sabato 16 novembre 2013

IL RELATIVISTA E L'ALTRO





Poniamo che venga scoperto nei pressi di Roma un dischetto d'oro riportante l'effige di Nerone. Diremmo, senza pensarci troppo su, che si tratta di una antica moneta. Apparentemente si tratta di una conclusione ovvia, ma così non è. Possiamo dire che quel dischetto d'oro riportante l'effige di Nerone è una moneta perché sappiamo che gli antichi Romani, come noi, praticavano il commercio. Se in questo gli antichi romani non fossero stati simili a noi non potremmo dire che il dischetto d'oro è una antica moneta, diremmo, ad esempio, che si tratta di un gioiello o di una sua parte, ma, di nuovo, potremmo trarre una simile conclusione solo perché sappiamo che le donne romane amavano ornarsi con oggettini d'oro e pietre preziose, come avviene per le donne, e gli uomini, di oggi. Non intendo dilungarmi negli esempi. Si può conoscere qualcosa, o qualcuno, che ci è diverso solo se ha alcuni tratti in comune con noi, se la sua diversità da noi non è assoluta. Se fra noi e gli antichi romani non ci fosse nulla di comune non dovremmo definirli diversi da noi ma “alieni” e non capiremmo nulla del loro modo di agire e di pensare. Quel dischetto d'oro non sarebbe per noi una moneta, né la parte di un gioiello né qualsiasi altra cosa; la sua natura resterebbe un mistero insolubile.
Si può conoscere e riconoscere il diverso solo su una base di unità. E lo si può riconoscere anche nella sua diversità spesso radicale da noi. Il fatto che si abbiano cose in comune col diverso non significa affatto assimilarlo a noi, ridurre le differenze a dettagli insignificanti, oppure cercare di di interpretare queste differenze usando categorie che, queste si, hanno rilevanza solo all'interno di certi contesti culturali. Per tornare al nostro esempio, il fatto che nell'antica Roma esistesse il commercio ci permette di affermare che il dischetto d'oro con l'effige di Nerone è una moneta, ma nulla sarebbe più sciocco che studiare il commercio nell'antica Roma usando categorie che valgono solo per il mondo di oggi.

Uno dei difetti del relativismo è proprio questo. I relativisti parlano in continuazione di “riconoscimento dell'altro” ma si rivelano incapaci proprio di riconoscere l'altro nella sua diversità, spesso radicale, da noi.
Il relativista occidentale evita ogni confronto fra culture, ed ogni condanna di pratiche, usi e costumi che ripugnano la nostra sensibilità democratica. Se qualcuno appartiene ad una cultura diversa dalla nostra viene subito posto in una sorta di limbo etico, al riparo da ogni valutazione, e da ogni condanna. “Le civiltà non sono superiori ed inferiori, solo diverse”, afferma cinguettando il relativista. “Chi siamo noi per giudicare, condannare?” prosegue con angelica bontà. Gli si potrebbe replicare, citando Dostoevskij: “chi siamo noi per non condannare?" Però, pensare che gli argomenti di un Dostoevskij scuotano il relativista è davvero eccessivo...
Visto che non esiste nulla che in qualche modo accomuni i “diversi” ogni condanna del diverso, ad esempio, del fondamentalista islamico, è impossibile, per il relativista. Con somma incoerenza questi predica una universale tolleranza, una bontà generalizzata e mielosa, e cerca di sostituire questa melassa al giudizio, alla presa di posizione. Però, il relativista ha un problema, un problema piuttosto grosso che neppure la sua incoerenza gli permette di aggirare. Viviamo in un mondo sempre più piccolo. Le notizie viaggiano in tempo reale e la rete si affianca ai media tradizionali nel farle viaggiare. Ignorare i fatti oggi non è più possibile, anche perché molti di questi fatti ci riguardano in prima persona. Di fronte ad eventi come gli attentati dell'undici settembre non ci si può limitare a borbottare qualcosa sulla diversità fra le culture, non lo si può fare perché dopo quell'evento moltissimi occidentali si sentono potenziali vittime di simili attentati. E neppure ci si può limitare ai borbottii buonisti quando quando si vedono in rete le immagini di una lapidazione. Si poteva, ieri, far finta di nulla, dire che si tratta di eventi che avvengono in aree tanto diverse dalla nostra, ma, quando questi eventi li vedi non puoi limitarti a farfugliare generiche banalità. Insomma, il relativista deve dire qualcosa, qualcosa di preciso, su eventi che non può ignorare. Dire: “è la loro cultura” non basta quando tanta gente sente minacciata la propria cultura, se non la propria vita, dalla inquietante vicinanza di questa diversità. E così il relativista deve, gli piaccia o meno la cosa, scoprirsi, giudicare. E lo fa, in effetti. Lo fa, ma usa, nel giudicare il diverso, proprio quelle categorie che non tengono in alcun conto la sua diversità. Agendo in questo modo il relativista resta se stesso in fondo. Una volta ridotto tutto al contesto socio culturale, come si fa a non usare le proprie categorie, tutte rigorosamente interne a quel contesto? Proprio rapportandosi al diverso, che tanto ama, Il relativista dimostra di non saperlo riconoscere, non da alcun peso ed alcuna importanza alla sua diversità.

Uno dei procedimenti che il relativista usa quando parla di ciò che è “diverso” potremmo definirlo riduzione al generico. Si tratta di qualcosa di molto semplice. Abbiamo notizia della lapidazione di una adultera. Non possiamo ignorarla, dobbiamo dire qualcosa, tutti, compreso il relativista. E lui parla infatti. “E' qualcosa di orribile” afferma contrito, “ma... stiamo attenti a non cadere nel razzismo, nella xenofobia. Il maschilismo esiste ovunque, anche in occidente. Dobbiamo condannare il maschilismo, l'oppressione della donna ovunque, anche nei paesi mussulmani”. Davvero ingegnoso no? Si condanna una lapidazione assimilandola ad un generico maschilismo che, in effetti, esiste ovunque. E, quello che avviene per la lapidazione avviene per tante altre cose che riguardano il diverso e non ci piacciono. Così, l'usanza di combinare matrimoni fra ragazzine di tredici, quattordici anni e uomini cinquantenni o sessantenni, viene assimilata alla pedofilia, la pena di morte inflitta ad apostati e bestemmiatori ad un generico integralismo religioso, le persecuzioni ai gay ad una altrettanto generica “omofobia”. E, si fa notare, l'omofobia, l'integralismo religioso, la pedofilia sono ben presenti in occidente, quindi, condanniamole senza prendere pretesto da questa condanna per rifiutare il diverso e la sua cultura.
In effetti maschilismo ed omofobia, integralismo e pedofilia esistono anche in occidente. Solo che assimilare una lapidazione al maschilismo o la fucilazione di un gay all'omofobia è un po' come definire la “pietà” di Michelangelo un “pezzo di marmo”. La “pietà” è anche un pezzo di marmo, questo non si discute, ma è qualcosa di più: è quel certo pezzo di marmo, con quella certa forma che lo differenzia radicalmente da tutti i pezzi di marmo esistenti sul pianeta e ne fa qualcosa di unico. Il relativista politicamente corretto riduce al generico tutto ciò che sente essere inaccettabile nella cultura del “diverso”, ma così facendo ignora precisamente la differenza specifica che lo caratterizza e lo fa essere quello che è. Il diverso non è l'alieno, l'assolutamente altro. Ha virtù e vizi che sono in una certa misura di tutti, ma li ha in un certo modo, in una certa misura, con certe caratteristiche che sono solo sue. Maschilismo e integralismo religioso ci sono anche in occidente, è vero, ma non informano di se le leggi dello stato, non si concretizzano in atti barbari come una lapidazione, non hanno nella società civile la diffusione soffocante, capillare e quasi incontrastata che hanno invece nei paesi mussulmani. Questo rende noi e loro diversi, ed è questo ciò che il relativista ignora.

Un secondo procedimento che il relativista politicamente corretto mette in atto, quando ha a che fare con le marachelle dei suoi amati “diversi”, consiste nella giustificazione non richiesta. Ovunque nel mondo ci sono uomini bomba che si fanno esplodere al fine di uccidere esseri umani che hanno il solo torto di essere nati in Israele o negli Stati uniti, in Gran Bretagna o in Spagna. Si tratta di un fenomeno sconvolgente che non ha praticamente precedenti nella storia. Assimilarlo alle azioni suicide dei kamikaze giapponesi, che erano guerrieri e morivano in battaglia, è del tutto fuorviante. Posto di fronte ad un gesto tanto assurdo, tanto intriso di fanatismo omicida, cosa fa il relativista politicamente corretto? Analizza forse quel fanatismo? Cerca di capire da cosa nasce e che conseguenze può avere? No, semplicemente ignora il fanatismo e giustifica la bomba umana con argomenti che questa non si sognerebbe mai di sostenere. “Il terrorista suicida compie un gesto molto brutto” dice il buonissimo relativista “ma, cerchiamo di capirlo. E' arrabbiato, ha dovuto subire infami ingiustizie, vive in una situazione di miseria ed oppressione... ecco dove stanno le radici dei suoi gesti. Comportiamoci in maniera giusta con lui ed i suoi compagni, aiutiamoli economicamente, andiamo loro incontro e il problema si risolverà”.
Non mi interessa qui stabilire se davvero il fondamentalista che si trasforma in bomba umana ha dovuto subire le terribili ingiustizie che fanno piangere il relativista politicamente corretto, il punto non è questo, ora. Anche ammettendo che tali ingiustizie siano reali, resta da risolvere un problemino: come mai solo il fondamentalista islamico reagisce a queste ingiustizie trasformandosi in bomba umana? Ogni giorno nel mondo avvengono moltissime ingiustizie, che riguardano molti popoli ed etnie; la storia poi è una lunga sequenza di ingiustizie e soprusi. Se l'analisi del relativista politicamente corretto contenesse anche un solo briciolo di verità ogni giorno nel mondo dovrebbero farsi esplodere quantità industriali di persone e la storia dovrebbe essere una sorta di esplosione permanente di bombe umane. Come mai nessun ebreo si è mai fatto esplodere a Berlino? E si che forse gli ebrei qualche motivo per non amare troppo i tedeschi lo avevano! L'analisi del relativista politicamente corretto ignora, di nuovo, la differenza specifica che caratterizza le azioni dell'integralista islamico, non considera ciò che lo fa diverso e rende uniche le sue azioni. Prende in esame la rabbia dell'integralista, sentimento comune a tutti gli esseri umani, ma non i fattori che fanno si che quella rabbia assuma quelle certe, specifiche forme. L'integralista islamico viene in questo modo spogliato precisamente delle sue particolarità, la sua diversità si dissolve, assorbita nella generica categoria della “rabbia per l'ingiustizia”.

La giustificazione non richiesta rimanda ad un'altra tecnica messa in atto dal relativista politicamente corretto, la più diffusa ed importante, che molto spesso riguarda, di nuovo, gli integralisti islamici. Potremmo chiamarla tecnica della mistificazione delle cause. Secondo questa tecnica le azioni degli integralisti sarebbero la conseguenza di quegli stessi eventi che per noi occidentali hanno grandissima rilevanza (ma ne hanno altrettanta per gli integralisti? Il problema è tutto qui).
Ecco ad esempio come la suora pacifista francescana Rosemary Linch commentava, all’indomani del massacro, gli attentati dell’undici settembre 2001:

“Alcuni episodi (…) anche se non possono minimamente sminuire il male degli attacchi diretti contro gli Stati Uniti l'11 settembre, possono aiutarci a comprendere alcune persistenti animosità e perfino odii diretti contro il paese che amiamo. Non molti anni fa gli Stati Uniti hanno dato sostegno e partecipato alle guerre a bassa intensità in Centro America, (...). Possiamo aver dimenticato qui lo scandalo Iran-Contras, ma sulle regioni colpite ha lasciato cicatrici ancora aperte. Il Cile ricorda l'assassinio di Allende. La Baia dei Porci, Grenada, Panama, la Libia, il Viet-Nam - tutti episodi che hanno lasciato il segno, che hanno avuto effetti negativi. Abbiamo imparato a metterci in relazione con gli altri popoli in una posizione che non sia di dominio?”.

Perfetto! Per motivi di ragion di stato gli Usa hanno appoggiato a volte fior di dittature, è innegabile, come è innegabile che non sono stati gli unici a farlo. Questo basta all'occidentale “comprensivo” per “spiegare” un evento come l'attacco alle torri gemelle. Si mette in relazione tale attacco con la guerra in Vietnam o il colpo di stato di Pinochet in Cile. Ci sarebbe da chiedersi come mai non siano stati i cileni o i vietnamiti ad abbattere le due torri. Incapace di comprendere la specificità di un fenomeno come il fondamentalismo islamico, il relativista politicamente corretto tratta gli uomini bomba di Al qaeda come se fossero dei democratici liberali indignati per le troppe connivenze fra varie amministrazioni americane e regimi dittatoriali, dimenticando, tra l'altro, che alcuni dei regimi dittatoriali con cui gli Usa hanno buone relazioni sono precisamente delle teocrazie islamiste.
Una delle manifestazioni più assurde di questo ridicolo modo di ragionare è data dalla riduzione del conflitto fra israeliani e palestinesi a pura questione territoriale. Un popolo, quello palestinese, sarebbe stato cacciato dalle sue terre e costretto a vivere in campi profughi, da qui il conflitto con gli israeliani. Non mi interessa qui rilevare come questa ricostruzione del conflitto israelo palestinese contenga moltissime falsità: è noto ad esempio che gli insediamenti ebraici in Palestina hanno assunto per decenni la forma dell'acquisto di terre. Qui mi interessa sottolineare un'altra cosa. La storia è piana di tragici episodi di migrazioni forzate, per fare solo un esempio a noi noto, si pensi alla fuga degli italiani dall'Istria. Eppure nessuno di questi tragici ed ingiusti episodi si è incancrenito, ha dato vita ad un conflitto che dura, irrisolto, da oltre 60 anni. I profughi istriani non si sono accampati in campi profughi aspettando il ritorno nelle terre d'origine, né hanno preso a bombardare con missili la Jugoslavia titina. La stessa cosa si può dire dei tanti, troppi, popoli che hanno dovuto subire il dramma e l'ingiustizia di migrazioni forzate. Questo invece è avvenuto con i palestinesi, come mai? Davvero il loro conflitto con gli israeliani è spiegabile solo e tutto con problemi territoriali? Si può seriamente pensare che uno stato piccolissimo, non molto più esteso dell'Emilia, che sorge su un territorio desertico, privo di ricchezze naturali, costituisca un problema territoriale tanto profondo da non poter essere in alcun modo risolto? Le controversie territoriali sono un fattore del conflitto, senza dubbio, ma di certo non sono il solo fattore e neppure quello più importante. Un conflitto come quello fra Israele e stati arabi, e palestinesi, non è spiegabile se si prescinde dal peso della religione, e, specificamente, dalla convinzione diffusissima nel mondo islamico, secondo cui una terra che è stata islamica deve continuare ad esserlo “fino al giorno del giudizio”. E' questo il motivo per cui la stessa esistenza di Israele costituisce per l'Islam fondamentalista un affronto insopportabile. Si prescinda da questo, si riduca tutto ad una controversia territoriale, e si perde la possibilità di capire il conflitto medio orientale nella sua specificità. Precisamente questo è ciò che fa l'occidentale relativista politicamente corretto. Non capisce il diverso nella sua diversità.

A molti occidentali sembra impossibile che ci sia qualcuno che davvero sogna un mondo islamizzato, che voglia riconquistare terre che secoli fa furono islamiche, o che odi gli occidentali solo perché occidentali. Da noi il fanatismo religioso è in larga misura un ricordo di tempi brutti e abbastanza lontani, e ci sembra incredibile che in altre parti del mondo questo giochi un ruolo tanto rilevante.
In occidente è molto diffusa una mentalità calcolatrice. Siamo abituati a valutare le cose in termini di costi – benefici, tanto abituati che ci sembra impossibile che altri tengano in minor conto questo aspetto del mondo. Ogni volta che sbattiamo la faccia su conflitti etnici, odi tribali, fanatismi, siamo così portati a chiederci: “cosa c'è sotto?”, e quasi sempre ci lludiamo di averlo trovato, quello che c'è sotto. In un certo paese sono in corso lotte fra etnie diverse, molti esseri umani si massacrano in nome della religione, tutto vero ma, in quel paese ci sono miniere, ricchezze naturali, in passato sono stati stipulati accordi commerciali... "ecco la vera causa del conflitto!" affermano esultanti tanti occidentali sciocchi. Peccato che ricchezze naturali esistano ovunque nel mondo, e che ovunque si stipulino accordi commerciali, ma non ovunque ci siano guerre, massacri tribali, scontri etnici.
Molti occidentali sono talmente convinti che il loro modo di vedere le cose sia l'unico possibile che trasformano le cose,  travisano i fatti per adattarli a schemi mentali più familiari. E quando tutte le tecniche di addomesticamento dei fatti risultano inefficaci resta a questi occidentali un'ultima, efficacissima tecnica: la teoria del complotto.
“Gli attentati dell'undici settembre...siamo sicuri che il responsabile sia Bin Laden? E, siamo sicuri che non ci siano stati rapporti fra Bin Laden e la Cia, ed il Mossad? Gli americani lo hanno ucciso, Bin Laden, appunto, per eliminare uno scomodo testimone”. Chi non ha letto o sentito simili “ragionamenti”? Se non si riesce ad adattare i fatti a certi schemi mentali i fatti devono scomparire. La realtà si dilegua e al suo posto sorge un mondo di fantasmi. Gli attentati insanguinano mezzo mondo? Verissimo, ma sono stati organizzati dai perfidi americani in combutta con gli ancor più perfidi israeliani. Non ci sono le prove di tutto questo? Ciò “prova” la diabolica astuzia dei cospiratori. Migliaia di testimoni hanno visto l'aereo schiantarsi sul pentagono? Sono americani, quindi “complici del loro governo”. Ci sono moltissime prove della matrice integralista degli attentati? Sono state costruite. Il complotto deve essere spiegato con altri complotti, e così via, all'infinito. E le folle plaudenti in molti paesi islamici dopo l'undici settembre? Per forza applaudivano! Odiano gli Usa che hanno organizzato il golpe in Cile...
Con il complottismo il relativismo politicamente corretto diventa patologia, si trasforma in dottrina paranoica. Prima cercava di piegare il mondo al suo buonismo da quattro soldi, ora sostituisce al mondo reale un non mondo virtuale di vaghe ombre. Tutto è falso, tutto è irreale, l'unica cosa reale sono i cospiratori che nell'ombra organizzano tutto, e di tutto tirano le fila. Ciò che si vede, si sente, si tocca, non esiste, esiste ciò che non si vede, non si sente, non si tocca e non si può vedere, sentire, toccare. Il noumeno kantiano assume nuova forma, la misteriosa “cosa in se” è finalmente svelata: ha la forma di un agente della Cia o del Mossad , o magari del direttore generale di qualche grande “multinazionale”. Sembra incredibile ma nell'occidente evoluto e razionalista c'è tanta gente che “ragiona” (sic!) in questo modo....

Cerchiamo di concludere. Il diverso può essere riconosciuto solo su una base di unità. Se non esistesse una razionalità genericamente umana, valori che interessano o possono interessare tutti gli esseri umani, se non ci fossero esigenze, vizi e virtù comuni, in una certa misura, a tutti i membri del genere umano, non riusciremmo neppure a capire che Tizio è diverso da noi. Una volta però che, grazie a questi elementi di unità, si riesce a riconoscere e comprendere il diverso, nulla è più stupido che sottovalutare la sua diversità, assorbirla in una genericità banale, cercare di inquadrare le azioni, o certe azioni, del diverso in categorie del tutto inadeguate. Riconoscere e capire la diversità, anche quando è radicale, è invece il modo migliore per battere tutto ciò che di disumano esiste o può esistere in quella diversità. Ed è anche il miglior modo per difendere quei valori universali, umani, a cui lo stesso “diverso” è, o può essere interessato.
Il relativista occidentale fa due errori gravissimi e connessi fra loro. Non riconosce l'esistenza di valori genericamente umani, valori che è dovere di tutti cercare di far affermare ovunque, e non riesce a capire il diverso, non ne riconosce la diversità. Irretito dal suo buonismo mieloso e da un falso concetto di tolleranza, non sa far altro che giudicare il diverso in base a categorie del tutto inadeguate e fuorvianti. Quanto questi errori siano gravi, e quante conseguenze negativa abbiano lo possiamo constatare tutti i giorni, purtroppo.

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