lunedì 15 giugno 2020

IL NICHILISMO CONTRO LA STORIA


George Floyd, i manifestanti distruggono la statua di Cristoforo ...

Numeri, buon senso e genocidi


 Dopo Churchill e Lincon è la volta di Cristoforo Colombo. Il grande navigatore genovese è accusato di essere il responsabile del genocidio dei “nativi americani” che, in 500 anni, avrebbe fatto dai 100 ai 140 milioni di vittime. Le sue statue vengono abbattute, decapitate o deturpate da folle di sedicenti “antirazzisti” ed “antifascisti” urlanti. Per loro Hitler e Stalin in effetti sono in dei poppanti se confrontati a Cristoforo Colombo. Cosa volete che siano i 5 o 6 milioni di vittime della Shoa, dell'holodomor o della “eliminazione dei kulaki in quanto classe” se paragonati ai 140 milioni di indios massacrati da Colombo? Sciocchezze, pinzillacchere. Giusto abbattere e sue statue perbacco!
Però, anche a naso, qualcosa non quadra in simili “ragionamenti”. Può seriamente un uomo essere accusato dei crimini avvenuti nel corso di cinque secoli? Sarebbe un po' come se Enea, il mitico fondatore di Roma, fosse ritenuto colpevole della repressione della rivolta di Spartaco o del vezzo di far divorare i cristiani dai leoni nel Colosseo (a proposito, mi aspetto che questo orribile monumento schiavista venga rapidamente abbattuto in nome della democrazia e dei diritti umani).
Inoltre, appare quanto meno azzardato attribuire a Colombo le violenze ed i massacri che hanno accompagnato sia la conquista del sud America che la colonizzazione del nord America. I primi europei sbarcarono in nord America nel 1607, circa 115 anni dopo la scoperta del continente americano fatta da Colombo. La penetrazione europea fu profondamente diversa nelle due Americhe. Si trattò di colonizzazione, un movimento migratorio in larga misura spontaneo dal vecchio al nuovo continente, nel caso del nord America, di conquista e distruzione da parte della Spagna dei grandi imperi precolombiani. Processi storici diversi, anche se caratterizzati entrambi da violenze e massacri. Ma gli “antirazzisti” non amano le distinzioni. Per loro tutto è uguale e tutto egualmente addebitabile ad un navigatore genovese. Punti di vista...

Lasciamo perdere il buon senso, è difficile scovarlo laddove manca, e veniamo ai numeri. Sono verosimili le cifre di 100 o addirittura 140 milioni di trucidati di cui alcuni parlano a proposito della conquista e colonizzazione delle Americhe? Francamente
NO.
Nel 1492 la popolazione mondiale ammontava a 416 milioni di esseri umani. Era in larga misura concentrata in Europa ed Asia. A quella data vivevano nel continente americano (nord e sud) non più di 15 o 16 milioni di persone. Allan Nevins ed Henry Steele Commanger (due storici importanti, politicamente vicini ai liberal) nella celebre “
Storia degli Stati Uniti” danno, a proposito del nord America, cifre ancora più basse: non più di 600.000 abitanti. In ogni caso, non si vede come sia stato possibile massacrare 100 o addirittura 140 milioni di persone su una popolazione di 15 o 16 milioni di abitanti. Si potrebbe obbiettare che il massacro è avvenuto nel corso di secoli, ma, di nuovo, il “ragionamento” non regge. Per massacrare nel corso dei secoli 100 o 140 milioni di persone su una popolazione iniziale di 16 occorre che questa popolazione aumenti o quanto meno non diminuisca nel corso del tempo, ma... come sarebbe stato possibile un  incremento o anche solo un mancato decremento di popolazione mentre era in corso un genocidio?
Perché mai sparare cifre tanto inattendibili? Sarebbe meno grave un massacro che si limitasse a 3 o 4 milioni di persone? Tra l'altro 3 o 4 su una popolazione di 16 vuol dire una percentuale mostruosa di morti, perché farla crescere a dismisura fino a renderla assurda? Solo per biechi fini propagandistici direi.
Val la pena, prima di chiudere su questo punto, fare un'altra considerazione. Molti “nativi americani” furono barbaramente trucidati, è indubbio, ma molti altri morirono perché contrassero infezioni portate dai nuovi venuti contro le quali non avevano sviluppato anticorpi. Una orribile tragedia certo, che non è però assimilabile ad una politica deliberatamente genocida. Molti indios morirono in guerra con conquistadores e coloni, ma i massacri che caratterizzano le guerre, anche le brutali guerre di conquista, non possono, a rigore, essere assimilati ai genocidi. E' genocidio la distruzione deliberatamente perseguita di una certa etnia. Si possono sicuramente considerare vittime di un genocidio i 5 o 6 milioni di ebrei massacrati nella Shoah. Non si possono invece considerare vittime di un genocidio i quasi 20 milioni di morti causati all'URSS dalla brutale aggressione hitleriana. Nessuno ha mai parlato di “genocidio dei sovietici”, non a caso.

Ci si può chiedere: perché tante distinzioni? La conquista e la colonizzazione delle Americhe hanno avuto costi umani elevatissimi, da condannare senza se e senza ma, e tanto dovrebbe bastare. Si, tanto dovrebbe bastare se non fosse in atto il tentativo di trasformare quella conquista e quella colonizzazione in una sorta di male assoluto, un peccato originale che non solo rende possibile la assimilazione di Cristoforo Colombo ad Adolf Hitler, ma che tende a delegittimare l'esistenza stessa degli Stati Uniti. Gli USA esistono ma non dovrebbero esistere perché sono nati dal più mostruoso genocidio della storia. E cose simili si possono dire della civiltà occidentale nel suo complesso e dell'uomo bianco.
Quella occidentale è la civiltà dei genocidi e dello schiavismo. L'uomo bianco deve il suo benessere a secoli, millenni di rapine e massacri. Stati Uniti, civiltà occidentale e uomo bianco devono d'ora in avanti vivere in uno stato di perenne contrizione, rinnegando tutti i giorni la loro civiltà ed il suo retaggio storico. Se non lo fanno sono “razzisti”, “suprematisti” e, ovviamente, “fascisti”. Personalmente trovo semplicemente demenziali simili pretese. 


Civiltà e violenza 

A sentire gli “antirazzisti” sembra che la violenza sia da sempre monopolio dell'occidente. Gli occidentali sono da sempre razzisti, schiavisti, imperialisti. Gli altri invece sono praticamente degli angioletti.
Ha un minimo di fondamento questa descrizione? NO!
Lo schiavismo è stato diffuso in medio oriente sino alla metà dello scorso secolo, era diffuso in Africa al tempo della tratta. Gli imperi (non solo gli europei fondavano imperi) Azteco e Maya erano schiavisti, e si caratterizzavano per i sacrifici umani. Le tribù degli originali “nativi americani” si facevano spesso guerra fra loro al fine di rubarsi a vicenda cibo, cavalli e
donne. Nell'India precoloniale i paria (gli ultimi) non potevano calpestare l'ombra di un bramino e la vedova di un nobile veniva bruciata viva assieme alla salma del marito. Furono i biechi colonialisti britannici a porre fine a questa discutibile usanza.
Quanti morti ha causato l'islamizzazione del nord Africa, di parte dell'Europa e dell'oriente fino all'India? Non lo si sa con precisione, ma di certo svariati milioni. E svariati milioni di cadaveri sono costati la formazione dell'impero cinese o le conquiste di Gengis Khan. Con questi esempi non intendo di certo sostenere che le civiltà extra europee fossero composte da barbari sanguinari, solo sottolineare ciò che qualsiasi persona dotata di un briciolo di cultura sa benissimo: la violenza non è mai stata monopolio dell'occidente,
tutti, ma proprio tutti, gli stati si sono formati nel corso di lunghi e tormentati processi storici caratterizzati da guerre, violenze, grandi migrazioni con la riduzione in soggezione o addirittura in schiavitù delle popolazioni sottomesse. L'occidente ha vinto gli scontri che ha avuto con altre civiltà, ha vinto per tutta una serie di motivi che non è possibile analizzare in questa sede, primo fra tutti la superiorità tecnologica. Ma il fatto di vincere non assegna al vincitore il monopolio della malvagità né al vinto quello della bontà. Questo i presunti “antirazzisti” proprio non arrivano a capirlo.

Non sono guerre, violenze e schiavismo le caratteristiche distintive della civiltà occidentale, in questo non differisce dalle altre. Sono invece caratteristiche della civiltà occidentale l'idea della pari dignità di tutti gli esseri umani, la valorizzazione della libertà individuale, il laicismo con la conseguente separazione fra stato e Chiesa, la democrazia politica. L'occidente è stato schiavistico ma in occidente e non altrove è sorto il movimento abolizionista. Ha conosciuto l'intolleranza ed il fanatismo religioso, ma anche la rivendicazione del libero pensiero, ha partorito i mostri del moderno totalitarismo, ma anche le forze che lo hanno combattuto ed alla fine sconfitto. Eppure è l'occidente e solo l'occidente ad essere costantemente messo sotto accusa dagli occidentali “progressisti”. Sempre pronti ad assolvere le altrui brutture questi non perdonano nulla alla loro civiltà. Questo non è sano spirito autocritico, è odio di se, vergogna della propria storia. Una malattia gravissima, un cancro che può portare alla fine di una civiltà millenaria.
 

Il bene, il male e la storia

L'atteggiamento degli occidentali “progressisti” nei confronti della storia della propria (
e solo della propria) civiltà si può riassumere in poche parole. Prendono un insieme di valori che oggi si sono affermati o che comunque rappresentano per loro degli assoluti, qualcosa di cui il solo discutere è blasfemo, confrontano questo tabernacolo di valori assoluti con la triste realtà della storia, constatano che esiste una abissale differenza fra il loro assoluto etico e gli eventi storici e... mandano al diavolo la storia (va la pena di ripeterlo, la LORO E SOLO LA LORO storia).

C'è un particolare della violenza nichilista che scuote in questo periodo l'occidente che molti sembrano non avere notato. Obiettivo dei distruttori di statue non sono quei personaggi che fecero cose moralmente esecrabili anche nei tempi in cui vissero. Non si attaccano sovrani sanguinari o schiavisti particolarmente crudeli. No, l'obiettivo privilegiato della violenza sedicente “antirazzista” sono personaggi fino a ieri considerati positivamente quasi da tutti. Si attaccano Colombo, non Pizarro e Cortes, Churchill, non Hitler, Lincon, non i razzisti fanatici che lo uccisero. C'è una logica in simili atteggiamenti. Ad essere esecrabili sono personaggi il cui pensiero è aperto ma non si stacca troppo dal punto di vista medio dell'epoca in cui vissero. Colombo voleva raggiungere le Indie, ma approdò in America e questo diede il via alla conquista spagnola del continente sud americano, tanto basta per considerarlo un “genocida”. Lincon abolì lo schiavismo ma non immaginò mai un presidente di colore degli Stati Uniti, quindi è definito “razzista” al pari dei suoi assassini. Churchill fu il più strenuo oppositore di Hitler, ma anche un sostenitore dell'impero britannico. Per questo è un “colonialista” da ricoprire di improperi. Qualsiasi considerazione del quadro storico in cui vissero certi personaggi scompare perché è precisamente quel quadro ad essere sotto accusa. Non va studiato, analizzato, criticato. Va semplicemente rimosso, ridotto a letamaio razzista da rifiutare in toto. Non ha senso distinguere quanto in quel quadro c'è comunque di positivo, quanto di buono ci ha lasciato un passato in cui pure erano presenti molte cose che non ci è possibile oggi accettare. No, in quel passato ci sono l'imperialismo, lo schiavismo, il razzismo quindi, bruci pure tutto! Schiavismo, imperialismo razzismo fanno perdere valore alla filosofia di Aristotele come alla poesia di Dante, alla emancipazione degli schiavi firmata da Lincon come alla lotta di Churchill contro il nazismo. Poco importa che la scoperta di Colombo abbia contribuito ad unificare il mondo, con tutte le conseguenze positive di una simile unificazione. Senza quella unificazione i cretini che oggi abbattono le sue statue non sarebbero mai nati. Non conta. Colombo non era certamente immune da idee che oggi consideriamo razziste quindi è un nemico, un oppressore, le sue statue vanno decapitate, profanate, abbattute.

La storia è un processo molto più articolato e contorto di quanto non credano i fanatici ed i nichilisti. Ci sono nella storia personaggi su cui è possibile dare, in ogni tempo, giudizi fortemente ed unicamente negativi. Personaggi che hanno compiuto azioni moralmente inaccettabili anche nei tempi in cui vissero e che non hanno lasciato nulla di buono a chi venne dopo di loro. Torquemada era particolarmente fanatico anche per i tempi in cui visse e le conseguenze della sua azione sono state solo negative. Tommaso d'Aquino fu, come il Torquemada, fortemente ostile agli eretici, ma non può in alcun nodo esser considerato un fanatico, la sua filosofia e la sua teologia intrise di aristotelismo sono invece un monumento di razionalità. Hitler e Stalin hanno commesso crimini mai visti prima nella storia ed hanno lasciato ai posteri solo rovine fisiche e morali. Molti li combatterono sostenendo idee e valori che ci appaiono scarsamente accettabili, ma questo non annulla la distanza cosmica fra un Churchill ed un Hitler, un Truman ed uno Stalin.
Il male esiste nella storia e va chiamato col suo nome:
male e in quanto tale eticamente condannato. La concezione hegeliana e marxista del male ridotto a “momento dialettico” di uno svolgimento storico necessario, destinato per Marx a concludersi con la palingenesi rivoluzionaria, è inaccettabile. Tra l'altro tale concezione elimina il male dalla storia. Se il male è necessario alla realizzazione del bene il male di fatto si identifica col bene, cessa di esistere in quanto male.
Riconoscere che, malgrado le pretese hegeliane e marxiste, il male esiste nella storia non può però portarci al rifiuto moralistico della stessa. Proprio perché il male esiste occorre mantenere sempre la capacità di
operare distinzioni. Spesso il male è nella storia strettamente intrecciato al bene. L'azione di personaggi i cui valori non possiamo condividere ha avuto più di una volta conseguenze positive per il genere umano. La condanna degli eccidi messi in atto da Cortes e Pizarro non può farci ridurre l'unificazione del mondo operata dai grandi navigatori ad episodio unicamente “razzista” ed imperialista. Le condizioni misere degli operai nella Gran Bretagna agli albori del diciannovesimo secolo non possono farci scordare che la rivoluzione industriale ha avuto un colossale impatto liberatorio per il genere umano. Lincon è stato un grande presidente anche se ha tardato a firmare il decreto di emancipazione. Luigi sedicesimo è stato un cattivo re, ma la sua decapitazione è stata un crimine. Robespierre era un fanatico, ma questo non riduce la rivoluzione francese ad un episodio di fanatismo. Si elimini la capacità di operare distinzioni e si ha o la deificazione della storia e la venerazione in essa dei vincitori (spesso provvisori) oppure il rifiuto nichilistico della storia stessa, la sua riduzione a “razzismo”, “schiavismo”, “omofobia”, “sessismo” (cosa assai ridicola visto che termini come “sessismo” ed “omofobia” sono stati inventati solo di recente) con la conseguente, orribile, distruzione del patrimonio culturale che i nostri avi ci hanno lasciato. Una mostruosità, un incubo orwelliano. 

Palingenesi e rifiuto della storia 

Nella storia ogni mutamento positivo, per quanto radicale possa essere, non segna mai una rottura totale col passato. I mutamenti possono essere il risultato di riforme, di un lento processo evolutivo o, a volte, anche di rotture rivoluzionarie, ma, se hanno un qualsiasi contenuto positivo, non distruggono la continuità del corso storico. La rivoluzione americana è stata un evento di straordinaria importanza e non è stata di certo un evento pacifico. Ma non ha rotto la continuità del corso storico. Una volta separatesi dalla madre patria le colonie hanno dato vita ad uno stato come altri ed hanno sempre mantenuto buone relazioni col Regno Unito. Ogni novità si innesta in una tradizione, non esiste, non può esistere, assoluta discontinuità nel corso storico. Presente, passato e futuro sono collegati. Le nostre radici affondano nel passato e le nostre aspettative ci proiettano verso il futuro; vale per gli individui come per i popoli, nella la vita privata di ognuno di noi come nella la storia.
Qualcuno però non condivide questa visione dell'evoluzione storica. Sono i rivoluzionari radicali o i rinnovatori radicali del mondo. Loro non voglio cambiare alcune cose del mondo, dell'uomo e della società Vogliono un uomo, una società ed un mondo radicalmente, assolutamente nuovi, non contaminati dalle vestigia del passato.
Il passato per costoro è solo un insieme di mostruosità disumane. Oppressione e sfruttamento hanno trasformato la società in un fatiscente immondezzaio. L'uomo che vive in questa società è un mostro, un non-uomo con idee, interessi, aspirazioni, pulsioni che nulla hanno di umano. Una simile società, un simile uomo non possono essere cambiati, devono essere sostituiti da una società e da un uomo totalmente altri. Il mondo nuovo non è la risultante di una trasformazione del mondo vecchio, si
sostituisce a questo. L'assoluta novità segna una radicale rottura con la storia, tutta la storia, del genere umano. Del passato facciam piazza pulita. Questo slogan riassume molto bene il nichilismo utopico dei rinnovatori radicali del mondo.

Fra rinnovamento radicale del mondo e rifiuto della storia c'è un evidente legame logico. Se si vuole realizzare l'assolutamente altro il passato va integralmente rifiutato. Di fronte al nuovo radicale il vecchio appare solo come corruzione e nequizia, va rifiutato, in toto. Lo stesso Marx accetta una simile posizione. A prima vista questo sembra non essere vero. Marx in effetti adora la storia, ma la sua adorazione si basa sulla ferrea convinzione che sia lo stesso sviluppo storico a preparare e rendere necessario il suo rovesciamento radicale. Per Marx il comunismo rappresenta “l'enigma finalmente risolto della storia”, il passaggio dalla preistoria alla storia, dal regno della necessità a quello della libertà. Le formule variano ma la sostanza resta la stessa: il comunismo è il rovesciamento radicale, assoluto della totalità che la storia stessa rende necessario. Ma è proprio qui che il il marxismo entra in un autentico corto circuito logico. Perché la storia non può preparare il suo rovesciamento totale, non può, in forza di un suo impulso interno, uscire da se stessa.
In effetti, quando la storia reale smentirà le previsioni marxiane i marxisti rivoluzionari non esitarono a mettere in atto la più radicale rottura del corso storico che l'uomo avesse mai tentata. Il marxismo perse la sua pesante bardatura scientista e determinista per diventare sfrenato volontarismo. Ben lungi dall'essere imposto
dalla storia il comunismo venne imposto alla storia. Ed il passato iniziò ad essere fatto oggetto di attacchi sempre più devastanti. Questa tendenza raggiunse livelli parossistici nella rivoluzione culturale cinese e nella orribile esperienza cambogiana. In occidente fu oggetto di raffinate riflessioni filosofiche da parte della scuola di Francoforte e in questa di coloro che cercarono di conciliare Marx con Heiddegger, senza curarsi troppo della militanza di quest'ultimo nel partito nazional socialista dal 1933 al 1945. Nella sostanza però le sue radici risalgono allo stesso Marx anche se, va detto, la sua opera è aliena da ogni forma di nichilismo antistorico.

Ci siamo soffermati su Marx, ma il rifiuto della storia è presente in un po' tutte le filosofie del rovesciamento radicale del mondo, spesso accompagnato dal rimpianto per una mitica età dell'oro, una lontanissima epoca in cui tutto era perfetto e da cui il corso della storia ci ha progressivamente allontanato.
Dai movimenti ereticali del medioevo alle fosche previsioni di Gioacchino Fiore, dalla utopia del Campanella al rimpianto di Rousseau per il buon selvaggio fino al nichilismo iconoclasta dei giacobini il motivo di fondo è sempre lo stesso. Il mondo va rovesciato e il suo rovesciamento segna il ripudio di tutta la storia sinora conosciuta.
Né simili concezioni riguardano solo movimenti radicali “di sinistra”. Sono al contrario largamente presenti nel radicalismo di destra. Nel nazismo la vittoria della razza “superiore” segna una rottura definitiva n
el corso storico. Il terzo reich che di questa vittoria è l'artefice, ripristina la autentica struttura ontologica del mondo, segna il ritorno ad una lontanissima epoca di autenticità che era stata abbandonata e di cui quasi si era perso il ricordo. Ancora una volta la assolutà novità (che tale non è visto che tutta la storia è piena di rivendicazioni di superiorità razziali) si combina con la radicale svalorizzazione della storia, considerata alla stregua di un progressivo processo di imbastardimento razziale.

Non è il caso di dilungarci. Il radicalismo di destra o di sinistra, laico o religioso, universalista o particolarista che sia sfocia sempre nel rifiuto e nella svalorizzazione della storia.
La storia non va studiata, capita, criticata. Non si fanno in essa distinzioni, non si condanna ciò che c'è da condannare sforzandosi nel contempo di riconoscere quanto di positivo ci hanno lasciato epoche lontane, carattrizzate da idee, valori, modi di agire rofondamente diversi dai nostri. Il rinnovamento assoluto del mondo, la aspirazione al "totalmente altro" segnano la fine della storia ed il suo ripudio. Più radicale è il nuovo più netto il rifiuto del vecchio, la svalorizzazione di ogni tradizione, la negazione di ogni continuità.
L'assalto nichilista alle statue, l'invocazione della censura, l'attacco a grandi personaggi come Curchill e Lincon, la pretesa di espellere Dante dai corsi scolastici o qanto meno di sottoporlo a censura sono la logica conseguenza di simili concezioni. E ci mostrano con chiarezza quali sono, inevitabilmente, gli esiti del radicalismo antistorico. Non l'inizio di un'epoca nuova e felice ma la regressione nella barbarie. Perchè la barbarie, solo la barbarie, è l'esito obbligato di ogni forma di nichilismo.

giovedì 11 giugno 2020

I NUOVI TALEBANI


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La casa produttrice Hbo Max, ha tolto dal catalogo di streaming online il film “via col vento”, un classico del cinema mondiale. Il film è considerato “razzista” quindi nessuno deve vederlo. La produzione ha dichiarato che “"il film è un prodotto del suo tempo, ma descrive un contesto che era sbagliato allora come è sbagliato oggi".

Rivelatrici queste parole. “Via col vento” descrive un contesto che era sbagliato allora come oggi, quindi va cancellato dalla storia. Tutte le opere dell'umana creatività che descrivono contesti “sbagliati” o che noi oggi riteniamo tali devono essere bruciate, distrutte, censurate. Chissà, fra breve non sarà più possibile leggere un libro, o guardare un film, o ammirare un quadro che esprimano il punto di vista, i valori di contesti “sbagliati”. Siccome in una certa società esistevano istituzioni, usi e costumi che oggi noi riteniamo, a torto o a ragione, sbagliati l'arte, la filosofia, la letteratura di simili società devono essere eliminate dalla storia. Un film che ci mostri, ad esempio, il modo di vivere nell'antica Roma, va bruciato, a meno che quel film non faccia apparire i romani antichi come dei mostri malvagi, privi di valori, incapaci di idee e sentimenti autenticamente umani. Ridicole caricature di se stessi.

Sempre, in
tutte le civiltà sono esistite istituzioni, usi e costumi che con giusta ragione possiamo definire sbagliati, ma sarebbe cieco nichilismo distruggere per questo quanto queste civiltà ci hanno lasciato. Rapportarsi in questo modo alla storia vuol dire puramente e semplicemente distruggerla.
Ragionando come i censori di “via col vento” dovremmo censurare o distruggere l'opera di Aristotele, che come tutti sanno giustifica lo schiavismo, o quella di Tommaso D'Aquino, che ammette la punizione terrena degli eretici. Dante andrebbe censurato perché “islamofobo”, “sessista” ed “omofobo” (piazza all'inferno gli omosessuali) mentre Shakespeare potrebbe con qualche ragione essere accusato di antisemitismo, quindi censurato. La censura dovrebbe colpire senza pietà la Bibbia e gli stessi Vangeli cristiani potrebbero avere dei problemi. Cristo infatti afferma, è vero, che tutti gli uomini (solo gli uomini? E le donne? Questo non è maschilismo sessista?) sono uguali davanti a Dio, ma non condanna la schiavitù, non chiede che, su questa terra, gli schiavi vengano liberati. Coi criteri dei censori di “via col vento” questo sarebbe un atteggiamento “schiavista” da censurare senza pietà.
E che dire dell'arte figurativa? In quanti quadri compaiono uomini di colore che servono docilmente i loro padroni bianchi? Raffaello ha forse mai dipinto qualche madonna nera? E c'è qualche uomo di colore raffigurato sulla volta della Sistina? Che fare, la distruggiamo? O dipingiamo di nero Adamo ed Eva? Ritocchiamo le madonne di Raffaello? Diamo una coloratina scura a San Francesco dipinto da Giotto? E perché mai Cristo deve sempre essere rappresentato come bianco? Non potremmo farlo diventare nero? Basta con le discriminazioni!!!
E, attenzione, non si salvano neppure i grandi rivoluzionari. Ecco cosa scrive Marx nel “
Manifesto del partito comunista”:
“...la borghesia trascina nella civiltà tutte le nazioni, anche le più barbare. I bassi prezzi delle sue merci sono l'artiglieria pesante con la quale spiana tutte le muraglie cinesi, con la quale costringe alla capitolazione la più tenace xenofobia dei barbari.”
Si, abbiamo letto bene: Marx parla di nazioni “barbare” che devono essere portate nella “civiltà”. Altro che “Via col vento”! Questo è razzismo bello e buono! Si censuri anche Karl Marx!
E' inutile continuare. Con i criteri dei miserabili censori di “via col vento” tutta la produzione artistica, letteraria, filosofica del genere umano da Omero a Shakespeare, da Aristotele a Kant, andrebbe distrutta o radicalmente censurata.

La storia della nostra civiltà è piena di cose “sbagliate”, intrisa del sangue di una schiera enorme di esseri umani. Ma non solo a questo si riduce la nostra storia. Lo schiavismo, la servitù della gleba, l'intolleranza religiosa non annullano la grandezza della filosofia greca o della grande arte rinascimentale. L'occidente ha conosciuto lo schiavismo ma anche la dichiarazione dei diritti dell'uomo, l'intolleranza ma anche la teorizzazione della tolleranza e della laicità, il potere assoluto ma anche la democrazia. Il viaggio di Colombo ha avuto come conseguenza tragica la distruzione di antiche, e, non dimentichiamolo, crudelissime, civiltà, ma ha anche unificato il mondo e dato una spinta poderosa al progresso umano. Nulla è tanto nichilista quanto pretendere di spezzare la continuità del corso storico, rapportarsi in maniera moralistica e censoria a persone che vivendo in epoche diverse dalla nostra in qualche modo espressero nelle loro opere i valori in queste prevalenti. Una cosa è la critica, la condanna di quanto c'è da condannare, la corretta valutazione del bene e del male che ci vengono dal passato. Cosa completamente diversa il far piazza pulita del passato, giudicarlo come un peso di cui ci si deve liberare perché non conforme a valori che oggi si sono affermati.
Del resto, solo degli intolleranti fanatici possono essere convinti della assolutezza di certi valori oggi assai diffusi. Il contesto descritto in “Via col vento” era sbagliato allora come oggi”, dicono i censori di un grande film. Ma... sono davvero sicuri questi ridicoli censori che fra una cinquantina d'anni qualcuno non dica: “i valori dei film politicamente corretti del 2020 erano sbagliati allora come oggi”?
Se il contesto di “Via col vento” era sbagliato allora come oggi siamo certi che il contesto di tanti odierni filmacci politicamente corretti non sia sbagliato oggi come domani? I barbari che distruggono le statue e censurano i film credono che i loro valori (o presunti tali) segnino la fine della storia, l'approdo ultimo del genere umano. Ma la fine della storia non esiste. Ed il domani può sempre riservare delle sorprese, anche ai barbari di oggi.

Qualcuno a questo punto potrebbe però obbiettare: non rischiamo in questo modo di precluderci qualsiasi condanna nei confronti di chiunque? Se una corretta valutazione del quadro storico ci impedisce condanne moralistiche nei confronti, ad esempio, di un Cesare perché mai condannare un Hitler o uno Stalin?
E no, si tratta di cose ben diverse!
In primo luogo evitare condanne moralistiche nei confronti di un Cesare
non vuol dire ritenere che l'imperialismo schiavista di cui questi fu uno degli artefici non avesse aspetti moralmente ripugnanti. Inoltre, costruire grandi imperi e ridurre in soggezione, spesso in schiavitù, le popolazioni conquistate era considerato normale nell'antichità. In questo senso Cesare non si distacca dal normale modo di pensare di un'epoca in cui il concetto stesso di diritti umani non era neppure formulato.
Completamente diverso il discorso su un Hitler o su uno Stalin. Questi misero in atto forme di oppressione degli esserti umani assolutamente senza precedenti nella storia e lo fecero in un'epoca in cui le idee di libertà individuale, dignità di tutti, democrazia si erano già ampiamente affermate. Gli ebrei hanno dovuto subire innumerevoli persecuzioni nella storia, ma a nessuno era mai venuta in mente l'idea di massacrarli tutti. I grandi proprietari terrieri sfruttavano i contadini, ma solo Stalin mise in atto politiche che ne uccisero a milioni per fame. I totalitarismi del '900 spezzano la continuità del corso storico, mettono in atto forme di stragismo criminale che la storia non aveva mai conosciuto. Proprio per questo non lasciano nessuna eredità positiva al genere umano. L'antica Roma è schiavista, ma è anche il centro di una grande civiltà che lascia molto di positivo ai posteri. Il nazismo si è lasciato alle spalle solo un oceano di rovine, il comunismo società disfatte, economie al tracollo, campagne devastate. Entrambi montagne di cadaveri, e basta. E' tutta qui la differenza fra un Cesare ed un Hitler ed uno Stalin. E non è una differenza da poco.

Torniamo ai fatti di questi giorni. Quello che avviene oggi in occidente non è affatto nuovo, ha i suoi antecedenti storici, anche molto recenti. Le statue distrutte o imbrattate, i film rimossi sono stati preceduti dai roghi di libri nella Germania nazista, dal nichilismo iconoclasta delle guardie rosse durante la rivoluzione culturale in Cina, dalle statue del Budda fatte saltare dai Talebani, dalla devastazione di aree archeologiche operata dai militanti dell'ISIS. Non importa in nome di cosa siano stati compiti questi atti vandalici, quale fosse il “valore”, meglio, il disvalore, che li ispirava. Ad essere davvero importante per capirne il senso è l'intolleranza fanatica che li ha caratterizzati
TUTTI. L'arte, la scienza, la filosofia, la letteratura, tutto insomma, deve conformarsi ad una certa visione del mondo. Se non si conforma va distrutto. Non importa quando siano vissuti un artista o un filosofo, se le loro opere risentono del clima culturale del loro tempo e non si conformano con una certa visione del mondo oggi in auge vanno distrutte. Non discusse, non criticate, non sottoposte ad esame razionale. Distrutte, cancellate. In nome della purezza della cultura tedesca, o del pensiero del grande timoniere, o della unica vera religione, non conta. Le giustificazioni della furia nichilista sono irrilevanti. Si può scatenare in difesa della “purezza della razza ariana” come di un presunto “antirazzismo” assunto ad unico, assoluto valore. Il risultato è sempre lo stesso: la barbarie, la regressione intellettuale e morale, la fine della civiltà.
Con simili barbari non si può mostrare timidezza alcuna. E' vomitevole il tentativo di tanti presunti liberali occidentali di assecondare la loro furia. Rispondere alle devastazioni rimuovendo le statue di personaggi ritenuti “razzisti” vuol dire assecondare i fanatici. Continuare a definire “antirazziste” le esplosioni della loro rabbia iconoclasta vuol dire solo incoraggiarla. Oggi se la prendono con Colombo, Lincon e Churchill. Domai sarà la volta di Dante e Shakespeare, dopodomani di Kant, non c'è limite alla follia.
I nuovi barbari sono liberi di pensare, dire o scrivere ciò che vogliono.
NON sono liberi di distruggere e profanare. La loro violenza va fermata. Senza se e senza ma.