sabato 2 novembre 2019

ELIMINARE L'ODIO?

Una premessa: non mi interessa qui discutere in concreto la famosa mozione della senatrice Segre. Cerco di affrontare a livello generale il problema che questa pone, perché, al di là delle formulazioni, delle parole e delle limature del testo, si tratta di un problema di portata generale.

SENTIRE IMMEDIATO

Prendiamo il toro per le corna: Ha senso una campagna contro l'odio, lo si può punire? Parlare di odio fra amici può essere considerato un reato? Se dico a Tizio: “il tale è una orribile persona, lo odio” incorro nel reato di “istigazione all'odio? Vediamo, partendo un po' da lontano.
L'odio è, come tutti i sentimenti, qualcosa di immediato. Lo si può paragonare alla intuizione sensibile. Se vedo una macchia rossa sul tavolo la vedo e basta. Uno scienziato mi potrà spiegare che il vedere rosso deriva da onde luminose di una certa ampiezza, uno psicanalista collegherà il mio veder rosso ad un trauma infantile, un marxista mi dirà che il veder rosso dimostra che la mia coscienza di classe si sta risvegliando. Vere o false che siano queste affermazioni, io continuo a vedere il rosso. La sensazione, diceva Aristotele, è sempre vera. Posso sbagliare nel giudizio: posso pensare che quel rosso sia sangue invece è vernice, o nello stabilire le cause del mio veder rosso, ma di certo sto vedendo rosso.
L'odio, come i sentimenti ingenerale, è qualcosa di molto simile. Non si può odiare, o amare, a comando; si odia, o si ama, e basta. Posso simulare, fingere, dire, mentendo, di non odiare, o, sempre mentendo, posso dire di amare ma non posso provare ciò che non provo, esattamente come non posso non vedere quello che vedo. Proibire o reprimere l'odio è impossibile. Si può evitare che l'odio abbia certe conseguenze. “Tu odi quella persona”, si può dire a Tizio, “ma non devi azzardarti a farle del male”. E, anche senza imposizioni esterne, una persona può contenersi, evitare le conseguenze del suo odio. Tizio può odiare Caio, ma si rende conto che non ha il diritto di ucciderlo. La sua ragione, la kantiana “ragion pratica”, glielo impedisce. Ma continua ad odiarlo.

UNA OBIEZIONE

A questo punto qualcuno potrebbe obiettare: “E' vero, l'odio è qualcosa che si sente, ma il sentire si può modificare. Si approfondisca la conoscenza di una persona e l'odio che proviamo per questa verrà meno, si potrà anche trasformare in amore”.
Cosa rispondere ad una simile obiezione? Molto semplicemente che è vera, ma gravemente incompleta.
La conoscenza può essere un antidoto nei confronti dell'odio, è vero, ma è vero anche il contrario. Conoscere meglio una persona, un popolo, una ideologia può farci abbandonare sentimenti negativi che proviamo nei loro confronti, ma può farci abbandonare anche gli eventuali sentimenti positivi. “Più ti conosco più ti amo” può essere vero esattamente come “più ti conosco più ti odio”.
Per il “Pierino” politicamente corretto l'odio, e la paura, e tanti altri sentimenti “negativi” sono “frutto dell'ignoranza”. Questo però è completamente indimostrabile. L'odio può essere frutto dell'ignoranza come della conoscenza e la stessa cosa si può dire dell'amore. Prima dell'undici settembre 2001 pochi detestavano l'Islam. Era opinione abbastanza diffusa che si trattasse di una religione come le altre, anche se criticabile per il suo atteggiamento nei confronti delle donne. Era diffusa una grande ignoranza sull'argomento, l'attenzione di tutti era focalizzata sullo scontro fra comunismo e democrazia liberale, pianificazione ed economia di mercato. A pochi passava per la mente che ci fosse all'orizzonte uno scontro fra Islam ed occidente. Col crollo del comunismo, il crescere impetuoso del fondamentalismo islamico e l'attacco diretto da questo mosso agli Stati Uniti le cose sono rapidamente cambiate. Molti hanno cominciato ad interessarsi all'islam, a conoscerlo. E a temerlo. E più d'uno ha iniziato a detestarlo.

DALLA CONOSCENZA ALLA IMPOSIZIONE

Non è affatto vero che una migliore conoscenza sia sempre e comunque un antidoto nei confronti dell'odio, spesso avviene esattamente il contrario: si arriva a detestare, addirittura ad odiare, qualcuno o qualcosa proprio perché lo si conosce meglio. Si tratta di un fatto molto diffuso che mette in crisi alcune certezze dei “Pierini” politicamente corretti. E li spinge ad una reazione che ha davvero poco da spartire coi dolci sentimenti amorosi di cui si dicono paladini.
Visto che la conoscenza non elimina i “cattivi sentimenti” si passa alla loro repressione. Se chi odia non si emancipa autonomamente dal suo cattivo sentimento lo si cerca di costringere a farlo.
Qui però sorge immediatamente una contraddizione. Si, perché se si reprime qualcuno di certo non lo si ama, spesso lo si detesta, a volte lo si odia.
Volete mettere in imbarazzo chi organizza campagne contro l'”odio”? Chiedetegli quali sono i suoi sentimenti nei confronti di chi non condivide le sue iniziative. Chi lotta contro l'odio lo ODIA e cade in questo modo inevitabilmente nel celebre paradosso del mentitore. Obbligare qualcuno a non odiare non è solo psicologicamente, ma anche logicamente impossibile.

Non è casuale questa caduta nel paradosso. In realtà nulla è tanto stupido e, nel profondo, immorale quanto la pretesa di un rifiuto generalizzato dell'odio.
Gli ebrei che venivano condotti alle camere a gas avevano o non avevano il diritto di odiare i loro aguzzini? I contadini che venivano costretti alla morte per fame dagli sgherri di Stalin avevano o no il diritto di odiare i loro affamatori? Una adultera condannata alla lapidazione, un gay alla impiccagione, un apostata alla decapitazione in varie parti del mondo islamico hanno o non hanno il diritto di odiare i loro carnefici?
Parlare di “odio” in generale è del tutto fuorviante. Ci sono diversi tipi di odio. C'è l'odio verso i carnefici ed i tiranni e c'è l'odio nei confronti delle loro vittime. Hitler odiava gli ebrei e questi di certo non amavano Hitler. C'era odio da entrambe le parti, è forse moralmente accettabile equipararle? .
In realtà molto spesso l'odio è l'altra faccia dell'amore. Se davvero si ama qualcosa si odia, quanto meno si può odiare chi a questo qualcosa si oppone. Chi ama la libertà odia la schiavitù, amare la democrazia vuol dire odiare la tirannide, chi è per la tolleranza non tollera gli intolleranti. Il “vogliamoci tutti bene” elimina l'amore, non l'odio.

Non a caso coloro che strillano contro l'odio sono degli odiatori seriali, basta dare una occhiata in rete per rendersene conto. L'odio che questi signori condannano è sempre quello degli altri, non il proprio. E' quello di chi difende l'occidente, non quello di chi all'occidente ha dichiarato guerra. Le torri gemelle erano ancora fumanti quando questi angelici personaggi hanno iniziato a belare che “l'Islam è una religione di pace”. Ed hanno cominciato a strillare contro l'odio e la violenza... degli americani! Basta questo direi a qualificarli per quello che realmente sono. E... non ad odiarli, l'odio è un sentimento che si riserva per i malvagi che hanno una loro torbida, demoniaca grandezza. Semplicemente a disprezzarli.

UN ORRIBILE SOGNO TOTALITARIO

Lo stato di Israele è praticamente in guerra da 70 anni. Eppure nel parlamento israeliano sono presenti partiti arabi che spesso solidarizzano con chi vorrebbe che lo stato di Israele cessasse semplicemente di esistere.
Israele ci da un esempio da manuale di come devono comportarsi le democrazie.
Una stato democratico, almeno in periodi normali, non mette fuori legge i partiti anti sistema, ne impedisce, nel caso dovessero vincere, la possibilità di stravolgere la costituzione. Un simile stato reprime le azioni, non le idee, punisce i reati, non i peccati. Meno che mai punisce o censura le chiacchiere. Certo, fra le azioni considerate reati ci possono essere l'istigazione alla violenza, vari tipi di apologia del crimine, gli insulti e la diffamazione; tutte cose degne di condanna non in quanto idee ma in quanto azioni. Insultare, calunniare, incitare ad uccidere sono azioni criminose. E la legge le punisce. La legge, dopo regolari processi in cui al presunto violento siano date tutte le possibilità di difesa, NON una commissione parlamentare.

Gli stati dittatoriali si comportano in maniera completamente diversa. Considerano criminali azioni che altro non sono che atti di opposizione politica e reprimono qualsiasi idea dissenziente.
Gli stati totalitari vanno oltre. Cercano di controllare non solo le azioni e le idee politiche delle persone, ma la totalità della loro vita. Non si limitano a reprimere chi critica il dittatore ed il suo governo, vogliono che anche la vita privata dei cittadini si adegui ai dettami della ideologia dominante. I rapporti fra genitori e fogli, mogli e mariti. professori e studenti sono sottoposti al controllo più rigido possibile. Si controllano non solo le idee politiche ma, almeno potenzialmente, le idee nella loro totalità. Credere o non credere in Dio, avere certi gusti sessuali, considerare in un certo modo la natura, leggere certi romanzi o certe poesie, ascoltare certi brani musicali può essere oggetto di censura.
E non ci si ferma alle sole azioni ed idee. Si cerca di controllare i sentimenti, addirittura le pulsioni degli esseri umani. Non si deve solo obbedire al dittatore, né astenersi da qualsiasi azione od idea lo possa danneggiare. Si deve essere interiormente convinti della correttezza del suo pensiero e della bontà delle sue azioni. E non ci si deve solo sentire idealmente d'accordo con lui, lo deve anche amare. E si devono odiare quelli che non lo amano. Si passa dalla obbedienza formale, coatta, alla condivisione, si parte dalle azioni e si arriva ai sentimenti, alle stesse pulsioni. Scompare ogni autonomia, l'uomo diventa immagine della ideologia dominante, mera appendice non pensante, né senziente della totalità socio politica.

“Amava il grande fratello”. Con queste parole si conclude il capolavoro di George Orwell: 1984. Sottoposto ad orribili torture il protagonista si convince, si convince davvero, che tutto ciò che il partito afferma è vero. Due più due fa cinque se così dice il partito. E il protagonista del romanzo ci crede, alla fine. Ed ama davvero il grande fratello. “Noi non vogliamo costringere, vogliamo conquistare le menti, avere il dominio totale dei cervelli, prima di farli esplodere” dice l'inquisitore al suo prigioniero. Ed alla fine riesce nel suo intento.
Costringere qualcuno a non odiare, o ad amare, vuol dire proprio questo: impadronirsi della sua anima. Un orribile sogno, per fortuna impossibile, almeno oggi e nel futuro prevedibile. Per quanti sforzi faccia il potere non può farmi vedere ciò che non vedo, provare ciò che non provo.
Può riuscirci in un un domani più o meno remoto, magari usando mostruose manipolazioni genetiche? Impossibile dirlo. Ma se ci riuscisse non avrebbe, a rigore, costretto gli uomini a provare ciò che non provano, avrebbe cambiato gli uomini. Se io amassi chi non amo, o odiassi chi non odio, non sarei più io, sarei altro da me.
In fondo è proprio questo il sogno di ogni riformatore radicale e totalitario del mondo. Rovesciare la natura umana, creare uomini completamente nuovi ed altri, perfetti alieni.
Dietro a tanti belati amorosi, a tante condanne dell'odio, si cela in realtà la aspirazione prometeica ad una torsione orribile della natura umana. L'uomo a cui guardano i teorici del politicamente corretto, almeno, quelli fra loro in grado di pensare, è proprio questo: un misero essere senza identità, senza tradizioni, senza stato, senza sesso, senza famiglia e senza radici. Un mostro alieno.
Speriamo che l'incubo di questi fanatici non si realizzi mai.