggettiva scala di valore che egli attribuisce alle cose.
Alla base dell’attacco alla scienza stava quindi il rifiuto romantico di quantità, rigore logico, verifica sperimentale, e stava la pretesa di cogliere l’essenza ultima della realtà col strumenti che poco hanno a che vedere con la faticosa, e sempre soggetta ad errore, ricerca razionale ed empirica. Un’illusione.

Col passare del tempo questa illusione doveva subire un accentuato processo di interna involuzione. La scienza smetteva di essere espressione teorica di un mondo rovesciato per diventare, più prosaicamente, arma ideologica nelle mani della borghesia, poi, in un crescendo di banalizzazione propagandistica, strumento di profitto non tanto della borghesia genericamente intesa quanto delle grandi case farmaceutiche o dell’industria bellica. Nelle teorizzazioni di Beppe Grillo e dei suoi poco intelligenti seguaci gli scienziati diventano i complici di coloro che non esitano a rovinare ambiente e salute degli esseri umani pur di conseguire illimitati profitti. La critica alla scienza perdeva ogni dignità filosofica per diventare propaganda del peggior tipo, se non pura e semplice sequela di idiozie.
Eppure, paradosso dei paradossi, le stesse persone che ieri dicevano simili idiozie, o i figli ed i nipotini teorici di queste, cercano di presentarsi oggi come i più strenui difensori della scienza. Gli stessi che vedevano fino a poco tempo fa nel farmacista un potenziale avvelenatore ora si inchinano di fronte a faraonici comitati tecnico-scientifici. L’oggettività scientifica, fino a ieri irrisa e negata, si trasforma oggi in ridicola certezza.
Nulla di male, si potrebbe dire: è lecito cambiare idea. Certo, è lecito cambiare idea, a condizione che si sottopongano le idee di ieri ad una critica teorica onesta e senza reticenze. Esattamente ciò che certi personaggi si guardano bene dal fare. Fanno invece il contrario. Nel momento stesso in cui confondono verità scientifica e certezza si prostrano di fronte a personaggi che con la scienza non hanno nulla a che vedere. La piccola Greta diventa l’icona di tanti nuovi sedicenti “amici della scienza”. Dietro all’apparente entusiasmo per la scienza si nascondono nuove fughe ideologiche. Per cercare di smascherarne le fallacie val la pena di fare qualche considerazione, ovviamente di modesta portata, su ciò che realmente è la scienza.

La scienza non è democratica… ma è libera

Lo dice spesso e volentieri il professor Roberto Burioni: la scienza non è democratica.
Non dubito della competenza scientifica del professor Burioni
e non mi permetterei mai di discutere con lui di argomenti medico scientifici. La affermazione della non democraticità della scienza non è però essa stessa una affermazione scientifica. I discorsi sulla scienza, il suo status e lo status delle sue teorie non sono a loro volta discorsi scientifici. Li può quindi affrontare anche chi, come me, ha conoscenze scientifiche modeste.
La scienza in effetti non è democratica: non si può che concordare con quanto dice il professor Burioni. Peccato però che si tratti di una affermazione abbastanza ovvia, quasi banale. La scienza non è democratica come non sono democratiche arte e filosofia, tecnologia, musica e letteratura. La scienza non è democratica per il semplice motivo che le teorie scientifiche non si mettono ai voti, mai. Riusciamo ad immaginare una votazione che debba decidere quale fra la teoria della gravitazione di Newton e quella di Einstein sia corretta? O se il sistema di Platone sia da preferire a quello di Aristotele? O se Mozart sia meglio o peggio di Beethoven? Le teorie scientifiche si affermano nelle discussioni razionali e nelle verifiche sperimentali, non nelle campagne elettorali. Volere una scienza “democratica” vuol dire non aver capito cosa sia la scienza e, parimenti, vuol dire non aver capito cosa sia la democrazia. Nelle campagne elettorali si dicono alcune verità e, spesso, molte menzogne, ma non sono in gioco la verità o la falsità, i torti e le ragioni. Non è detto che chi vince le elezioni abbia ragione o che le sue concezioni politiche, la sua visione del mondo siano vere. Le elezioni devono decidere solo chi ha diritto di governare, per un certo periodo di tempo e secondo determinate modalità. Obiettivo di grande importanza, certo, ma che con il vero ed il falso di cui la scienza si occupa non ha praticamente relazione alcuna.
Eppure, nuovo paradosso, i tardivi scopritori del valore della scienza, quelli che ripetono spesso e volentieri che questa “non è democratica”, sono gli stessi che hanno organizzato a suo tempo , e sarebbero pronti ad organizzare ancora, un bel referendum sul nucleare, che partecipano a marce e scioperi contro “l’ingiustizia climatica” o a veglie di preghiera per la salute del ghiacciaio di Planpincieux. Insomma, la scienza non è democratica ma si può decidere ai voti se le centrali nucleari sono sicure o se i problemi ambientali hanno “ingiuste” cause antropiche…

La scienza non è democratica, non può esserlo ed è bene che non lo sia, ma la scienza è libera. Le verità scientifiche si affermano dentro e grazie alla libera discussione razionale, priva di veti, proibizioni e censure. Chiunque ha diritto di elaborare una teoria, anche in netta contraddizione con altre più affermate e nessuno ha diritto di impedire che una simile teoria venga esposta e discussa. Questo non vuol dire, ovviamente, che tutte le teorie scientifiche o presunte tali siano sullo stesso piano, non dà a nessuno il diritto di dire: “c’è libertà di ricerca quindi ciò che dico io, dilettante allo sbaraglio, ha lo stesso valore di ciò che dici tu, nobel per la fisica”. Chi elabora una nuova teoria non può difenderla con lo pseudo argomento secondo cui, siccome c’è libertà di ricerca ogni teoria vale quanto le altre. Deve al contrario portare a sostegno della sua teoria argomentazioni razionali e verifiche sperimentali. Allo stesso modo però chi difende una teoria vecchia ed affermata non può limitarsi a dire: “la mia teoria è vecchia di anni ed ha alle spalle l’approvazione di fior di scienziati, quindi è giusta”. No, chi difende da nuove contestazioni una teoria già affermata deve usare argomenti razionali e, se occorre, nuove verifiche sperimentali per neutralizzarle. Nella scienza il principio di autorità ha la sua importanza ovviamente: non a caso, ad esempio, è vietato l’esercizio abusivo la professione medica, ma non è mai il criterio decisivo per valutare la validità di ipotesi e teorie. Nella scienza non tutto è sullo stesso piano, ma non è l’autorità a stabilire cosa, in ultima istanza, sia accettabile e cosa no. L’ultima parola spetta sempre, per dirla con Galileo, alle “sensate esperienze ed ai corretti ragionamenti”. Né anarchia né dogmatismo quindi, solo libera discussione razionale.

Il principio di autorità, val la pena di ripeterlo, è importante ma non decisivo nella scienza, una teoria non può essere difesa esclusivamente con l’argomento che la comunità scientifica la accetta. Questo però avviene oggi con la teoria del riscaldamento globale di origine antropica. La totalità degli scienziati è d’accordo con questa teoria, affermano spesso molti. Questo argomento però non è corretto. In primo luogo non è vero che tutta o quasi la comunità scientifica accetti la teoria del riscaldamento globale. Praticamente tutti gli scienziati concordano sul fatto che le attività umane hanno, o possono avere, conseguenze negative sull’ambiente, ma questo non vuol dire che concordino con la teoria del riscaldamento globale. L’inquinamento è cosa grave indipendentemente dal fatto che provochi un aumento insostenibile delle temperature. Molti scienziati, per l’Italia valgano i nomi di Zicchicci e Rubbia, non sono affatto d’accordo con i teorici del riscaldamento globale, ma le loro obiezioni non sono quasi mai propagandate dai media. In occasione di un vertice ONU sul clima 500 scienziati hanno inviato una lettera in cui mettevano in guardia dai pericoli del catastrofismo climatico, ma i media non hanno dedicato loro una parola. Inoltre, anche fra i favorevoli alle teorie del riscaldamento globale antropico le posizioni non sono affatto univoche. Quasi nessuno scienziato condivide ad esempio l’ isterismo climatico della piccola Greta, di fronte a cui si prostrano invece i politici; molti ammettono che le attività umane hanno effetti negativi sul clima ma si dividono sulla quantificazione degli stessi. Il quadro insomma è assai più complesso di quanto si cerchi di fare apparire.
Indipendentemente da tutto questo il fatto che la comunità scientifica accetti o meno una teoria non costituisce, in se, una dimostrazione della
sua correttezza. Quando Galileo scrisse il “dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” la maggior parte della comunità scientifica di allora accettava la fisica aristotelica ed il sistema tolemaico. Alcuni, come il grande astronomo danese Tycho Brahe cercavano un compromesso fra geocentrismo ed eliocentrismo, altri, come l’accusatore di Galileo, il cardinale Bellarmino, erano disposti ad accettare l’eliocentrismo solo quale utile espediente per far quadrare i calcoli. Non erano affatto persone rozze ed ignoranti: si trattava di fior di intellettuali amanti della scienza e della filosofia. Erano loro la comunità scientifica. Ma avevano torto.

S
cienza e misticismo ecologico

Possiamo provare, tenendo conto di quanto sinora si è detto, a riassumere in maniera ultra telegrafica quelle che devono essere le caratteristiche basilari di una teoria scientifica.
Per essere considerata scientifica una teoria deve:

1) Essere logicamente coerente,
non deve cioè contenere contraddizioni.
2) Essere empiricamente controllabile.
3)
Fare previsioni che la possano confermare o falsificare. Una teoria scientifica deve dire quali fenomeni devono verificarsi e quali no se essa è vera. Una teoria che risulti vera qualsiasi cosa accada non è scientifica.
4) Essere relativamente semplice. Deve cioè spiegare il maggior numero possibile di fenomeni partendo dal minor numero possibile di presupposti.

La scienza, questo è il senso di quanto appena detto, non arriva mai a conclusioni assolutamente certe. Le verità scientifiche sono tali sino a prova contraria. Nuovi dati empirici, razionalmente discussi ed esaminati, possono mettere in crisi teorie apparentemente “a prova di bomba” o riabilitarne altre che sembravano irrimediabilmente obsolete. La scienza ha a che fare col dato, qualcosa che sta oltre il pensiero e con cui il pensiero deve misurarsi. E ciò che è dato può contraddire qualsiasi raffinatissima costruzione teorica. Se la cosa dispiace a qualcuno non possiamo che dolerci del suo dispiacere.

Val la pena, penso, di usare i 4 punti telegraficamente sopra esposti per valutare la scientificità di alcune mode dei nostri giorni. Tengo a sottolineare la parola mode. Non intendo negare la validità delle problematiche ambientaliste. Nessuna persona ragionevole può essere contraria alla difesa di un bene prezioso come l’ambiente, ciò che è inaccettabile è il misticismo ecologico, cioè la degenerazione ideologica del sano ambientalismo.
Ed ancora, p
arlando di misticismo ecologico non intendo riferirmi alle argomentazioni che gli scienziati fanno sulle problematiche ambientali, ma al modo in cui queste vengono propagandate dai media. Non si tratta un lavoro inutile o di una polemica contro avversari “facili”: il tema principe del misticismo ecologico, quello dei mutamenti climatici di origine antropica, è oggi al centro di una propaganda martellante e su di esso si giocano fondamentali battaglie economiche e politiche. Vedere se il modo in cui questo tema viene presentato alla pubblica opinione ha un qualche legame con la scienza non è perciò una perdita di tempo, al contrario.

Veniamo al punto uno.
E’ assai difficile trovare contraddizioni nelle varie teorie del riscaldamento globale per il semplice motivo che tali teorie, quando vengono presentate alla pubblica opinione, non vengono mai formulate in termini scientificamente rigorosi. Non esiste una legge del riscaldamento globale formulata come la legge di Galileo sulla caduta dei gravi o quella della gravitazione di Newton. Non esistono contraddizioni, o per lo meno io non ne conosco, nelle formulazioni scientifiche relative al riscaldamento globale di origine antropi
ca, ma ne esistono molte nel modo in cui questo viene presentato alla pubblica opinione. Faccio solo un esempio. “Siamo sull’orlo del baratro”, si sente strillare di continuo dai teleschermi. La piccola Greta, sommersa dagli applausi dei politici, ci ha detto che stiamo ormai precipitando nell’abisso. La casa brucia, siamo rovinati. Questo il senso di tanti, continui appelli catastrofistici. E poi, dopo gli strilli, l’indicazione della cura: “dobbiamo a azzerare le emissioni di CO2 in meno di 10 anni”. Che bello! Che sublime coerenza!
Se viaggio in auto a 100 chilometri orari e mi trovo a dieci metri da un burrone, posso dire che eviterò il pericolo fermandomi fra 100 metri? O riducendo la velocità da 100 a 40 chilometri orari? No ovviamente, eppure proprio questo affermano i seguaci della piccola Greta (e si tratta di leader di partito, capi di stato). Se davvero siamo ad un centimetro dall’abisso dobbiamo azzerare le emissioni subito,
dall’oggi al domani, ogni altra soluzione è del tutto inutile! Anzi, se davvero stessero così le cose nulla, ma proprio nulla ci salverebbe: anche se azzerassimo le emissioni dall’oggi al domani basterebbe l’attività vulcanica a rovinarci. E non pare che la piccola Greta sia in grado di bloccarla...
La coerenza logica manca del tutto in tante idiozie catastrofiste.

Passiamo ai punti due e tre.
La teoria del riscaldamento globale di origine antropica è sottoposta a numerose verifiche empiriche. I media non fanno altro che portare all’attenzione del grande pubblico fenomeni che confermano, tutti, tale teoria. Ma… che validità hanno queste “conferme”? Decisamente poca. Il trucco sta nel presentare come “conferma” della, o delle, teorie del riscaldamento globale antropico fenomeni che sono sempre esistiti e che vengono oggi, tutti, attribuiti a tale riscaldamento. Da sempre esistono uragani, siccità, alluvioni, oggi tutti questi fenomeni vengono invariabilmente attribuiti dai media al “riscaldamento globale”. I più accorti ricordano al popolo bue che il riscaldamento sarebbe non tanto la causa di questi fenomeni quanto di una loro  intensificazione geometrica, ma le cifre portate dai media a sostegno di tali ipotesi sono quanto meno assai  discutibili. Ad esempio, è scorretto parlare di intensificazione di fenomeni estremi come gli uragani facendo riferimento all’ammontare delle distruzioni che questi arrecano alle popolazioni. Un uragano che colpisce oggi zone densamente popolate è più distruttivo di uno che colpiva ieri zone semi desertiche... se nessuno nascesse nessuno morirebbe…
La conseguenza di tanta superficialità è che le varie teorie del riscaldamento globale antropico hanno la curiosa caratteristica di esser vere qualsiasi cosa accada. La teoria del riscaldamento globale antropico è confermata dalle alluvioni come dalla siccità, dal gran caldo come dal freddo gelido. In questo modo decade a mera tautologia: esattamente ciò che Popper, e non solo lui ritenevano inaccettabile in una teoria scientifica.
Non a caso i teorici del riscaldamento globale antropico sono piuttosto restii a fare previsioni precise, empiricamente controllabili. Prevedono come saranno le temperature fra un secolo ma non fra sei mesi. E quando le fanno, le previsioni, quasi mai c'è qualcuno che si preoccupa di verificarne l’esattezza, e se, raramente, la verifica c’è, ed è negativa, nessuno si permette di dire che la teoria forse andrebbe rivista. La piccola Greta ha stabilito anno, mese, giorno ed ora della fine del mondo, ma dubito che fra otto, nove anni (mi scuso, non ricordo la data precisa della nostra fine) qualcuno si darà la pena di verificare la correttezza della sua profezia.
Beppe Grillo un po’ di anni fa aveva predetto che il livello degli oceani si sarebbe alzato di una decina di metri in seguito allo scioglimento dei ghiacci artici. Lo sa questo buffone che i ghiacci artici sono in larga misura marini e che lo scioglimento dei ghiacci marini non provoca aumento alcuno del livello del mare? Lasciamo perdere… in ogni caso nessuno gli ha rinfacciato il fatto empiricamente controllabile da tutti che un simile disastroso aumento non c’è stato e che Venezia, data per spacciata dal comico, è ancora al suo posto.
Parlando di cose serie, il club di Roma,
una associazione di scienziati, gente seria, non dei Grillo e delle Greta qualsiasi, pubblicò nel 1972 il libro “i limiti dello sviluppo”. In quest’opera si prevedeva che entro il 2000 si sarebbero esaurite tutte le principali materie prime del pianeta, a cominciare dal petrolio. Non sembra che la previsione, formulata stavolta in termini scientificamente seri, sia stata confermata. Qualsiasi teoria scientifica che si fosse vista contraddetta in maniera tanto clamorosa dai fatti sarebbe stata quanto meno riesaminata, corretta. Non so se gli scienziati abbiano fatto qualcosa di simile a proposito della teoria del riscaldamento antropico, di certo i media nulla hanno detto in proposito. Tutti hanno continuato a parlare della fine del mondo prossima ventura come se niente fosse. Il riscaldamento globale antropico è un dato che si deve accettare, qualsiasi cosa accada, quale che sia l’esito di verifiche e controlli. Un “dato” simile in realtà non è un dato, è una proclamazione di fede, un dogma. L’esatto contrario delle scienza.

Per concludere passiamo al punto 4.
E’ bene che una teoria scientifica sia relativamente semplice, spieghi cioè il maggior numero possibile di fenomeni partendo dal minor numero possibile di presupposti. Rispettano le varie teorie del riscaldamento antropico un simile requisito?
NO.
Queste teorie in effetti cercano di spiegare un numero enorme di fenomeni climatici partendo da un unico presupposto: quello del riscaldamento globale
antropico. Però, per ottenere questa spiegazione sono costrette ad aumentare a dismisura le ipotesi di partenza. Cerco di spiegarmi con un esempio. Il riscaldamento globale, lo dice lo stesso nome, dovrebbe portare ovunque un gran caldo. Però, spesso e volentieri ci sono zone del mondo oppresse non dal caldo equatoriale ma dal gelo polare. Anche il gelo però è spiegabile con il riscaldamento globale ci ammoniscono dai teleschermi valenti giornalisti. Come? Semplice: i ghiacci si sciolgono, questo provoca negli oceani un aumento delle correnti fredde, queste a loro volta fanno deviare le correnti calde e da tutto ciò deriva in certe zone del mondo un gran freddo. Altro che semplicità! L’ipotesi di partenza si “arricchisce” di sempre nuove ipotesi supplementari senza naturalmente che queste vengano accompagnate dallo straccio di una previsione, per lo meno, senza che lo straccio di una previsione sia comunicato al popolo bue, oggetto di una propaganda martellante. Nessuno ci viene a dire, prima, che la corrente del golfo sarà deviata da correnti fredde di origine artica e questo porterà in Europa un gran freddo nella prossima estate. Al massimo qualcuno ci ammonisce di non confondere il clima con il meteo, come se non fossero proprio i seguaci della piccola Greta a trasformare ogni evento meteorologico in una “prova” della prossima fine del mondo. Soprattutto, senza chiarire dove finisce il meteo e comincia il clima, senza fare previsione alcuna, climatica, non meteorologica, su come sarà il clima non fra un secolo ma fra un anno.
Ricordava sempre Popper che la scienza deve fare un uso oculato delle ipotesi ad hoc,
quelle che possono salvare una teoria dalla falsificazione empirica. I teorici del riscaldamento di origine antropica ne fanno invece un uso smodato. Basterebbe questo per dubitare dello status scientifico di molte loro affermazioni.

La attendibilità scientifica di varie teorizzazioni sul riscaldamento globale antropico può essere facilmente verificata confrontandole con l’atteggiamento della comunità scientifica riguardo ai vaccini.
La validità dei vaccini ha ricevuto innumerevoli conferme empiriche. I vaccini hanno contribuito in maniera decisiva a debellare malattie che fino a
ieri mietevano vittime a milioni. Gli effetti collaterali , quasi sempre previsti, sono stati contenuti, quelli davvero gravi rappresentano percentuali statistiche minime. Soprattutto, chi ha scoperto vaccini di vario tipo non ha mai presentato le sue teorie sugli stessi in maniera tale da immunizzarle dalle verifiche empiriche. Nessun vaccino è valido qualsiasi cosa accada, se non è efficace viene semplicemente ritirato dalla circolazione. Non occorre fare troppe elucubrazioni per capire che tutto questo non avviene con le teorie del riscaldamento globale antropico. Se la previsione del valore terapeutico di un qualsiasi vaccino avesse ricevuto smentite empiriche anche lontanamente paragonabili a quelle subite dalle previsioni del club di Roma lo scopritore sarebbe stato radiato dall’ordine dei medici. E tanto basta, direi.

Transizione? E di che tipo?

Vorrei fare una precisazione, per non essere frainteso. Considero di vitale importanza la difesa dell’ambiente e sono sinceramente convinto della importanza delle tematiche ecologiche. Non credo, come i mistici ecologici sembrano credere, che esista una sorta di armonia prestabilita fra uomo e natura, un paradiso perduto che basta ritrovare per vivere felici. L’uomo non può essere semplice componete di qualche ecosistema, deve modificare l’ambiente circostante anche solo per sopravvivere, questa è la sua natura. Ma le modifiche che l’uomo apporta all’ambiente sono sempre, almeno potenzialmente, gravide di pericoli. Dobbiamo modificare l’ambiente, ma questa modifica si rivela spesso un’arma a doppio taglio. Abbiamo bisogno di case, auto ed aerei, ma anche di aria pulita e mare limpido. Queste diverse esigenze non sono destinate ad armonizzarsi automaticamente, spetta a noi, alla nostra intelligenza operare per armonizzarle, non una volta per tutte, ma di volta in volta, con sano realismo pragmatico.

La difesa dell’ambiente può anche essere una ottima occasione di sviluppo economico. Costruire termovaloriz
zatori e rigasificatori, provvedere alla raccolta differenziata dei rifiuti ed la loro smaltimento il meno inquinante possibile, mettere in sicurezza il territorio non solo preserva l’ambiente ma favorisce occupazione e sviluppo, con buona pace dei teorici della decrescita felice. Non dobbiamo però commettere l’errore di credere che se intorno a tematiche ambientali si sviluppa un notevole giro d’affari queste tematiche sono necessariamente corrette. Il fatto che la produzione e la vendita di una certa merce costituiscano un buon affare dice poco o nulla sulla qualità o sulla bontà delle merce stessa. Quando si entra in una libreria si notano sugli scaffali principali molti libri spazzatura. Probabilmente è grazie a questi che editori e, a volte, librai conseguono degli utili, ma sempre di libri spazzatura si tratta. I pannelli fotovoltaici rappresentano oggi un buon affare, ma questo non dimostra che siano davvero utili per produrre energia, meno che mai che possano sostituire in misura significativa altre forme di produzione energetica. Questo è ancora più vero se si pensa che i pannelli sono convenienti anche e soprattutto grazie ad incentivi statali pagati anche da chi non li compra. Se tutti munissero le loro case di pannelli solari la loro pretesa convenienza verrebbe meno...
Nel mondo la quasi totalità dell’energia è prodotta con petrolio, carbone e nucleare. Il peso delle cosiddette “rinnovabili” è puramente residuale . Questi sono i dati che contano per valutare se abbiano o meno ragione coloro che sostengono certe non meglio definite “transizioni ecologiche”. Anche dando per scontato che le politiche di “transizione ecologica” incrementino, per un certo periodo di tempo, determinate aree di business non è da questo che va giudicata la loro convenienza economica. L’economicità di certe scelte produttive si misura in ultima istanza non coi temporanei profitti monetari che permettono di conseguire ma con la loro capacità di produrre beni e servizi, quindi di incrementare stabilmente il PIL. Se si decide di produrre energia con il solare occorre vedere quanta, e di che qualità, energia si produce con una simile tecnologia. Se l’energia prodotta è scarsa e di cattiva qualità i profitti inizialmente conseguiti si riveleranno puramente nominali, una mera illusione monetaria.

Le rivoluzioni economiche ed industriali  sono state finora la conseguenza di innovazioni tecnologiche, scoperte geografiche, scoperta di nuove fonti di energia o della composizione di questi tre fattori. La “transizione ecologica” di cui oggi parlano in tanti sembra invece essere, insieme, la conseguenza di una deriva ideologica, delle aspirazioni mondialiste di enormi gruppi multinazionali e del tentativo di alcuni stati, la Cina in primo luogo, di assurgere al rango di incontrastate super potenze mondiali. Tutte cose che, come si vede, hanno poco a che vedere con la tutela dell’ambiente e con uno sviluppo economico insieme sostenuto ed attento alle ricadute ecologiche.
A differenza di precedenti rivoluzioni industriali la attuale “transizione ecologica” contrasta inoltre con lo sviluppo tecnologico, non a caso i suoi più convinti sostenitori sono i teorici della “decrescita felice”, i figli ed i nipotini di coloro che una trentina di anni fa bollavano scienza e tecnologia come “strumenti del potere borghese” e che oggi, superata la vulgata marxista,
le definiscono risultato di una insana “volontà di potenza” dell’uomo.
I seguaci di Beppe Grillo quelli che hanno fatto della “transazione ecologica” la loro bandiera, sono contrari alle acciaierie, all’alta velocità, ai termovalorizzatori ed ai rigasificatori, alle auto ed alle autostrade, contrastano tutte le opere pubbliche, dai ponti alle tratte ferroviarie. Sono coloro che tengono bloccati da decenni i lavori della TAV e da anni quelli del terzo valico. Soprattutto, sono contrari alla plastica, al nucleare, al carbone ed al petrolio. Basta guardarsi intorno per rendersi
conto di quanto simili programmi siano demenziali. Si elimini dal mondo la plastica e tutte le economie collassano nel giro di pochi mesi, forse poche settimane. Si cerchi di produrre con le sole “rinnovabili” non dico tutta, ma una porzione significativa dell’energia di cui abbiamo bisogno ed il mondo piomba nella più assoluta povertà e nel caos, con centinaia di milioni di disoccupati e, probabilmente, nuove guerre.
Non solo, simili demenziali proposte sono anche profondamente antiecologiche. Per produrre quantità appena discrete di energia con eolico e solare occorrerebbe riempire di pale e pannelli aree sterminate, con conseguenze disastrose su ambiente, fauna e flora selvatiche, e ci sarebbe sempre il problema enorme dello smaltimento di questi “ecologici” strumenti di produzione di energia una volta giunti al termine del loro ciclo produttivo. Non a caso la proposta
vera dei mistici dell’ecologia è la drastica riduzione dei consumi: meno consumi, meno produzione, meno energia: il ritorno al “buon tempo antico”, quando la vita media non superava i 30, al massimo i 40 anni e gran parte della energia di cui comunque si aveva bisogno era costituita dalla forza muscolare animale e umana. L’epoca in cui esistevano lo schiavismo e la servitù della gleba. Una meraviglia!
Qualcuno potrebbe
obbiettare che queste sono solo farneticazioni di pochi fanatici, ma, a parte il fatto che questi fanatici oggi governano l’Italia, non solo di loro si tratta. La piccola Greta fa proposte ancora più radicali di quelle di Grillo e di fronte a lei si prosternano fior di uomini di stato. L’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni di CO2 in meno di 10 anni non è del solo Grillo ma anche dei principali Leader del PD e della UE. Nella sua enciclica “Laudato si” Bergoglio ha fatto discorsi del tutto simili. Insomma, non vorrei essere troppo pessimista, ma non siamo di fronte a poche farneticazioni ma ad una ideologia molto diffusa, intrecciata con interessi economici e politici molto potenti.
Il misticismo ecologico è una pericolosissima forma di nichilismo, particolarmente insidiosa perché riguarda tematiche che non possono non interessare ogni persona ragionevole. E che spesso inibiscono alle persone ragionevoli la capacità di sottoporre a critica severa le idiozie. Perché sotto sotto hanno paura, le persone ragionevoli, di apparire contrarie ad una giusta causa come quella delle difesa ambientale.
Occorre invece superare ogni timidezza. Il nichilismo antiscientifico va combattuto, senza se e senza ma, anche se riveste i panni rassicuranti dell’amico della scienza, e si fa bello con amorevoli richiami a vette immacolate e mari cristallini.