sabato 14 dicembre 2013

LA FOLLIA E LA SPERANZA CAPITOLO NONO

 

Tutto era cominciato sul finire del secondo decennio del nuovo secolo. Già da tempo l’occidente era in crisi. Gettate nel vortice della globalizzazione, costrette a subire la concorrenza di vigorosi paesi emergenti, le economie occidentali avevano dovuto attraversare periodiche situazioni di recessione. Praticamente assuefatti all’idea che il loro benessere non sarebbe mai stato messo seriamente in discussione gli occidentali, quasi d’improvviso, si erano trovati a dover fronteggiare l’incertezza del domani; convinti da decenni di politiche assistenziali che lo stato avrebbe comunque garantito a tutti decenti livelli di consumo, abituati ad indebitarsi per sostenere un tenore di vita spesso superiore ai loro mezzi, avevano reagito con un misto di rabbia ed incredulità a crisi economiche che rimettevano in discussione quanto pareva definitivamente acquisito.
Ma la crisi dell’occidente non era solo economica era anche, forse soprattutto, una crisi sociale e culturale, una crisi di identità e di valori. Dopo che per lungo tempo si erano orgogliosamente ritenuti gli uni unici esseri umani veramente civili, gli occidentali erano rimasti profondamente scioccati dalla scoperta che la loro storia era, anch’essa, carica di violenze e di ingiustizie. L’occidente era stato la patria delle idee di libertà e di tolleranza, la scoperta che molto spesso le potenze occidentali avevano agito senza tenere in alcuna considerazione tolleranza e libertà aveva profondamente frustrato molti occidentali colti. L’orgoglio era stato rapidamente sostituito dallo scetticismo e da una larvata vergogna della propria storia. L’occidente aveva smesso di credere in sé stesso; ad essere oggetto di critica non erano le politiche che contraddicevano i principi di libertà, tolleranza e democrazia, erano questi principi ad essere messi in discussione o quanto meno ad essere fortemente relativizzati. Libertà e democrazia potevano andar bene per l’occidente, ma criticare altre civiltà perché in esse mancavano democrazia e libertà sarebbe stato una inaccettabile forma di imperialismo culturale. Allo stesso modo, la constatazione che nel mondo esistevano fame e miseria aveva spinto molti occidentali a vergognarsi quasi del loro benessere (a cui tuttavia continuavano a tenere moltissimo) e a ritenere che questo fosse la causa della miseria che ancora affliggeva milioni di esseri umani. Né questi erano sentimenti che riguardavano solo limitati settori di intellettuali. Banalizzate, diffuse a dismisura dai media, le colpe, vere o presunte, dell’occidente erano lentamente diventate oggetto di una universale esecrazione. Non esisteva difetto dell’occidente che non venisse sottoposto a pubblici e molto spesso faziosi processi, d’altro canto la severità che gli occidentali mostravano contro sé stessi si trasformava in ultra tolleranza nei confronti dei crimini e delle brutture di tutte le altre civiltà. Severissimo con sé stesso l’occidente era diventato tollerante oltre ogni misura nei confronti degli altri.
L’occidente era responsabile di tutto. Era responsabile del degrado ambientale, oggetto di continue denunce ed incessanti campagne catastrofiste. Era responsabile del fatto che molti paesi non riuscissero ad imboccare la strada dello sviluppo economico. Era in qualche modo responsabile dello stesso sorgere e svilupparsi di movimenti fondamentalisti e terroristi.
In breve, sul finire del secondo decennio del nuovo secolo l’occidente sembrava forte ma era profondamente debole. Lo sviluppo economico era stagnante, le società occidentali erano indebolite dal corporativismo e sottoposte alla pressione crescente di ondate migratorie sempre meno controllate e controllabili. Soprattutto, mancavano in occidente valori davvero condivisi, mancava qualcosa senza la quale nessuna civiltà può competere o dialogare con le altre, né può alla lunga evitare il declino: l’orgoglio per quanto di buono essa riesce ad esprimere, la consapevolezza della propria identità e del suo valore.

Gli elementi di crisi che minavano la civiltà occidentale si erano manifestati in tutta la loro gravità in occasione dell’attacco del fondamentalismo islamico. Solo una minoranza degli occidentali aveva capito la gravità di quanto stava avvenendo, gli altri avevano reagito in modi diversi ma tutti inadeguati. Ci fu chi incolpò di tutto la sua civiltà, altri invocarono il dialogo e la reciproca comprensione, la maggioranza infine adottò la politica dello struzzo: le cose non erano poi così gravi, bastava evitare reazioni sconsiderate e tutto sarebbe finito, prima o poi.
Malgrado tutti i tentativi per contrastarlo il fondamentalismo islamico si era molto rafforzato nei primi due decenni del nuovo secolo ed era diventato particolarmente pericoloso quando alcuni stati medio orientali governati da autentici fanatici erano riusciti a dotarsi di un piccolo arsenale di armi nucleari. Quando i terroristi fecero esplodere una bomba atomica tascabile su San Francisco, causando oltre cinquantamila vittime, la situazione iniziò a precipitare. In tutto l’occidente si diffuse un incontenibile odio anti islamico. E non solo anti islamico. Tutti coloro che non erano europei od americani furono considerati terroristi tout-court. Per molto tempo i pacifisti occidentali avevano bollato con l’epiteto di “razzisti” tutti coloro che invocavano una politica ferma contro il terrorismo islamico, ora il razzismo, che da molto tempo covava sotto la cenere, risorse davvero e in dimensioni spaventose. Ci furono linciaggi di negri ed arabi, moltissime moschee vennero devastate da folle inferocite, masse crescenti di popolazione invocarono lo sterminio di tutti i mussulmani a suon di testate nucleari. Non solo, ad essere messa sotto accusa fu la stessa democrazia liberale che si era dimostrata debole ed arrendevole. Resi incerti e timorosi dalle crescenti difficoltà economiche, terrorizzati dalla nuova escalation del terrore, molti Europei ed americani voltarono le spalle ai valori fondanti la loro civiltà. La democrazia, i diritti umani, la tolleranza erano i responsabili di tutto, avevano infiacchito il popolo, imbastardito la razza bianca, causato o quanto meno aggravato i problemi economici. Ovunque, in Europa e negli Stati Uniti sorsero partiti neonazisti decisi a farla finita con la tradizione liberale e democratica. Le numerose consultazioni elettorali che si tennero freneticamente in quegli anni non portarono ad alcun governo stabile ed autorevole.
Alla radicalizzazione delle forze di estrema destra fece riscontro una eguale radicalizzazione a sinistra.. Gli immigrati islamici si organizzarono militarmente in poco tempo, molti di loro del resto erano militarmente inquadrati già da anni. I gruppi della sinistra radicale misero da parte il tanto decantato pacifismo per prepararsi alla guerra contro la reazione. Gli scontri di piazza assunsero dimensioni sempre più gravi. Senza che nessuno la dichiarasse, non si sa bene quando né dove, scoppiò la guerra civile più feroce e catastrofica che il genere umano avesse mai conosciuto L’esercito dei vari paesi occidentali si divise fra alcuni reparti ribelli che appoggiarono i neonazisti e la maggioranza delle forze armate che continuò a sostenere i governi regolari; i paesi mussulmani aiutarono le formazioni degli immigrati e, in misura molto minore, quelle dell’estrema sinistra che riuscirono però a rifornirsi di una gran quantità di armi sul mercato clandestino.
Fu guerra di tutti contro tutti, crudele, priva di obiettivi che non fossero la distruzione dei nemici. Si sviluppò a macchia d’olio in tutta Europa e negli Stati Uniti e coinvolse anche, sia pure in misura minore, molti paesi asiatici e latino americani. A volte fra le forze in campo si formavano temporanee alleanze, ad esempio fra nazisti e governo contro gli islamici e la sinistra, o fra sinistra e nazisti contro il governo, ma si trattava di episodi passeggeri. Tutti odiavano tutti; anche fra estrema sinistra ed immigrati islamici i rapporti non erano buoni. Se gli ex pacifisti cercavano l’amicizia degli immigrati questi non scordavano neppure per un momento che quelli erano infedeli, sostenitori della liberazione della donna, insomma, occidentali corrotti anche loro, come tutti gli altri.
E mentre in Europa divampava la guerra civile in medio oriente si compiva un nuovo olocausto. Israele fu attaccato in maniera massiccia da tutti i suoi vicini arabi e stavolta lo stato ebraico era solo. Gli israeliani si difesero con rabbia e ferocia, furono tentati anche di usare le armi atomiche ma rimandarono più volte l’attacco nucleare per timore di rappresaglie. Ma questo non li salvò. Esasperati dalla difesa accanita degli israeliani i loro nemici fecero esplodere un’atomica su Tel Aviv. Ci furono oltre centomila vittime e l’inevitabile rappresaglia israeliana provocò un numero ancora più elevato di morti. Quella fra Israele e stati arabi non era più una guerra, era uno spaventoso massacro reciproco che terminò solo col totale annientamento degli ebrei in medio oriente. Una ottantina d’anni dopo la morte di Adolf Hitler il problema ebraico aveva finalmente trovato la sua soluzione finale.
Spaventati dalla virulenza del conflitto i pochi paesi coinvolti solo marginalmente in esso, come la Cina e la Russia reagirono chiudendosi in sé stessi ed accentuando al massimo il carattere autoritario delle loro strutture politiche. Russia e Cina regredirono rapidamente ai i tempi di Stalin e Mao, analoga regressione autoritaria fu conosciuta da tutti i paesi non toccati, o solo sfiorati, dal conflitto.

Il partito dell’amore nacque in Italia nei primi anni della guerra civile, si espanse fortemente nel corso di questa ed aprì sue sezioni in tutta Europa e negli Stati Uniti. Suo fondatore fu Carlos Vidal, un argentino emigrato molto giovane in Europa. Vidal aveva studiato a Parigi dove si era laureato in filosofia con una tesi sul giovane Marx, poi si era trasferito in Italia ed era vissuto a Milano, Firenze e Roma. Carlos Vidal militava in uno dei tanti partitini dell’estrema sinistra italiana quando la guerra civile iniziò a divampare. La sinistra radicale a quei tempi era costituita da una autentica ridda di ideologie diverse e a volte antitetiche. L’estremismo femminista conviveva con la simpatia per l’Islam, i sostenitori della centralità della classe operaia parlavano di sviluppo economico ed occupazione con gli ecologisti radicali per i quali nessuna ferita doveva essere inferta alla natura, i sostenitori dell’onnipotenza dello stato marciavano fianco a fianco con gli individualisti semi anarchici che rivendicavano droga gratis per tutti. Di intelligenza non particolarmente acuta ma dotato di una notevole capacità di sintesi, Carlos Vidal capì che occorreva unificare in un quadro teorico d’insieme e in un programma politico realistico le varie anime della sinistra radicale italiana e internazionale e a modo suo ci riuscì.
Il principale bersaglio polemico della teoria politica di Vidal era l’individuo, il singolo scisso dalla comunità, l’atomo egoista in perenne lotta con gli altri. Questo individuo altri non è che il borghese, lo sfruttatore, immagine e realizzazione nel contempo della umana alienazione. La società basata sull’individualismo borghese e quindi sull’economia di mercato e i cosiddetti diritti umani andava distrutta, su questo nessuna dubbio era possibile, andava distrutta ad opera di soggetti collettivi, di comunità che vengono prima, plasmano e inglobano in se gli individui. Ma sarebbe stato un grave errore ridurre ad uno questi soggetti comunitari. Marx aveva sbagliato nel ritenere che fosse la classe operaia il più importante o addirittura l’unico soggetto collettivo in grado di abbattere la società borghese. La classe operaia era uno dei soggetti rivoluzionari, altri ne esistevano: le civiltà che il corso della storia aveva messo in rotta di collisione con l’occidente capitalistico, quella islamica in primo luogo, le donne che volevano rifondare il mondo a partire dai valori del femminile, gli ecologisti che volevano ricostruire l’armonia fra uomo e natura, i giovani che comunitariamente cercavano di costruire modelli di vita alternativi alla alienazione borghese. Certo, non tutti questi soggetti collettivi avevano valori ed interessi coincidenti ma erano possibili fra loro la convivenza ed il dialogo, era possibile soprattutto la lotta comune contro il comune nemico: l’individualismo borghese. Battuta la borghesia sarebbe avvenuta la lenta integrazione dei vari comunitarismi e sarebbe sorta una comunità del tutto nuova, basata sulla armonia degli esseri umani fra loro e con la natura. Solo allora si sarebbe realizzato il paradiso in terra.
La costruzione teorica di Vidal non era molto più che un maldestro tentativo di sistematizzazione eclettica delle diverse ideologie della sinistra radicale italiana ed internazionale, nel tradurre questo corpus teorico in programma politico il rivoluzionario argentino si dimostrò però davvero geniale.
La guerra in corso non poteva continuare ad essere lotta di tutti contro tutti. Bisognava che alcune delle forze in campo si alleassero fra loro o almeno riducessero le reciproche ostilità per concentrare il fuoco contro il nemico comune. Ed il nemico comune non potevano che essere i governi regolari e le forze liberali, democratiche e socialdemocratiche, che li sostenevano.
Agli islamici il partito dell’amore fece una organica proposta di alleanza. Nulla di serio divideva le forze di sinistra confluite in quel partito dai combattenti islamici. Questi erano nemici giurati del liberalismo, della democrazia occidentale in tutte le sue forme e del capitalismo imperialista. Certo, esistevano differenze fra sinistra radicale ed islam, ma si trattava di differenze che potevano benissimo convivere nell’ambito di una società fondata sul rispetto per i valori del diverso. Il partito dell’amore dichiarò a chiare lettere nel suo programma che a guerra finita non sarebbe stata opposta restrizione alcuna alla immigrazione islamica e che tutto ciò che in qualsiasi modo avrebbe potuto offendere i sentimenti religiosi dei mussulmani sarebbe stato vietato. Si impegnò anche a risarcire adeguatamente gli islamici tutti per le vessazioni secolari che questi avevano dovuto subire ad opera degli occidentali.
Ma il partito dell’amore tendeva la mano anche a quello che avrebbe dovuto essere il suo nemico mortale: il partito neonazista unificato in cui erano confluite quasi tutte le organizzazioni di estrema destra europee ed americane. L’odio dei neonazisti verso gli islamici e i non bianchi in generale era senz’altro riprovevole, ma l’idea nazista di una comunità basata sulla nazione o addirittura sulla razza era da considerarsi positivamente. Nel suo programma per la ricostruzione il partito dell’amore si impegnava a rispettare tutte le tradizioni nazionali ma soprattutto si impegnava ad una lotta a fondo contro il sionismo, in tutte le sue forme. L’ebreo era, in quanto ebreo, il simbolo stesso del borghese. Estraneo alla cultura delle comunità in cui aveva vissuto l’ebreo era sempre stato un fattore di crisi e di divisione. Era l’ebreo a rompere l’armonia della comunità in cui viveva, ad insinuare ovunque la mala pianta dell’individualismo egoista, del gretto spirito commerciale. E quando l’ebreo aveva costruito un suo stato, aveva fatto di questo la punta di diamante della aggressione imperialista contro tutte le comunità fondate su autentici valori di solidarietà e di amore reciproco. L’ideologia sionista andava combattuta senza pietà, lo spirito ebraico doveva essere sradicato dalla testa e dal cuore degli esseri umani. I neonazisti erano abbastanza intelligenti per capire che la lotta contro il sionismo e lo spirito ebraico che il partito dell’amore proponeva loro altro non era che lotta contro gli ebrei tout court. E questo a loro andava benissimo.

Le proposte del partito dell’amore per il momento non dettero frutto alcuno e per un anno almeno la guerra continuò come feroce lotta di tutti contro tutti. I dirigenti dei governi regolari dal canto loro diedero l’ennesima prova di cecità politica prevedendo il rapido declino di quel partito. Il tentativo di unificare tutti i nemici del liberalismo, della democrazia e del socialismo democratico sarebbe fallito, sentenziarono. Cosa univa fra loro neonazisti e comunisti? Estremisti islamici ed estremisti ecologici? Nulla se non l’odio verso l’occidente liberale e democratico, prima o poi queste forze si sarebbero distrutte a vicenda, non potevano esserci dubbi al riguardo. Nella loro infinita e colpevole ingenuità i leader del vecchio occidente non capirono che l’odio può unire quanto e più dell’amore, che il nulla può diventare in certi momenti un formidabile programma politico.
Quando divenne chiaro che nessuna delle forze in campo aveva da sola la forza per vincere il conflitto iniziarono i contatti per cercare di stabilire delle alleanze. Fra milizie islamiche e partito dell’amore si giunse infine ad una intesa sulla base delle proposte che il partito di Vidal aveva avanzato da tempo. I neonazisti dal canto loro non giunsero ad una vera intesa col partito dell’amore, ma gradualmente cominciarono ad indirizzare i loro colpi contro il governo regolare, evitando gli scontri troppo cruenti con le milizie islamiche e la sinistra di Carlos Vidal. Questi fatti da soli non sarebbero però bastati a determinare il crollo dei governi regolari e la vittoria del partito dell’amore. Decisivi furono altri due eventi. In primo luogo l’opinione pubblica dei paesi straziati dalla guerra iniziò a spostarsi sempre più a favore del partito dell’amore. La gente era stanca per l’orrendo massacro che sembrava non finire mai ed il programma di Vidal, con le sue parole di pace, dialogo, convivenza e rispetto fra diversi aveva il potere di affascinare uomini e donne che da anni convivevano con la morte e neppure ricordavano più le cause scatenanti del conflitto. Inoltre l’amore per la libertà era ormai morto nei cervelli e nel cuori di moltissimi esseri umani che bramavano solo a riconquistare un minimo di benessere e di sicurezza, ed il programma del partito dell’amore, con le sue rivendicazioni di assistenzialismo statale e programmazione centralizzata, sembrava fatto apposta per venire incontro a tali esigenze.
Ma il fatto davvero decisivo fu un altro. Le potenze estranee al conflitto, Russia e Cina soprattutto, avevano dapprima sperato di trarre benefici dalla guerra in corso e si erano ben guardate dal favorire questa o quella forza in campo. Col passare del tempo però sorsero anche in quei paesi formazioni estremiste in grado di influenzare settori consistenti di pubblica opinione. In Cina e soprattutto in Russia erano abbastanza diffusi gruppi islamici fondamentalisti che aspettavano solo la occasione buona per scatenarsi. In entrambi i paesi stavano sorgendo inoltre movimenti ultra nazionalisti che potevano diventare molto pericolosi per le autocrazie al potere. La prosecuzione indefinita della guerra rischiava di coinvolgere anche i paesi che erano riusciti a restarle estranei e un intervento diretto avrebbe potuto significare lo scoppio di una guerra civile anche in quelli. La guerra andava fermata, occorreva che ci fosse un vincitore. Quale? Il partito dell’amore apparve ai nuovi dittatori di Russia e Cina la carta migliore su cui puntare. Il partito dell’amore non era animato dai propositi espansionistici che caratterizzavano le formazioni neonaziste ed islamiche ed il suo programma di dialogo e convivenza fra diversi poteva riuscire a stabilizzare la situazione, almeno per il tempo necessario alle nuove autocrazie di Mosca e Pechino per stabilizzare il loro giovane potere.
La guerra durava da oltre cinque anni quando un autentico fiume di aiuti militari iniziò a rinforzare le fila del partito dell’amore. I governi regolari, che avevano iniziato le ostilità potendo disporre di una buona superiorità militare, si trovarono ad essere deboli ed isolati. La maggioranza della popolazione stava loro voltando le spalle e le diserzioni dalle loro fila si erano intensificate, i loro nemici avevano trovato il modo di non massacrarsi a vicenda e il partito dell’amore era diventato la forza militarmente preponderante. I governi avrebbero potuto ancora vincere se avessero usato le armi atomiche in loro possesso, armi di cui detenevano il quasi monopolio. Ma il conflitto in corso era una autentica guerra senza fronte: non esistevano ampie zone dell’Europa e degli Stati Uniti sotto il controllo esclusivo di una sola delle forze in campo. L’uso massiccio di armi atomiche, oltre a provocare un numero mostruoso di vittime civili, avrebbe colpito inevitabilmente anche forze fedeli ai governi regolari accentuando ulteriormente il loro isolamento. Inoltre i leader liberali e democratici avevano troppi scrupoli umanitari per prendere una decisone tanto grave. Vennero usate alcune atomiche tascabili per colpire campi di addestramento e depositi di armi del partito dell’amore e questi rispose con eguali rappresaglie usando mini atomiche che gli erano state fornite dai governi russo e cinese, ma la guerra continuò ad essere prevalentemente convenzionale.
La guerra durò ancora due anni. Alla fine i governi regolari cedettero e si aprirono trattative di resa. Il partito dell’amore terminava il conflitto da trionfatore. Era stato lui ad infliggere i colpi più micidiali agli eserciti regolari. Tutte o quasi le grandi aree metropolitane erano controllate dalle sue truppe e poteva vantare anche un notevole appoggio fra la pubblica opinione.
In breve fu raggiunto un accordo con le milizie islamiche sulla base delle precedenti intese stipulate in tempo di guerra. Il partito dell’amore sapeva di non potersi permettere una lotta contro quelle milizie che avevano l’appoggio di tutti gli stati arabi, né voleva scontrarsi con quelli che considerava come suoi amici. Con i neonazisti il discorso fu diverso. Con loro non esistevano accordi né i neonazisti intendevano davvero pacificarsi con la sinistra. Molti militanti di estrema destra nella fase finale del conflitto si pentirono amaramente di aver concentrato i propri attacchi sull’esercito regolare lasciando mano libera alle truppe del partito dell’amore, ma ormai era troppo tardi. Comunque la loro sorte non fu particolarmente crudele: un gran numero di militanti aveva abbandonato il partito neonazista unificato negli ultimi mesi di guerra e nell’immediato dopoguerra la tendenza crebbe impetuosamente. Furono i transfughi del partito neonazista unificato a fornire i migliori combattenti al corpo dei guardiani della rivoluzione ed alla costituenda milizia per la sicurezza popolare. I neonazisti irriducibili continuarono la lotta e vennero distrutti solo dopo molti anni, altri contrattarono una resa dignitosa e si inserirono abbastanza bene nella nuova società. Malgrado le promesse fatte nel corso delle trattative per la resa, i quadri dei vecchi partiti democratici furono invece sterminati e la stessa sorte toccò a molti dei loro militanti. I plotoni d’esecuzione lavorarono a pieno regime per almeno un paio d’anni dopo la fine delle ostilità, inoltre moltissimi militanti o semplici simpatizzanti dei partiti che un tempo avevano governato l’Europa e gli Stai Uniti d’America furono deportati in campi di lavoro e di rieducazione, e non fecero più ritorno.
Per molti anni continuarono scontri sparodici ed episodi di violenza e le voci su nuove azioni militari di questa o quella forza sconfitta durarono molto a lungo, favorite anche dalla assoluta mancanza di informazioni attendibili.
Comunque nei primi mesi del 2.028 la guerra era ufficialmente finita. Era durata 7 anni ed aveva mietuto più di 120 milioni di vite umane. Nei paesi pienamente coinvolti dal conflitto, Europa e Stati Uniti d’America, la vittoria del partito dell’amore era stata piena. L’Europa, Russia esclusa, venne divisa in due grandi paesi fratelli: Centreuropa e Mediterranea, governati rispettivamente dalla sezione settentrionale e meridionale del partito dell’amore. La divisione aveva motivazioni tecniche ed organizzative e sarebbe stata superata in poco tempo, si diceva. Una soluzione simile fu adottata per gli Stai Uniti d’America che vennero divisi in tre grandi sottostati governati da branche diverse del partito dell’amore americano. Naturalmente il conflitto aveva avuto ripercussioni in tutto il mondo. In Giappone aveva preso il potere il partito degli antichi samurai, una formazione ultra nazionalista e sciovinista. La Malesia e le Filippine erano cadute nelle mani del fondamentalismo islamico. In Cile ed in Argentina avevano preso il potere dei partiti comunisti simili ma non identici al partito dell’amore, in Brasile era stata instaurata una feroce dittatura militare. Dove ancora esisteva una democrazia parlamentare, come in Canada, o in Australia, questa era la caricatura di sé stessa, un povero regime debole e sottoposto ad ogni forma di ricatto.
Quando i cannoni cessarono di tuonare nella tarda primavera del 2028 la civiltà occidentale era morta.






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