Partendo da lontano.
Polemizzando
contro chi nega il principio di non contraddizione Aristotele afferma
nella metafisica:
“In verità è impossibile che essere
uomo abbia lo stesso significato che non essere uomo, se è
esatto che il termine uomo sta a significare non solo
l'attributo di un'unica cosa ma anche quella stessa unica cosa
(difatti noi non reputiamo che l'espressione significare un'unica
cosa si identifichi con l'espressione significare un qualche
attributo di un'unica cosa, giacché in questo caso i termini
musico, bianco e uomo avrebbero un solo
significato, e di conseguenza tutte quante le cose sarebbero un'unica
cosa dato che esse verrebbero ad essere sinonime)”. (1)
Vediamo
di chiarire. Per Aristotele l'errore fondamentale dei critici del
principio di non contraddizione consiste nella confusione che questi
fanno fra soggetto e predicato, sostanza ed attributi della
sostanza.
L'enunciato: “Tizio è alto e giovane” non viola in
alcun modo il principio di non contraddizione, eppure i termini
“Tizio”, “alto” e “giovane” hanno diversi significati. Da
un lato dire che A è B sembra eguagliare i significati di A
e di B, dall'altro tali significati sono diversi fra loro.
Sembra che il principio di non contraddizione sia violato. Le cose
però non stanno così, per il semplice motivo che “alto” e
“giovane” sono attributi che si predicano, da diversi punti di
vista, di una stessa sostanza: “Tizio”. Dire che Tizio è alto
non eguaglia il significato del termine “Tizio” con
quello del termine “alto”, attribuisce al soggetto Tizio un
determinato predicato. Allo stesso modo dire che Tizio è alto e
giovane non eguaglia i significati di alto e di giovane. Si limita ad
attribuire, da diversi punti di vista, a Tizio due diversi predicati.
Il tutto perché esiste una differenza fondamentale fra soggetto e
predicato, sostanza ed attributi della sostanza. Se questa differenza
non esistesse nella proposizione: “Tizio è alto e giovane” la
è verbo e la e congiunzione eguaglierebbero i significati
di Tizio, alto e giovane. Come ben osserva Aristotele tutte le parole
diverrebbero sinonime,”uomo” sarebbe lo stesso di “non uomo”,
dire “uomo” equivarrebbe a dire “trireme” visto che di certo
la trireme non è un uomo. Qualsiasi discorso sensato diverrebbe
impossibile.
I succo del discorso di Aristotele che qui ci
interessa è costituito da concetto di sostanza. Mi limito in
maniera stringatissima all'essenziale. La sostanza aristotelica è
sinolo di materia e forma, un ente unitario, empiricamente rilevabile
e diverso sia dalle sue parti che dall'insieme dei suoi attributi. Un
albero è qualcosa che mi è dato dai sensi e che sono in grado di
distinguere da foglie e radici, e sono parimenti in grado di
considerare separatamente dalla sua altezza o dalla durezza del suo
tronco. Le cose sono, naturalmente, assai complicate. Il concetto di
sostanza è stato al centro di serrate discussioni e polemiche che
hanno attraversato praticamente tutta la storia del pensiero, ma non
è di queste che intendiamo qui discutere. Del resto
l'approfondimento serio di un simile tema sarebbe nettamente al di
sopra delle forze di chi scrive. Ai fini del nostro discorso basta
sottolineare la “durezza” della sostanza. La sostanza
aristotelica non è mero aggregato, semplice collezione di parti o
qualità. E' qualcosa di unitario, con una sua precisa identità.
Quando si modifica, la sostanza lo fa in un certo modo, legato al
suo essere quella certa sostanza e non altra. Il
bambino diventa uomo, il seme pianta, il cucciolo animale adulto. Le
sostanze possono interagire e modificarsi interagendo, ma ognuna lo
fa a partire dalle sue caratteristiche specifiche, se queste vengono
a mancare la sostanza semplicemente scompare. Interagendo con la
freccia del cacciatore la sostanza cervo perisce. La sostanza
costituisce la parte solida, pesante dell'essere. E' quella certa
cosa li che nasce e si modifica restando tuttavia in tutto questo
processo quella certa cosa lì. Fino al suo perire.
Uomo,
società
Quali che siano i dibattiti e gli approfondimenti
filosofici sul tema della sostanza la maggioranza dei filosofi e la
quasi totalità del genere umano (filosofi compresi) concorda su un
punto: il mondo esiste ed è costituito da enti che hanno
caratteristiche proprie. Qualcosa che si può studiare, con cui si
può interagire, che è possibile in una certa misura modificare ma
sempre partendo da ciò che è. Gli enti del mondo non sono qualcosa
di evanescente, fluttuante, inafferrabile. Sono realtà dotate di una
loro identità ed una loro almeno relativa stabilità. Qualcosa di
duro, di una durezza da cui è impossibile prescindere.
E fra
questi enti è centrale l'uomo. Non è il caso qui di cercare una
definizione di “uomo”. Molte ce ne sono, tutte evidenziano
aspetti essenziali della sostanza uomo, tralasciandone altri. L'uomo
è un bipede implume, un animale razionale, o politico, o
tecnologico. Un animale simbolico, parlante, creativo. Un ente
morale, l'unico, a quanto ne sappiamo, in grado di formulare
imperativi etici ed obbedire, sia pure a fatica, agli stessi. Su
ognuna di queste definizioni si può discutere, e si è discusso,
moltissimo. Ma non è indispensabile farlo, a ben vedere le cose.
Ognuno di noi sa che l'uomo è quell'essere li, quello che ognuno di
noi è e con cui ognuno di noi si rapporta, tutti i giorni. Un ente
fondamentale fra gli enti del mondo.
L'uomo non è un monolite
immutabile o una monade senza finestre sul mondo. L'uomo è capace di
modifica ed automodifica, è relazione, confronto, spesso scontro. E'
un ente inquieto, in movimento, ma non è qualcosa di evanescente,
inafferrabile. Non è una X di cui nulla si può dire perché
in ogni momento è e non è se stessa. L'uomo è una sostanza e come
tutte le sostanze ha una sua robusta, ineliminabile “durezza”.
Io
sono un uomo, non “l'uomo in se”, questo è solo una idea
astratta, importantissima ma priva di autonoma esistenza, tranne che
per i platonici. Io sono quel certo uomo, col suo patrimonio
genetico, le sue caratteristiche psicofisiche, la sua cultura, la sua
storia personale inserita in una storia collettiva. Sono nato in una
certa epoca, in una certa famiglia, in un determinato ambiente
sociale, dentro una certa cultura e civiltà. Tutto questo fa di me
ciò che sono, costituisce la mia identità.
Certo, posso
cambiare e cambio, ma lo faccio sempre a partire da ciò che sono.
Posso modificare alcune mie caratteristiche: la mia cultura, il mio
aspetto fisico, alcuni aspetti del mio carattere, ma posso farlo
sempre e solo facendo leva su altre mie caratteristiche, altri
aspetti del mio carattere. Posso relazionarmi agli altri, e in questa
relazione modificare alcune idee e punti di vista, ma posso farlo
sempre partendo da idee e punti di vista che sono miei. La
stessa propensione a confrontarmi ed eventualmente a cambiare è una
mia caratteristica, parte della mia identità. In una parola, io
posso cambiare perché non sono un mero fluttuare, perché ho la mia
identità, sono io e non altro.
Se non fossi una sostanza unitaria non potrei cambiare. Non potrei
subire, o aver subito, quel processo naturale di cambiamento
costituito dal passaggio dall'infanzia alla gioventù, dalla maturità
alla vecchiaia, e non potrei esser stato protagonista di alcun
cambiamento volontario, fisico o culturale. Il cambiamento si innesta
sempre su alcuni fondamentali elementi di “durezza”, un po' come
la scalata di una parete rocciosa è possibile solo se esistono
solidi punti di appoggio. Chi fluttua, chi è ed insieme non è se
stesso non cambia Per cambiare occorre essere in primo luogo uguali a
se stessi.
Si possono fare considerazioni simili per la
società. Certo, la società non è un super individuo di cui i
singoli siano parti subordinate. Tizio, Caio e Sempronio non sono
nella società qualcosa di paragonabile a ciò che cuore o polmoni
sono nell'organismo umano. La società è un aggregato di individui
e non ha quindi una unitarietà paragonabile a quella dei singoli. Ha
però la sua unitarietà. La società è un aggregato, ma ogni
aggregato per essere tale deve avere qualcosa che lo unifichi e gli
dia forma. Senza un qualche collante gli aggregati si disperdono,
allo stesso modo le società esistono, e continuano ad esistere,
finché gli individui che le compongono sono in tenuti insieme da
qualcosa. Le leggi innanzitutto, e dietro alle leggi le istituzioni,
e chi le leggi le crea e le fa osservare. E, ancora più indietro,
alcuni valori, idee, interessi largamente condivisi. Se la stragrande
maggioranza dei membri di una società fosse convinta che è giusto
scippare una vecchietta nessuna legge potrebbe proteggere le
vecchiette dagli scippi, non ci sarebbe neppure chi arresta o
condanna gli scippatori. Ed oltre a leggi ed istituzioni, idee,
valori ed interessi ci sono i legami territoriali, linguistici,
storici e culturali.
Nelle società libere e pluraliste
dell'occidente ogni individuo vale e conta come individuo, ma non è
una monade isolata. E' una sostanza unitaria che vive dentro una rete
di relazioni sociali e culturali, si riconosce in certe tradizioni e
certi valori, ha interessi che leggi ed istituzioni difendono e
garantiscono. Se si sfalda questa solida rete di relazioni la società
cessa di esistere e gli individui diventano degli sradicati privi di
identità. La fine del vincolo sociale degrada il singolo a triste
caricatura di se stesso.
Ordine o
evanescenza
Le
società, e con loro le culture e le civiltà, non hanno la stessa
“durezza” sostanziale degli individui, non sono in alcun modo
paragonabili ad organismi. Nazioni, classi sociali, etnie, culture,
civiltà non sono super persone, ma non sono neppure aggregati
fluttuanti, privi di collante e di identità.
Le società
libere, aperte e pluraliste dell'occidente sono invece state fatte
spesso oggetto di accuse di tal fatta. La società libera sarebbe un
mero fluttuare privo di valori unificanti, un aggregato accidentale
di individui sradicati.
E' interessante notare che se simili
accuse fossero fondate le società libere e pluraliste non sarebbero
più o meno difettose e meritevoli di critica, sarebbero
semplicemente impossibili.
Una società priva di collante semplicemente non può esistere come
società. I casi sono due: o le società pluraliste esistono, ed
allora di tutto le si potrà accusare meno che di non costituire una
forma di aggregazione relativamente stabile fra gli individui, o non
hanno alcuna forma di aggregazione ed allora non possono esistere ed
è insensato sottoporle a critica. Del resto, nessuno dei filosofi
liberali si è mai sognato di sostenere che la società libera sia in
quanto tale disgregata. I liberali sono stati prima sostenitori della
monarchia costituzionale, poi la maggior parte loro di loro ha
accettato la democrazia politica. Il principio della autodecisione
delle nazioni è stato sostenuto con forza da molti grandi del
liberalismo. Per restare solo allivello della analisi economica, i
teorici del liberalismo e dello stesso liberismo economico non hanno
mai considerato il mercato come un caos privo di centro unificante.
La “mano invisibile” di Smith è appunto un potente centro di
unificazione di quel caos, apparente, che sembra essere il mercato.
Hayek ha contrapposto il “cosmos” alla “taxis”, l'ordine
spontaneo alle regole stabilite centralmente, Proprio per questo non si è mai
neppure sognato di teorizzare un mercato senza ordine.
Eppure
da un po' di anni a questa parte le moderne democrazie liberali
stanno assumendo aspetti che sembrano confermare le peggiori critiche
dei nemici del pluralismo liberale. Bisogna avere il coraggio di
guardare in faccia la realtà. Le moderne società liberali, più in
generale la grande civiltà occidentale stanno subendo un processo di
degenerazione verso quella che si può definire la società
gassosa. Una società priva di
centro unificante, evanescente, mero aggregato di individui
sradicati. Ed insieme ad una tale degenerazione della civiltà
occidentale assistiamo al crescere di teorizzazioni su quello che
dovrebbe essere l'uomo
nuovo occidentale: un
individuo senza di radici culturali, identità, sesso, valori. Una
piuma sbattuta qua e la dal vento di mode effimere e di effimeri
desideri. Un nulla in forma umane.
E' bene chiarire subito una
cosa: una simile distopia non può
realizzarsi. La società disgregata non può esistere. L'affermarsi
della disgregazione segnerebbe non la nascita di qualcosa ma solo la
morte della nostra
cultura e con questa delle nostre società. Né può davvero
affermarsi l'uomo piuma.
Ci piaccia o meno ognuno di noi ha la sua identità, il suo
carattere, il suo sesso, la sua cultura. Possono però affermarsi e
diffondersi a livello di massa i comportamenti, le idee, i valori
dell'uomo piuma. E' un processo da tempo in atto nel decadente
occidente dei giorni nostri, segno del nichilismo che ci sta
divorando.
La società gassosa
A
volte piccoli episodi costituiscono l'indice di grandi, profondi
sconvolgimenti sociali.
Il 31 Ottobre 2020 è morto Sean Connery,
a mio parere l'unico, il vero James Bond.
Tutti abbiamo presente
che tipo fosse l'agente 007. Forte, coraggioso, donnaiolo, un po'
maschilista, ma in maniera autoironica, simpatica. Poteva piacere
non piacere, per lo più piaceva, alle donne più che agli uomini, ma
in ogni caso James Bond era quel tipo lì. Protagonista di avventure
dense di pericoli, conquistatore irresistibile di fantastiche
fanciulle, amante del vodka Martini “agitato, non shakerato”.
Di
recente è stato annunciato che sta per uscire un nuovo film
(l'ennesimo) della serie James Bond. Solo che stavolta l'agente 007
sarà una donna, una bella ragazza di colore.
Sembra una notizia
di poco conto, qualcosa che può riguardare al massimo i pettegolezzi,
invece è sintomo dello stato attuale dell'occidente. I ruoli non
esistono più. Non nel senso che non sono chiusi, predeterminati per
sempre. Nel senso ben diverso che ognuno può ricoprire qualsiasi
ruolo perché nessuno ha più una identità. Ognuno può essere se
stesso e l'altro da se stesso; uno, nessuno e centomila.
James
Bond cambia sesso e diventa donna. Domani potrebbe diventare gay, o
disabile. Potremmo avere un Bond astemio o fanatico delle diete
vegane, un Bond non violento che porge l'altra guancia ai cattivoni
della Spectre. Avevamo un Bond al servizio di Sua Maestà britannica,
potremmo avere un Bond nigeriano, russo o neozelandese. L'uomo piuma
può essere tutto o il contrario di tutto, o nessuno.
Qualsiasi
società è caratterizzata dalla esistenza di ruoli. Ciò che
differenzia le società libere e pluraliste non è la mancanza di
ruoli ma le modalità con cui è possibile accedervi. Chiunque,
almeno sulla carta, può diventare presidente della repubblica, o
primario in un grande ospedale, o campione sportivo, ma questo non
vuol dire che chiunque può essere oggi presidente della repubblica e
domani centravanti di sfondamento. Si è liberi di accedere al tal
ruolo ma vi si accede o meno a partire da ciò che si è. Chi è
deboluccio in matematica non diventerà mai nobel per la fisica, un
tipino gracile che pesa 50 chili non può sfidare il campione del
mondo dei massimi, ancora meno può misurarsi con lui una ragazzina
che di chili ne pesa 40. Ed ancora, alcuni ruoli sono aperti a tutti,
altri no perché legati ad ineliminabili caratteristiche naturali. Un
maschio non potrà mai partorire, se lo facesse cesserebbe di essere
maschio. E' difficile che una donna gravida possa lavorare in
miniera. Ogni essere umano ha la stessa dignità di tutti gli altri,
gli stessi diritti e gli stessi doveri fondamentali. Ma da questo non
segue che tutti possano ricoprire tutti i ruoli.
Eppure proprio
questo accade nell'occidente politicamente corretto di oggi. Si
confonde la libertà nell'accesso ai ruoli con l'inesistenza dei
ruoli stessi e con l'assenza di ogni vincolo, di qualsiasi genere, a
tale accesso. La mobilità relativa e controllata delle società
libera si trasforma in una assoluta mobilità, meglio in una totale
evanescenza.
Nella società gassosa non esistono i sessi,
quanto meno, i sessi sono privi di qualsiasi spessore ontologico. Il
sesso cessa di essere un elemento essenziale della identità
personale, diventa qualcosa di secondario, non rilevante. Si stacca
dal processo di riproduzione della specie e degrada a mero strumento
di piacere, privo di rilevanza sociale. Da sempre la differenza
sessuale è qualcosa di intimamente legato alla natura
di ognuno di noi, nella società gassosa invece il sesso diventa
“costrutto sociale”, addirittura optional. Il sesso non è più
un dato originario ma
una scelta, una delle tante, come è una scelta comprare al
supermercato carne o pesce, frutta o verdura. Non a caso non lo si
chiama neppure col suo nome. “Sesso” si appresta a diventare una
delle tante parole proibite della neolingua politicamente corretta.
Non si parla più di sesso ma di “genere”. Meno che mai si parla
di padri e di madri, sono stati sostituiti dai genitori uno e due
(perché non tre, quattro o cinque? Mistero).
Tutto questo,
dovrebbe essere chiaro, non ha nulla a che vedere con la tutela dei
diritti degli omosessuali. Gli omosessuali hanno una identità
sessuale esattamente come gli eterosessuali ed hanno diritto di
viverla senza subire costrizioni. I teorici della società gassosa
non intendono tutelare i diritti delle identità sessuali, negano
l'esistenza di tali identità. Non difendono gli omosessuali,
teorizzano che si può essere omosessuali e nel contempo padri e
madri. Volatilizzano il sesso, cosa che non ha nulla a che vedere con
la tutela di alcun diritto.
Per i teorici della società
gassosa non esistono nazioni, culture, civiltà. Il mondo dovrebbe
diventare gassoso a sua volta. Una enorme area grigia, priva di
confini, in cui tutti possono muoversi a loro piacimento, senza
vincoli o controlli. I parlamenti dei vari stati nazionali, eletti
dai popoli, dovrebbero cedere il potere a grandi organizzazioni
burocratiche sovranazionali, non elette da nessuno ma in grado di
gestire la mistura planetaria. Il mondo gassoso che tanti sognano non
sarebbe in effetti altro che un enorme cocktail culturale, indistinto
impasto in cui tutti perdono le loro caratteristiche essenziali.
Val la pena di sottolineare che una simile mistura non ha nulla a
che vedere con gli scambi interculturali, il dialogo ed il confronto
fra nazioni, culture e civiltà. Ci si può confrontare, e nel
confronto anche modificarsi ordinatamente a vicenda, se si conserva
la propria unitarietà. Dialogare vuol dire relazionare identità
diverse, non abolire le identità. Confrontare la morale kantiana con
l'etica aristotelica non vuol dire trasformare la critica
della ragion pratica e
l'etica nicomachea in
un indistinto collage. Una simile operazione non farebbe altro che
distruggere entrambe queste grandi opere, eliminare alla radice ogni
possibilità di confronto. Per gustare la bellezza di una cattedrale
gotica e di un tempio buddista devo inserire entrambi in un contesto
armonioso. Si mettano l'uno accanto all'altra il tempio buddista e la
cattedrale gotica, si aggiunga, per completare l'opera, un bel centro
commerciale e si ha un solo risultato: la fine della bellezza.
E'
inutile continuare nelle esemplificazioni. La società gassosa non
relaziona, mischia, non stimola cambiamenti positivi, giustappone
disordinatamente tutto a tutto ed in questo modo tutto distrugge. E'
una società nichilista; la società gassosa altro non è
che la forma specifica che assume oggi il nichilismo.
La caratteristica fondamentale di tale nichilismo è la non
differenza. Non differenza, lo
abbiamo visto, fra i sessi, gli stati, le nazioni, le civiltà. Non
differenza fra salute e malattia: la disabilità cessa di essere un
dramma e diventa ipocritamente “diversa abilità”. Una ben strana
“diversa abilità”, visto che chi può camminare con le proprie
gambe non cambierebbe mai il suo stato con quello di chi è
inchiodato su una sedia a rotelle. Non differenza fra i vari livelli
di istruzione e competenza: l'opinione di tutti è sullo stesso
piano, su qualsiasi argomento. Non differenza fra uomini ed animali:
tutti abbiamo lo stesso status etico, dall'uomo al lombrico. Alcuni
vanno ancora oltre e parlano di pari diritti fra tutti gli enti del
pianeta. Uomini, ratti, abeti, mari e monti godono tutti degli stessi
diritti fondamentali. Pura follia che nulla ha a che vedere con la
cura dell'ambiente, l'ammirazione per il mondo animale e l'affetto
che possiamo provare per alcuni animali. Pura follia, però, coerente
con i presupposti di partenza. In effetti se si aboliscono le
differenze, se tutto viene messo sullo stesso piano ontologico tutti
abbiamo lo stesso status etico.
Non differenza infine fra vero e
falso, passato e futuro. Se tutto è evanescenza, come possono
esistere verità e menzogna? E possono avere un passato uomini privi
di identità, radici, tradizioni? La società gassosa distrugge il
passato, ma il passato di ieri è il futuro di domani. Distruggere il
passato rende impossibile il futuro. La società gassosa vive in un
eterno presente. Un presente eternamente evanescente che non viene da
nulla e non tende che al nulla. Il nichilismo perfetto.
L'aporia
della società gassosa
E'
già stato detto: la società gassosa è impossibile. Si tratta di
una impossibilità insieme empirica e logica. In natura i liquidi
hanno bisogno di un recipiente solido per non disperdersi. A maggior
ragione questo vale per i gas: senza una forza coesiva che ne tenga
insieme le molecole queste si disperdono all'infinito. Società
gassosa è in realtà un
ossimoro: una società non può essere gassosa per il semplice motivo
che se è davvero gassosa, priva di coesione, una società muore. Non
a caso si è detto che la società gassosa è una forma di
nichilismo, quello più diffuso ai nostri giorni. Per essere precisi,
più che di società gassosa occorre parlare di deriva dell'occidente
verso la società gassosa, cioè verso la non società, il nulla
sociale. Deriva che purtroppo avanza rapidamente nei tempi tempestosi
che stiamo vivendo.
Non è allora un caso se i sostenitori ed
i teorici della società gassosa (che evitano accuratamente di usare
questo nome) cadano nella loro azione e nelle loro teorizzazioni in
continue contraddizioni.
I sostenitori della società gassosa
amano presentarsi come persone sommamente tolleranti, aperte al
dialogo ed al confronto, piene di comprensione verso tutto e tutti.
Loro amano, non odiano, ed in effetti la loro capacità di amare è
straordinaria. Mostrano comprensione addirittura nei confronti dei
terroristi islamici. “Non avrete il nostro odio” strillano con
dolce aria di sfida ogni volta che qualche fanatico assassino sgozza,
in nome di Dio, qualche essere umano. Però le cose cambiano
radicalmente non appena i politicamente corretti amici della assoluta
fluidità sociale si trovano a misurarsi con chi politicamente
corretto non è. I dolci angioletti si trasformano in questi casi in
autentiche belve. Chi osa dubitare della loro melassa viene
immediatamente etichettato come “razzista”, “fascista”,
“omofobo”, “sessista”. Si cerca con tutti i mezzi di ridurre
al silenzio il reprobo. L'uso di una parola proibita potrebbe
costargli la perdita del posto di lavoro, addirittura il carcere. La
comprensione, addirittura l'amore verso i tagliagole islamici si
trasforma in condanna ed odio implacabile nei confronti di chi non
prova simili sentimenti di amore e comprensione. La società gassosa
diventa improvvisamente dura come l'acciaio. Coloro che negano la
validità del concetto stesso di verità strillano contro le “fake
news” dei supposti “sovranisti. Gli stessi che manifestano contro
i muri vorrebbero sbattere tutti i reprobi entro le solide mura di un
carcere. Qualcuno va anche oltre, e sogna le ghigliottine di
Robespierre o i plotoni di esecuzione di Stalin. Gli angioletti a
volte diventano cattivelli...
La contraddizione cui abbiamo
fatto cenno non è tuttavia la principale in cui incorrono i teorici
della società gassosa. Si tratta di qualcosa che riguarda il loro
rapporto con gli “altri”, quelli che la società gassosa non la
vogliono. Esiste però un'altra contraddizione con cui gli angioletti
devono fare i conti, una contraddizione più radicale perché interna
alla loro stessa dottrina.
Chi teorizza, senza nominarla, la
società gassosa da un lato vuole la fine di ogni differenza,
quindi, prima di ogni altra cosa, la fine di culture e civiltà,
l'universale mistura di tutto e tutti. D'altro lato questa stessa
teorizzazione è parte e prodotto di una civiltà, sia pure in
crisi.
Ogni azione umana, teorica o pratica, è sempre interna a
qualche tipo di società, cultura o civiltà. La società libera,
democratica e pluralista è, appunto, una società. La tolleranza e
l'apertura verso l'altro sono caratteristiche di certe civiltà e
non di certe altre. Esistono valori che travalicano i limiti della
civiltà in cui sono nati e acquisiscono respiro universale, ma,
anche in questo travalicare, restano figli di quella civiltà. La
filosofia di Aristotele, le tragedie di Shakespeare, le sinfonie di
Beethoven hanno una portata universale ma sono interne alla civiltà
occidentale.
Chi teorizza la fine di culture e civiltà, processi
di migrazione senza limiti, società di individui sradicati non fa
altro che teorizzare l'adesione di tutti gli esseri umani, quale che
sia la loro cultura di origine, ad un certo modello di civiltà. La
teorizzazione della fine delle civiltà non si pone fuori dalle
civiltà, non è un punto d'appoggio archimedeo posto fuori dal
mondo. E' parte di una civiltà in crisi. Chi la teorizza invita
tutti ad aderire a questa crisi, ad unirsi alla deriva verso il nulla
dell'occidente malato.
Naturalmente quasi nessuno di coloro
che migrano in occidente accetta una simile prospettiva. I migranti
hanno la loro identità culturale e non sono affatto disposti a
rinunciarvi per far felici i teorici del politicamente corretto.
Questi stessi teorici del resto si guardano bene dal chiedere ai
nuovi venuti simili rinunce. La società di individui sradicati è
qualcosa di “occidentale” (le virgolette non sono casuali) e
sarebbe “non inclusivo” chiedere a chi viene dall'Africa o dal
medio oriente di aderire a qualcosa che sa di occidente.
Un
islamico non accetterà di certo, se e finché resta islamico, il
matrimonio gay o il diritto alla blasfemia né sarà disposto a
rinunciare alla poligamia e sarebbe “poco inclusivo” pretendere
che lo faccia. Come uscire da questo angoscioso dilemma che,
attenzione, si pone in paesi come la Francia o la Germania, dentro
l'occidente? Semplice: si
accetterà che dentro alle comunità islamiche francesi, o tedesche
o italiane valga la sharia. Con somma contraddizione Il
teorico della società gassosa diventa propagandista del separatismo.
Col risultato che la società di individui sradicati si trasforma in
un aggregato di tribù etniche. Nella comunità “occidentale” i
sessi non esistono, in quella islamica l'adulterio è un gravissimo
reato penale. L'”occidentale” accetta tutti, gli altri possono
non accettare nessuno. Nella tribù “occidentale” politicamente
corretta ci si potrà prendere gioco del cattolicesimo (non
dell'Islam ovviamente), in quella islamica ogni parola men che
rispettosa nei confronti del profeta potrà essere punita con la
morte. Burka e minigonne, poligamia e coppia aperta, fondamentalismo
religioso e irrisione della fede, assoluta fluidità dei ruoli e
ruoli ermeticamente chiusi si trovano in questo modo a convivere
fianco a fianco. La legge perde la sua universalità, vale solo nei
confini di determinate tribù. Oltre quei confini, in altri quartieri
della stessa città valgono altre leggi, vigono, spesso obbligatori,
altri costumi. L'uomo piuma dell'occidente malato vive a stretto
contatto di gomito col fanatico di una religione intollerante. In
prospettiva tutto questo non può portare ad altro che a sanguinosi
scontri inter etnici. Al nulla della società gassosa si somma il
nulla della rinascita del tribalismo. E l'occidente malato entra in
coma.
Genesi del mostro
Le
società democratiche e pluraliste dell'occidente hanno saputo
affrontare e vincere nemici potenti. Hanno sconfitto il nazifascismo
ed hanno retto alla sfida del totalitarismo comunista che alla fine è
imploso su se stesso. Pluralismo, democrazia, diritti civili,
economia di mercato non hanno trasformato l'occidente in un aggregato
di società gassose, non hanno distrutto la sua solidità interna.
Oggi invece assistiamo in occidente al pauroso tracollo di ogni
collante sociale. Come è possibile un fatto simile, il cui unico
precedente può essere forse considerato, fatti tutti gli
innumerevoli distinguo, la caduta dell'impero romano? E' impossibile
fornire in questa sede una risposta soddisfacente ad una simile
domanda. I fattori che stanno alla base della crisi dell'odierno
occidente sono molti e complessi. Fattori economici, politici,
sociali, culturali.
E' fin troppo chiaro che a livello economico
la mondializzazione, aspetto fondamentale della società gassosa, è
perseguita dai grandi gruppi economici e finanziari più legati alla
globalizzazione senza regole, i giganti del web in primo luogo. A
livello politico puntano sulla mondializzazione partiti e movimenti
che vedono decrescere l'area del consenso e tentano di modificare la
base sociale dei propri paesi a puri fini elettorali. Una analisi
approfondita di simili fattori va altre i fini di questo lavoro. Non
la tento neppure e mi limito ad alcune brevi considerazioni sui
fattori culturali della deriva “gassosa” della civiltà
occidentale.
Prefigurazioni della società gassosa sono
presenti in un po' tutte le fantasie utopiche che hanno percorso la
storia del pensiero occidentale. Famosa quella che Marx descrive
nella “ideologia
tedesca”:
“Nella
società comunista, in cui ciascuno di noi non ha una sfera di
attività esclusiva ma può perfezionarsi in qualsiasi ramo a
piacere, la società regola la produzione generale e appunto in tal
modo mi rende possibile fare oggi questa cosa, domani quell’altra,
la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare
il bestiame, dopo pranzo criticare, così, come mi vien voglia, senza
diventare né cacciatore, né pescatore, né allevatore né critico”
(2).
Com'è noto Marx pretende di fondare la società perfetta
comunista sul solido terreno dello sviluppo delle forze produttive
sociali. Questo però non diminuisce di un grammo il carattere
utopico del suo discorso, dimostra solo che il pensatore di Treviri
aveva una visione quasi magica delle forze produttive. Pensava che la
pianificazione centralizzata dell'economia avrebbe assicurato
l'illimitata abbondanza e che questa sarebbe stata in grado di
risolvere tutti i problemi degli esseri umani. Non a caso la storia
gli ha dato torto.
Il comunismo ispirato a Marx si è
affermato in mezzo mondo. Durante la guerra fredda una parte
importante della pubblica opinione dei paesi occidentali si è fatta
sedurre dal mito del comunismo realizzato. Ma questo fatto di enorme
importanza storica non ha dato origine alla deriva dell'occidente
verso la società gassosa. Al contrario, proprio la presenza di un
nemico agguerrito ha rafforzato la coesione della maggioranza degli
occidentali attorno ai valori fondanti della propria civiltà.
La
deriva verso la società gassosa inizia paradossalmente, ma non
troppo, con la fine del comunismo. Affamati di assoluto gli orfani
della ideologia marxista leninista si mettono alla ricerca di nuove
certezze. E sostituiscono alla compatta ideologia di un tempo un
cocktail di ideologie in formato ridotto. Mondialismo, terzomondismo,
misticismo ecologico, femminismo radicale, ideologia gender... nuovi
assoluti si miscelano ed attirano anche quei liberali poco seri che
confondono la libertà con la mancanza di qualsiasi idea forte. Ma la
cosa più grave, ed importante di tutte è un'altra. Questa mistura
di assoluti si fonde alla perfezione con la critica nichilista che il
movimento del 68 aveva fatto di ogni valore consolidato e di ogni
istituzione. Etica, amor di patria, famiglia, scuola, stato,
istituzioni sanitarie, razionalità scientifica erano state fatte
oggetto di una critica devastante da parte dei contestatori
sessantottini. Ogni valore, ogni istituzione erano stati ridotti ad
armi che le “classi dominanti” usavano per conservare il
potere.
Questa critica affondava le sue radici nel marxismo ma
andava oltre le stesse conclusioni di Marx ed investiva con furia
nichilista tutti gli aspetti della civiltà occidentale. Condannava ,
insieme, il presente ed il passato della nostra civiltà. La nostra
storia, e solo quella, era in toto assimilata all'oppressione
schiavista, razzista ed imperialista. La stessa condanna riguardava
il presente, la politica dei vari stati occidentali, ridotta in toto
a mero strumento di dominio, estranea ad ogni considerazione sul bene
comune. Non si trattava di sottoporre a critica questo o
quell'aspetto della nostra storia e della nostra politica o un uso
distorto della scienza, o le inefficienze della scuola. La critica
era globale, totalizzante, investiva tutto e nulla salvava.
Non
restò confinata entro ristrette elites intellettuali, influenzò
settori importanti della pubblica opinione, penetrò largamente nei
media ed alimentò un sentimento nuovo, via via sempre più forte:
l'odio dell'occidente verso se stesso.
Si tratta di qualcosa probabilmente senza precedenti: nella storia ci
sono state civiltà che si sono sfaldate ed entrate in crisi, ma è
difficile trovare civiltà che odiano se stesse, rinnegano il proprio
passato, si vergognano delle proprie tradizioni. Quest'odio tuttavia
è il logico risultato della critica nichilista che ha devastato per
anni la cultura occidentale.
L'ondata nichilista non distrusse
i valori dell'occidente ma li indebolì radicalmente. E quando,
venuto a mancare il nemico, venne meno uno dei fattori di coesione
delle società occidentali l'indebolimento del collante sociale
causato dall'ondata nichilista, combinato con l'emergere degli
assoluti in formato ridotto, iniziò a far sentire i suoi effetti su
larga scala. Ed iniziò la deriva verso la società gassosa.
Che
dura ancora, e si aggrava. Ogni giorno di più.
Per
concludere
Ci tengo a
sottolinearlo: non ho nessuna simpatia per le società monolitiche,
prive di fluidità. Il monolitismo è la forma specifica del
totalitarismo, cioè di quanto di peggio ha prodotto la parte
peggiore della civiltà occidentale. Una sciagura che è costata
decine e decine di milioni di cadaveri al genere umano.
Le società
libere, democratiche e pluraliste sono sempre caratterizzate da una
notevole dose di fluidità. Se esistono diversi valori, idee,
interessi esiste fluidità, non può essere altrimenti ed è un gran
bene che sia così. Ed esiste anche una buona dose di relativismo. In
una società libera ognuno vedrà le cose dal suo punto di vista e
questo non sempre coincide con quello degli altri. Tanto basta perché
il relativismo, un relativismo sano, esista nel corpo sociale. Ed
anche di questo ci si deve solo rallegrare.
Il problema quindi non
è costituito dalla fluidità o dal relativismo. Si tratta di
caratteristiche essenziali delle società pluraliste che sarebbe
deleterio cercare di eliminare. Il problema è costituito dalla
mancanza o dall'indebolimento grave del collante sociale che
impedisce alla fluidità ed al relativismo di diventare
disgregazione. La fluidità può esistere, ed è bene che esista,
solo in una società non disgregata. Il relativismo può essere
riconosciuto come tale solo se non tutto è relativo. Senza alcuni
concetti comuni, un linguaggio comprensibile da tutti lo stesso
termine “relativismo” non può neppure essere inteso. Senza
alcuni valori condivisi ogni discorso sul bene e sul male di ogni
cosa, società liquida, solida o gassosa comprese, diventa
impossibile. E tutto degrada nel non senso.
Certo, le società
libere sono sempre in equilibrio instabile, o non abbastanza stabile.
Nelle società libere esistono i collanti ma anche la fluidità, il
relativismo ed alcuni valori che sono, o mirano ad essere,
universali. L'equilibrio di tutto questo non è mai dato una volta
per tutte, si tratta di una conquista da rinnovare giorno dopo
giorno, con pazienza. Il grande problema dell'occidente di oggi è
che questa conquista diventa ogni giorno più difficile. L'equilibrio
sembra sempre più precario. Si tratta di una situazione estremamente
pericolosa. Perché se l'equilibrio viene perso non
può più essere riconquistato, almeno per molti, drammatici
anni.
Nello scorso secolo l'occidente democratico ha perso in più
di una occasione il suo equilibrio. E grandi paesi sono caduti negli
orrori del totalitarismo, di destra o di sinistra. Oggi viviamo in
una situazione di estremo pericolo. La degenerazione gassosa della
civiltà occidentale non porterà alla dolce società arcobaleno di
cui spesso parlano i media di regime. Di questo si può essere
certi. Potrebbe portare ad una frantumazione tribale senza ritorno
delle società libere, o alla affermazione del fondamentalismo
islamico, o alla riduzione dei grandi paesi occidentali a satelliti
della super potenza cinese. O ancora a guerre, civili o fra stati.
Qualcuno potrebbe dire che il presente scritto pecca di
eccessivo pessimismo. Può essere. Personalmente sarei ben felice se
la situazione reale dell'occidente fosse meno grigia di quanto può
apparire ad un vecchio brontolone. Il dibattito fra ottimisti e
pessimisti del resto non può quasi mai arrivare a conclusioni
definitive, il futuro è sempre aperto, almeno in una certa misura,
difficilmente le situazioni sono senza uscita. Una cosa però è
certa: una società priva di coesione non può sopravvivere. Meno che
mai può sopravvivere una società che odia se stessa e di se stessa
si vergogna. Allora, guardiamo alla situazione dei più importanti
paesi dell'occidente e chiediamoci: si tratta di società
caratterizzate da un grado appena soddisfacente di coesione interna?
E' da pessimisti affermare che paesi come gli Stati Uniti d'America,
la Francia, il Belgio, la stessa Italia sono caratterizzati da
divisioni interne che poco hanno a che vedere con la normale disputa
politica che dovrebbe caratterizzare le democrazie liberali? Si può
considerare “americano” un movimento come il BLM che prende
esplicitamente di mira tutta la storia degli USA, comprese le lotte
del movimento per i diritti civili dei neri? Non credo. E' “normale”
la situazione di paesi come la Francia o il Belgio, dove disegnare
una vignetta di discutibile gusto può costare la decapitazione? E
dove i terroristi vengono ben protetti in certi quartieri delle
grandi città? E dove tanti occidentali sono prontissimi a
snocciolare per ore argomentazioni pseudo filosofiche per
giustificare il terrore?
No. Forse chi scrive esagera portata e
dimensioni di simili fenomeni, ma in tutto questo non c'è
assolutamente nulla di normale.
L'occidente è malato. Può
guarire, certamente. Esistono nelle nostre società le possibilità
di una ripresa. Hitler e Stalin sono stati sconfitti, alla fine.
Possono esserlo anche gli stupidi adoratori del politicamente
corretto, i teorici della società gassosa. Ma per guarire occorre
riconoscere la gravità della malattia. Le facilonerie non servono a
nulla. Se un po' di pessimismo razionale serve a meglio identificare
il male, ben venga questo pessimismo.
E tanto basta.
note
1)
Aristotele, Metafisica. Laterza 1988 pag. 97 98.
2) K. Marx F .
Engels: L’ideologia tedesca. Editori riuniti 1972 pag. 24.
troppo lungo e noioso; si dà per scontato che Aristotele e Marx siano noti a tutti. chi lo legge questo scritto???
RispondiEliminaSe ogni volta che qualcuno nomina Aristotele e Marx dovesse spiegare i loro sistemi ogni scritto sarebbe cento volte più lungo del mio. In ogni caso nessuno è obbligato a leggere quanto scrivo.
Eliminail commento è di Branchi Renato....altro che UNKNOWN
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